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Nessuna verità


Il 2008 si sta rivelando l'anno del ritorno al "cinema da grandi". Dopo un periodo di indigestione di film per bambini riesco, finalmente, ad andare a vedere qualche film senza l'accompagnamento dei piccoli.Sabato sera, approffittando di una giornata piovosa all'inverosimile, sono riuscita ad andare al cinema con il mio fidanzato (la prima volta in oltre due anni) e già questo è un traguardo, la scelta era in bilico tra questo film e Changeling, il nuovo film di Clint Eatwood, ma data la giornata già così umida non avevamo proprio voglia di piangere.Allora vada per Nessuna Verità! Ebbene, devo dire che non ne sono rimasta delusa. Un film di azione con qualche traccia di rilessione. Ma in fondo Ridley Scott non è stato il regista che ha portato sullo schermo Blade Runner?
La trama... per chi volesse farsene un'idea.Roger Ferris è l'uomo della Cia nel Medio Oriente. Parla l'arabo, sa muoversi, adattarsi, tessere velocemente relazioni, ottenere informazioni. Ed Hoffman è il suo supervisore a Washington. Mentre impiega le mani per far salire in macchina i figli o aiutarli a fare pipì, con un telefono senza fili fa la guerra, sacrifica vite umane, salva se può quella del suo compatriota, dal suo punto di vista salva ogni giorno il mondo. Usa le persone e non si fida di nessuno. Ha insegnato ai suoi a fare altrettanto ma Ferris sembra avere qualche scrupolo di coscienza. Soprattutto da quando si è alleato con Hani Salaam, capo dei servizi segreti giordani, per portare allo scoperto Al-Saleem, la mente degli attentati che stanno colpendo l'Europa. Nessuna Verità è un film sulle diverse prospettive. Hoffman, Ferris e il giordano Hani sono su posizioni morali diverse; hanno preoccupazioni diverse –a Hani importa un controllo regionale sul suo feudo, a Hoffman preme un controllo globale-; corpi diversi: quello di Ferris è escoriato, arrabbiato, trapassato dai frammenti di ossa di un amico che gli è esploso accanto, quello di Hoffman è appesantito, bolso, ripiegato su se stesso. I due protagonisti hanno soprattutto diversi sguardi: quello di Hoffman è uno sguardo dall'alto, mediato dalle telecamere, che si pretende onnisciente e obiettivo; quello di Ferris è uno sguardo dal di dentro, senza filtri se non quelli di un banale occhiale da sole, allo stesso livello del nemico o dell'alleato, non fa differenza. Tre uomini con lo stesso obiettivo, un comune “body of lies”, tre diverse visioni e nessuna verità. il film si muove fra cento locations senza smarrirci e ci fa rimbalzare a buon ritmo nel dedalo di bugie, dove “i tuoi nemici si vestono come i tuoi amici e i tuoi amici come i tuoi nemici”. Lo spettacolo è assicurato, rinnovato. Il film non dice, invece, quasi niente di nuovo sul fronte orientale, al punto che l'ambientazione passa in secondo piano, nonostante resti il motore delle ottusità sul campo di gioco.