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« Libia a due annile bombe »

Joia

Post n°458 pubblicato il 29 Novembre 2013 da Guerrino35

La figlia di Sachù
Come un chicco di riso.
E’ una bella bambina con un bel nome, Joia è nata il 17 gennaio del 2011. Qualche giorno prima della mia visita per il censimento, era caduta nel fuoco – una disgrazia molto frequente qui, in maggioranza ne sono vittime i bambini, nel villaggio ne ho visto almeno una decina di piccoli con il corpo marchiato dal fuoco o dall’acqua bollente - che tutte le mattine viene acceso per scaldarsi dopo il freddo patito durante la notte. Cadendo, istintivamente aveva allungato le braccia per proteggersi ed a causa del suo peso erano penetrate nelle braci. Il viso non aveva subito danni, ma aveva ustioni fin sopra il gomito. Ora, gli arti superiori gonfi e sanguinolenti, erano ricoperti da specie di bambagia, forse cotone, che serviva a non far posare sulla ferita le mosche ed assorbire il liquido che fuoriusciva dalle piaghe.
Avanzava ondeggiando, come sulla tolda di una nave durante la tempesta,sul terreno accidentato del cortile. Le braccia le portava alzate sopra la testa per evitare lo sfregamento contro i vestiti. Questa postura la induceva ad un instabile equilibrio che, inevitabilmente la faceva incespicare e cadere. Per rialzarsi appoggiava le braccia e le mani a terra imbrattandole di polvere. Ripartiva, e, per l’insicuro incedere della sua età ricadeva dopo qualche passo.
Erano le dieci del mattino, la temperatura, sui venti gradi – come è diversa la percezione individuale dell’ambiente esterno – una condizione per me gradevole, per loro fredda. Il padre sembrava assente, sordo, relegato in un mondo lontano dove non arrivavano i lamenti della figlia. Quasi fosse preda di una sonnambula veglia o nella fase di smaltimento dei postumi di una abbondante bevuta. Accucciato vicino al fuoco si scaldava allungando le mani verso la fiamma. Improvvisamente si risvegliava dal suo stato di catarsi ed iniziava ad imprecare contro la sorella più grande intimandogli di aiutare la piccola. Altrettanto subitaneamente tornava ad essere avviluppato dal lento processo di risveglio delle funzioni del corpo e della mente infreddoliti.
A qualche metro in coppia, le giovani mogli, una delle quali era la madre, pilavano il riso. Con ritmo sincronizzato si alternavano, alzando ed abbassando con forza nodosi bastoni alti più di un metro e rigonfi alle estremità, dentro grossi mortai di legno. Ad ogni colpo un sordo rumore, i chicchi di riso proiettati ai bordi volavano verso l’alto lambendo le pareti, qualcuno riusciva a conquistare la libertà. Finalmente fuori! Sfuggiti alle percosse! Trovavano fuori le galline in agguato che accorrevano per beccarli.
Ogni tanto, anche le madri marcavano la loro presenza. Ad alta voce, aggiungevano i loro rimbrotti a quelli del padre e contemporaneamente continuavano nel loro pestare, lontane dal portare un qualche aiuto.
Perché non l’avete portata subito a medicare, chiesi arrabbiato! Il padre con un sorriso risponde di non avere denaro. Anzi, pretendeva 100 F cfa per comprare dello zucchero! Già alterato, per come si stavano svolgendo i fatti. Sgarbatamente gli dissi che, non avrebbe ricevuto niente se prima non avesse condotto la bimba nella nostra infermeria per prestarle le cure che le erano indispensabili!
Durante questo battibecco, erano stati liberati maiali e capre che ora scorrazzavano nel cortile, i ragazzini maschi facevano uscire le mucche dal recinto interno adiacente la casa, le radunavano per portarle al pascolo ed iniziare la loro giornata di guardiani. In brevissimo tempo tutta l’aia fu punteggiata da escrementi di varie fattezze e dimensioni. La bambina piangente, invano, cercava di rimanere in piedi ed evitare di finire sopra le deiezioni. La sua esistenza era iniziata sotto una cattiva stella, se supererà tutto questo, l’aspetta comunque una vita ben grama. Lei però lotta, con tutte le sue forze, per poterla vivere fino in fondo, rialzandosi.
Non la rividi più, ripartii per l’Italia due giorni dopo.
Pino

 
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