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Luigi, l'ultimo guardiano del faro (racconto by sanvass)


LUIGI, L'ULTIMO GUARDIANO DEL FARO (by sanvass) Per Luigi quello sarebbe stato l'ultimo natale passato al faro. Da bambino aveva fatto il pescatore, poi il marittim o ed infine aveva assunto l'incarico di guardiano del faro, in quella remota isoletta al largo della costa Siciliana. In tantissimi anni mai un giorno di malattia o di assenza dal servizio, sempre presente e attivo. Di tanto in tanto scendeva in città per le provviste e quant'altro necessario per il buon funzionamento del faro. Il tempo lo trascorreva leggendo, ascoltando la radio, la mattina pescando e ogni tanto scambiava quattro chiacchiere i pescatori che passavano vicino al faro e a cui lui (Luigi) offriva sempre una tazza di caffè nero bollente. In fondo quella vita, mista di eremitaggio e solitudine, lo soddisfava, non doveva litigare con nessuno, decideva tutto lui, cosa e quando mangiare, come trascorrere il tempo e cosa fare. Faceva piccole opere di manuntenzione e restauro, controllava le aòparecchiature, stava sempre in contatto radio con la Capitaneria. Una volta, addirittura, si era tuffato in mare per salvare un naufrago che era stato scaraventato in mare dopo che la barca si era capovolta, e stava per affogare, avendo perduto i sensi. Quel gesto nobile gli aveva valso un encomio solenne. Era un bravuomo, sarebbe stato un ottimo marito e anche un buon padre di famiglia. Ma non si era masi sposato, d'altra parte aveva pochissimo tempo per conoscere donne da marito. Come dicevamo all'inizio del racconto, quello che stava preparando sarebbe stato l'ultimo pranzoi di natale passato al faro; faro che era la sua famiglia, la sua casa, la sua vita. Un pranzo frugale, come al solito, di diverso solo un panettone (che lui mangiava solo il giorno di natale) e uno spumante locale. Era commosso, emozionato, dopo il pranzo di fece un giro per l'isoletta, non prima di aver sorseggiato la classica tazzina di caffè, di cui lui andava ghiotto e ne prendeva 4 o 5 al giorno. Guardava attentamente ogni scoglio, ogni pietra, ogni parte dell'isolotto, l'indomani infatti una pilotina della Capitaneria lo avrebbe prelevato per portarlo in cittò, ove aveva comprato una casetta con giardino vicino al porto e dalla cui finestra della stanza da letto si intraveda il faro. Il faro lo avrebbe visto da quiella finesttra, anzi la luce del faro nel girare gli sarebbe entrata dentro la stanza quasi per dirgli : "Come tu non mi hai abbandonato in tantissimi anni, neanche io ti abbandonerò mai". L'indomani, infatti, alle 10 in punto la pilotina della capitaneria attraccò nel piccolo molto dell'isolotto ove era collocato il piccolo faro gestisto fino ad allora da Luigi. