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Carte scoperte(dal 3. capitolo)Il direttore pregò gli astanti di prender la parola. Diede la precedenza al professor Havemann, non perché fosse il più anziano, ma perché, come disse, era giusto invocare innanzitutto i lumi della filosofia, e il filosofo esordì senza sottacere le sue preoccupazioni. “Vedendo questo giovane ricercatore, devo pensare ad Aladino che strofina la lampada” – disse. “Noi evochiamo uno spirito comune. Sappiamo se riusciremo a guidarlo per i sentieri della saggezza, che almeno teoricamente sono noti all’umanità, in modo che ogni deviazione sia identificata come tale, chiamando la risposta della comunità organizzata? Dobbiamo chiederci se la somma di diversi esseri pensanti non porterà alla nascita di un nuovo soggetto, ignaro di etica e leggi, di un nuovo barbaro, con capacità che potrebbero trascendere il totale delle loro componenti. Sapremo controllare, almeno nella fase iniziale, la nostra creatura o essa ci travolgerà portandoci dove noi non vogliamo? Lo spirito soffia dove vuole. Il vento è novità e, in quanto tale, portatore di vita; potrebbe però diventare uragano. Voi vi attendete da me un’impostazione teorica” – confessò con modestia. “In questo caso però credo che si debba procedere con prudenza per piccoli passi, in una sperimentazione controllata. Anche se…”. Rimase per dei lunghi momenti in silenzio. Tutti avvertirono come un brivido, come se il pensatore avesse trasmesso loro una paurosa visione. Poi si riscosse. “Intendo dire che una intelligenza potenziata dalla connessione di diversi soggetti pensanti sarebbe in grado di sviluppare una strategia capace di avere ragione di ogni nostra prudenza. Ma altro non potremo che sperimentare prudentemente in procedure controllabili. E qui mi riferisco a voi, illustri colleghi, cultori dell’empiria. D’altro canto dobbiamo tener conto che una scoperta non può rimaner nascosta. Anche se volessimo tenerla segreta, essa troverebbe una nuova strada, una nuova occasione per venire alla luce. E allora chi potrebbe garantirci che gli scopritori saranno animati da intenzioni oneste? Io credo che non possiamo sottrarci al compito che il destino ci affida. Ma permettetemi di concludere con una scommessa e una speranza: ho sempre creduto che conoscenza e bene si identificano, che il sapere è bene di per sé, per cui oso sperare che l’umanità uscirà arricchita da questa prova. Dio voglia che essa diventi migliore”. L’ultima espressione, non insolita sulla bocca dell’anziano pensatore, chiedeva non più il soccorso della filosofia, bensì quello della fede, della quale egli non faceva segreto. Per molti dei presenti essa suonò come un triste presagio.