HUNKAPI

Desert Rock


tratto da: http://www.periodicamente.itLa tribù di nativi americani è divisa sulla costruzione di una nuova centrale elettrica, che porterebbe corrente e denaro ma anche un maggiore inquinamento. Il conflitto interiore di un popolo da sempre in lotta con la modernità. Francesco Mantica “Quando togliamo qualcosa alla terra, dobbiamo anche restituirle qualcosa. Noi e la terra dovremmo essere compagni con uguali diritti. Quello che noi rendiamo alla terra può essere una cosa così semplice e allo stesso tempo così difficile: il rispetto”. Jimmie Begay, indiano navajo, spiegava così la filosofia del suo popolo, il rapporto con il territorio, la vitale importanza data da questa nazione indiana alla ‘madre terra’. Oggi, a distanza di un secolo e mezzo, il territorio su cui si stanzia la riserva degli indiani Navajo, vera e propria nazione nella nazione con poteri sovrani collocata a nord-est dell’Arizona, è ancora più importante. Non solo perché è sacro, ma anche perché si è scoperto che è ricco: di uranio, di gas naturale e, soprattutto, di carbone.Con un sottosuolo pregno di beni così importanti, è facile immaginare che il governo americano se ne possa interessare. E che possano scorrere fiumi di soldi. Ecco allora che viene proposto al consiglio della tribù il progetto Desert Rock: un investimento da 3 miliardi di dollari per realizzare una centrale elettrica alimentata a carbone nel territorio della riserva che si trova a sud del New Mexico. In cambio la centrale garantirebbe ai Navajo entrate per 50 milioni l’anno in tasse, diritti e concessioni sulla fornitura di corrente a Phoenix e Las Vegas. Inoltre, un terzo della riserva, 20mila case, potrebbe essere raggiunta dall’energia elettrica. Il problema sono le emissioni nocive prodotte dall’impianto: ogni anno uscirebbero dalla centrale 12 milioni di tonnellate di anidride carbonica, l’equivalente di quanto prodotto da 1,5 milioni di automobili.Entrate monetarie che potrebbero essere vitali per la tribù, che ancora oggi vive sotto la soglia della povertà, in cambio di maggiore inquinamento e sfruttamento del territorio. Prendere o lasciare. Il progetto è, insieme, allettante e preoccupante, e tra gli indiani è scontro. Una parte della popolazione, appoggiata dai movimenti ambientalisti, si è opposto con decisione alla costruzione della centrale, che andrebbe ad inquinare ancora di più l’aria già sporca della riserva. Anche le autorità dello stato del New Mexico, sebbene prive di ogni potere sul territorio, hanno manifestato perplessità. Il consiglio tribale, però, sembra determinato ad accettare l’offerta ed è pronto a chiedere alle banche 750 milioni di dollari per ottenere la proprietà del 25% del progetto. Una profonda frattura si è così creata all’interno della Nazione, tra chi privilegia sviluppo e benessere e chi sposa le istanze ambientaliste. La posta in gioco, però, non è soltanto economica o climatica: il contrasto ha radici culturali, e riguarda una scelta di fondo su ciò che i Navajos vogliono essere: se vogliono abbracciare in tutto la modernità, con i suoi pregi ed i suoi limiti, oppure continuare a rifiutarla, rimanendo più poveri ma comunque più se stessi, più indiani. Quella dei Navajo è una popolazione che comprende più di 250mila persone e costituisce il gruppo etnico più numeroso tra i nativi americani. Essa rappresenta uno dei pochi esempi di conservazione di una forte identità amerindia all’interno della società statunitense. Nell’ultimo secolo, i Navajos si sono adattati al progresso, organizzandosi in una struttura sociale autonoma e moderna, ma hanno mantenuto vivi i propri valori: lingua, cultura e tradizione. Sono questi stessi valori, oggi, ad essere messi in discussione con il progetto Desert Rock: e la domanda, in tutti i modi rinviata nei decenni passati, su cosa fare di questi valori continuamente messi alla prova dalla modernità incipiente è finalmente venuta alla luce, e non si può più non dare una risposta.Le polverose distese del New Mexico e dell’Arizona stanno per essere scosse. E la battaglia a venire non sarà, come nei film, tra indiani e giacche blu, ma tra indiani e indiani. Non scorrerà sangue, ma non per questo la lotta sarà meno cruenta: a chi assicura che l’impianto sarà funzionante già nel 2012, gli eco-Navajo rispondono con la vibrante promessa di dissotterrare l’ascia di guerra, con battaglie anche legali se necessario. Non si fidano, temono per la salute della loro gente, ma dall’altra parte il Consiglio della tribù sa bene che rinunciare alla centrale potrebbe comportare costi ancora più alti in termini di qualità della vita. E’ una scelta, e come in quasi tutte le scelte, non c’è una risposta propriamente giusta alla questione. Qualsiasi decisione verrà intrapresa, si abbracceranno dei valori, e se ne lasceranno andare degli altri. Non è una scelta sulla corrente elettrica, ma sull’identità di una nazione, sul rispetto da rendere alla madre terra. Una cosa, direbbe Jimmie Begay, apparentemente semplice, ma mai come ora così difficile.