Antonio, era del 1910. Partì da Locana a 16 anni, emigrando dalla montagna. A Torino, come tanti emigranti, che negli anni successivi arriveranno dal sud, trovò lavoro ma non alloggio. Non furono poche le notti nelle quali dormì su una panchina. Poi, il proprietario della ditta di giocattoli nella quale lavorava gli permise di dormire in fabbrica, sul mucchio dei trucioli. Assunto con il fratello alla Fiat Lingotto, poterono permettersi di affittare due stanzette nel quartiere di santa Rita. La Fiat era lavoro garantito, ma sulla sicurezza quel lavoro lasciva desiderare. Antonio aveva un’ autentico terrore delle presse. Un suo compagno fu schiacciato in tutta la parte superiore del corpo, perchè si era chinato per aggiustare qualcosa. Per questo fu licenziato. La lettera di licenziamento, che teneva conto di tutte le altre sue contestazioni sulla nocività e sui ritmi, arrivò a Natale del 1955. Vilma aveva 6 anni e sua sorella Graziella 15.Essere licenziato a 45 anni dalla Fiat era una pesante scomunica. Passava le mattinate a scrivere domande di lavoro, ma l'indicazione curricolare di aver lavorato 23 anni alla Fiat, era la maledizione che gli chiudeva tutte le porte.Antonio andò in depressione e si rifugiò in qualche bicchiere. Graziella riuscì ad essere assunta alla ditta Parato di Malanghero, che da Devesi raggiungeva in bicicletta. D’estate Antonio tornava sulle sue montagne a fare il pastore. Ritrovò il lavoro. Fu assunto alla fonderia Bertoldo, ma quel lavoro durò poco perché non gli fornivano i guanti e aveva le mani tutte piagate dalle bruciature. Successivamente trovò lavoro all’IPCA, la famigerata fabbrica di aniline, che ora tutti conosciamo come la fabbrica del cancro, proprio nel reparto che già allora chiamavano “della morte”.In casa dovettero adottare le lenzuola blu, le aniline entravano nella pelle. Mancò nel ‘78 all'età di 68 anni. La prostata era diventata grande come un melone. La diagnosi, cirrosi epatica, attribuì il decesso al vino.