HUNKAPI

I Sioux chiedono l'indipendenza?


http://www.periodicamente.it/.........."L’iniziativa, presa da Russel Means - uno dei principali attivisti dell’American Indian Movement - non ha infatti assolutamente incontrato il favore dei capi tribù. Rodney Bordeaux, presidente della tribù Rosebud Sioux, una delle più importanti del Sud Dakota, ha infatti dichiarato che “la nostra posizione è per il mantenimento dei trattati, che è alla base del rapporto con il governo federale”. Insomma, tutto rimane come prima, anche se con un po’ di baccano in più. Del resto, chi potrebbe biasimare i capi Sioux? Se sciogliessero i trattati con gli Stati Uniti la loro situazione peggiorerebbe ulteriormente, visto che perderebbero tutte le sovvenzioni del governo americano e la maggior parte dei nativi sarebbe ridotta alla fame.Di certo la realtà e quella che è. Ed è una realtà di povertà, sfruttamento, furti di terre, proprietà e risorse che gli indiani subiscono da 150 anni a questa parte. La durata della vita media è di 44 anni, e il tasso di suicidi è cento volte superiore a quello della media degli Stati Uniti, a cui bisogna aggiungere disoccupazione e mortalità infantile. I campi nelle riserve negli States sono l’equivalente dei nostri campi rom. Non c’è lo stesso degrado urbano - sono situati nel mezzo a una natura spesso dura e ostile - ma quanto a povertà è persino peggio. Case-roulotte, carcasse di auto, baracche di lamiera ondulata e rovi che rotolano sono la costante del paesaggio. E la causa di questa povertà è il frutto di un secolo e mezzo di storia, della grande corsa verso il West, del disinteresse alla nazione indiana che le autorità federali e locali hanno tenuto fin dal rincipio. Questa “simbolica secessione”, se così vogliamo chiamarla, è stata comunque certamente utile per far tornare all’ordine del giorno la questione dei diritti dei nativi americani. Oltre ai Lakota, molte tribù sono in lotta durissima per difendere il loro diritto alla terra. In Alaska è forte la battaglia di Inupiat, Yupik, Aleut e altre tribù che combattono contro le trivelle alla ricerca del petrolio, mentre in New Mexico e Arizona si tratta di evitare l’ingresso di compagnie minerarie che hanno progetti pericolosi per la salute. Ad essere in gioco, qui, è la libertà da parte delle popolazioni indigene del Nordamerica di gestire la propria vita, di avere una propria cultura, di “non diventare fac-simili dei bianchi”, come essi stessi affermano. La tanto celebrata democrazia americana agli indiani non piace per niente, perché per loro essa è sinonimo di appropriazione, di sfruttamento. Del resto, era lo stesso Benjamin Franklin a dire che “la democrazia è due lupi e un agnello che votano su cosa mangiare a pranzo, mentre la libertà è un agnello bene armato che contesta il voto”. E i Sioux hanno solo fatto propria la lezione, consci però del fatto che la vera arma, oggi, non è più l’ascia di guerra, ma il far parlare di sé, il far conoscere ai media della loro condizione. E la favola, allora, ha un altro finale: "i gloriosi Sioux, la tribù del leggendario Toro Seduto, si sono alzati in piedi, hanno fatto sentire la loro voce e denunciato al mondo in che stato vivono. E poi si sono messi a correre, con dignità e realismo, in quelle Colline del Vento che non gli appartengono più, ma che per loro rimangono sacre. E’, questo, il modo che hanno di rispettare il mondo dove vivono, di fare qualcosa per esso". E chissà che forse il mondo, accortosi della fierezza di questa nazione, non decida finalmente di fare qualcosa per loro."