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LA LEGGE PENALE


LA LEGGE PENALEDue sono le categorie in cui le sanzioni si distinguono -Sanzioni esecutive-Sanzioni punitiveLe prime consistono nell'esecuzione del precetto giuridico violato.Le seconde hanno come contenuto una diminuzione di beni giuridici (libertà personale, patrimonio), di cui è titolare un soggetto, che in diritto pena le non può essere che l'autore del fatto condizionante la conseguenza sanzionatoria.La differenza si coglie facilmente con un esempio: nel caso di furto, la sanzione prevista dall'art 624 c.p. (reclusione e multa) è sanzione punitiva: la restituzione della cosa rubata (sanzione di diritto civile, disposta dall'art 185 c.p.) è sanzione esecutiva.Art 25 Cost: riserva di legge in materia penaleIl principio della riserva di legge in materia penale, già accolto dal Codice Penale vigente all'art 1, è stato costituzionalizzato, congiuntamente al principio della irretroattività della legge penale incriminatrice, all'art 25 Cost. il 2 comma di detto articolo stabilisce che :"nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso".Ci si chiede se la riserva prevista dall'art 25 Cost. , sia riserva di campo di materia o di tipo di disciplina. Se si trattasse di riserva di campo di materia si dovrebbe ammettere la competenza delle regioni ad emanare regole che comminino sanzioni penali nell'ambito delle materie elencate dall'art 117 Cost (es. caccia e pesca).Dottrina e giurisprudenza sono generalmente orientate di escludere la competenza delle regioni in materia penale.Gli elementi piu probanti, a sostegno della opinione che nega la legittimazione delle regioni a statuire in materia penale, sembrano quello delle inderogabili condizioni di uguaglianza, sancite dall'art 3 Cost, in tema di libertà personale, nonché il divieto, posto alle regioni dall'art 120 Cost, di adottare provvedimenti che ostacolino o limitino l'esercizio da parte dei cittadini, di diritti fondamentali. Esercizio che verrebbe inevitabilmente compromesso dalla previsione di fatti di reato ad opera di leggi regionali.Assai importante è stabilire se dalla regola costituzionale discende un regime di riserva assoluta o relativa.(Vige un regime di riserva assoluta di legge).L'art 1 c.p.:"nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, ne con pene che non siano da esso stabilite", pare disporre una riserva di carattere assoluto.L'art 25 Cost. :" nessuno può essere punito se non in forza di legge ", sembra consentire che anche un regolamento possa corredare di sanzioni criminali i propri precetti.Deve respingersi l'opinione secondo la quale la legge conferirebbe la sua stessa forza alle regole secondarie richiamate dal disposto penale. Si può infatti osservare che se la norma secondaria acquistasse il rango di legge, non potrebbe essere modificata o abrogata che da un'altra legge.La legge va considerata come unica fonte normativa del disposto penale.Se ne deve concludere che ogni volta ce il potere legislativo si spoglia del monopolio che gli è attribuito, per delegarlo al potere regolamentare, comunque ciò avvenga, esso rinuncia all'esercizio della funzione di cui è investito in forza del principio della riserva. Ogni ipotesi di rapporto legge autorizzazione-regolamento delegato (futuro) è in contrasto con la regola della riserva di legge, e va per tanto considerata illegittima.La lettera dell'art 25 Cost, come quella dell'art 1 c.p., pare limitare la riserva di legge alle regole incriminatrici, nonché alle relative conseguenze d'ordine criminale.Ci si domanda se il regime di riserva assoluta di legge si estenda o no alle regole che hanno funzione modificativa o estintiva dell'illecito e dei suoi effetti giuridici.La risposta: stante il principio che i fatti costitutivi di illeciti penali, e le conseguenze (criminali) ad essi ricollegate, debbono essere previste da regole ordinarie, qualsiasi effetto modificativo o estintivo , vuoi del fatto, vuoi della sanzione, non può essere stabilito a mezzo di regola secondaria (futura rispetto alla regola primaria). Se cosi non fosse, si verrebbe ad ammettere che ciò che la legge dispone è derogabile o modificabile da atti normativi di grado inferiore. Conclusione, questa, inammissibileNorme penali in biancoCon tale denominazione è individuata quella legge o quell'atto avente forza di legge che fa riferimento ad un atto normativo di grado inferiore per indicare tutte le connotazioni di un fatto che la stessa legge considera penalmente illecito limitandosi, la legge, a determinare la sanzione.Ora, se questa previsione è contenuta in regole secondarie, già entrate in vigore nel momento in cui è prodotta la regola penale che ricollega la sanzione alla violazione di quelle regole, il principio della riserva assoluta di legge è rispettato.Parliamo di economia normativa, la regola primaria, anziché ripetere il contenuto dei precetti o dei divieti secondari la cui inosservanza si vuole sanzionare penalmente, opera un rinvio a ciò che fa già parte dell'ordinamento giuridico.Nessuna violazione insomma della riserva assoluta di legge.Ovviamente ci veniamo a trovare in un irrimediabile situazione di contrasto col principio costituzionale, allorché la regola penale in bianco operi un rinvio ad una regola secondaria non ancora entrata in vigore.Il rinvio operato da una regola primaria ad altra regola o ad altro sistema di regole, può essere di due tipi: rinvio meramente recettizio o rinvio formale.