Hina

Hina...La ragazza pachistana di Dacia Maraini


Chi fa attenzione a ciò che succede in giro per il mondo sa che l’uccisione di donne anche giovanissime che disobbediscono alle tradizioni è una pratica diffusa. Sono azioni estreme che esprimono paura del cambiamento, da qualsiasi parte giunga. E sono sempre le donne che minacciano nel profondo l’immobilità gerarchica e l’intolleranza religiosa. Per questo sono ritenute pericolose.              [....]C’è da scandalizzarsi? Sì, c’è da gridare all’orrore. Ma ricordiamoci che, anche se in modi meno spicci, la punizione corporale e la soppressione della donna che pecca è stata non solo tollerata ma anche incoraggiata nelle società cristiane fino a pochi secoli fa. A volte perfino fino a pochi decenni fa. Voglio ricordare il caso di Palmina, la ragazza pugliese che fu bruciata viva dai fratelli per non essersi sottomessa ai loro voleri. E cosa dire del delitto d’onore, parte di un codice che ha resistito nei secoli ed è stato eliminato solo dopo il ’68 e il femminismo? Le società arretrate mostrano con più evidenza l’intolleranza verso la libertà femminile, ma diciamo che anche le società più avanzate conservano nei costumi e spesso anche nelle leggi, altre forme di intolleranza e di discriminazione che, pur non sfociando in un delitto, privano le donne della loro autonomia e della loro integrità. Usare un caso odioso come questo per prendersela ancora una volta con gli stranieri, con i musulmani, è ingiusto e sbagliato. La storia della ragazzina pachistana  (Hina) che voleva vivere all’italiana dovrebbe costituire un esempio di volontà di integrazione da incoraggiare. Tantissime come lei si inoltrano nella difficile strada dell’emancipazione e vanno aiutate. Certamente il lungo cammino della democrazia comincia proprio dall’acquisizione del rispetto nei riguardi delle donne e della loro autonomia. Probabilmente tutta la questione islamica prenderebbe un’altra strada se le donne ottenessero visibilità e parola.Corriere della sera15 agosto 2006