-Si ha il primo allorchè la regola di diritto che rimanda ad altra regola , o ad altro sistema normativo, prende come riferimento il contenuto delle regole, rispetto alle quali è effettuato il rinvio, cosi come queste sono vigenti non momento in cui l'operazione di rinvio è enunciata. Tale operazione persegue solo un risultato di economia normativa. Non viene ripetuto quanto è già disposto in altro settore dell'ordinamento e ci si limita ad integrare la fattispecie prevista dalla regola primaria.-Il rinvio è per contro, formale, quando la regola che lo ha effettuato esprime l'intenzione del legislatore di adeguare la disciplina dettata per una determinata materia alla disciplina già stabilita da regole diverse. Adeguamento raggiunto imponendo che, man mano che si modificano o sono abrogate le regole rispetto alle quali si opera il rinvio, gli effetti si riverberano, immediatamente e direttamente sul contenuto della regola di rinvio.Ci domandiamo quale sia il tipo di rinvio, formale o recettizio, adottato in campo penale.Il rinvio non può essere che meramente recettizio. La legittimità costituzionale, infatti, esige che il potere legislativo abbia la possibilità di vagliare, controllare, modificare, le regole con riferimento alle quali si compie il rinvio. Ma ciò può avvenire unicamente in relazione al contenuto della regola in vigore nel momento in cui è enunciata la regola primaria che ad essa rinvia.La consuetudine nel diritto penaleCon il termine consuetudine si intende sia il modo di produzione di una regola giuridica, sia la regola così prodotta.Nel primo caso si parla di processo di formazione di una regola, per consuetudine, che è la ripetizione generale, frequente e pubblica di un comportamento tenuto con la convinzione di adempiere ad un precetto giuridico.La consuetudine presenta rilevanza diversa , e qualche volta diversa connotazione (ad es., si stabilisce talora che la ripetizione deve raggiungere un minimo di durata) a seconda dei diversi ordinamenti e dei diversi settori di uno stesso ordinamento.Nel nostro ordinamento la consuetudine è fonte primaria per tutte le materie non regolate da leggi o regolamenti.Ci chiediamo quale sia il ruolo che la consuetudine svolge in campo penale.Deve escludersi innanzi tutto la legittimità di regole consuetudinarie incriminatrici. Quando è che si formi, per via di consuetudine una regola che preveda una figura di reato non contemplata da legge, tale regola sarebbe per definizione, in contrasto con l'art 25 2 comma Cost.Diverso secondo alcuni, sarebbe il caso di regola consuetudinaria integratrice, cui la legge faccia rinvio per completare la descrizione di elementi di fattispecie.Deve essere chiaro però, che di vera e propria consuetudine integratrice si può parlare solo quando la legge rinvii, per esplicitare la sua previsione, non ad un uso come mera abitudine, compatibile con altri precetti legali, bensì ad una regola giuridica formatasi per consuetudine.Si è di solito concordi nell'escludere la possibilità di abrogazione di regole penali per consuetudine. A sostegno si assume che la ragione per la quale la consuetudine non può esplicare efficacia abrogativa sta nel fatto che, presentando in genere contorni troppo vaghi, si presta ad interpretazioni assai disperate, si da non garantire la certezza, indispensabile in materia penale.Analogia in diritto penaleL'analogia consiste nel procedimento con cui ad un caso concreto non previsto dalla legge, si applica la disciplina prevista espressamente per un caso analogo, avente in comune col primo la "ratio legis". Accanto a tale forma di analogia (c.d. analogia legis) è ammesso anche il ricorso ai principi generali dell'ordinamento giuridico (c.d. analogia juris), nel caso in cui non vi siano previsioni di casi analoghi tali da colmare la lacuna legislativa.Distinta dall'interpretazione analogica, è l'interpretazione estensiva. Infatti mentre con quest'ultima si precisa l'ambito della norma, dilatandone la portata fino al limite massimo di espansione, con l'analogia, al contrario, l'interprete va oltre i confini della norma, applicando quest'ultima ad una fattispecie che non ha nulla in comune con quella oggetto della norma penale incriminatrice, se non l'eadem ratio di disciplina.Il divieto di analogia in diritto penale trova un ‘affermazione testuale nell'art 14 Disp.prel. (le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati), ed è stato successivamente costituzionalizzato dall'art 25 Cost.La dottrina ritiene ammissibili la sola analogia in bonam partem poiché si dice, il divieto di analogia nel campo penale sarebbe lo strumento per evitare l'introduzione di indebite restrizioni alla libertà dei cittadini, mentre l'analogia in bonam partem potrebbe sortire unicamente effetti favorevoli, e non sfavorevoli.Può pertanto concludersi che il divieto di analogia in diritto penale è costituzionalizzato soltanto con riguardo all'ambito punitivo: il divieto concerne l'aggravamento della situazione giuridica del cittadino (elementi del reato, sanzioni). È esatto dire, allora, dal punto di vista della costituzione, vi è soltanto un divieto di analogia in malam partem.E' necessario precisare che nella dottrina favorevole all'analogia in bonam partem si effettua un distinguo, nel sostenere che mentre le cause di giustificazione e quelle di esclusione della colpevolezza, nella misura in cui contribuiscono a determinare i presupposti generali di applicazione delle norme incriminatrici, appaiono senz'altro suscettive di applicazione analogica, non lo sono invece, le ipotesi di immunità, le cause di estinzione del reato e delle pena e le cause speciali di non punibilità, ipotesi tutte che fanno riferimento a situazioni particolari o riflettono motivazioni politico-criminali specifiche e dunque, hanno carattere particolare e non generale.(per il resto del riassunto contattarmi in privato)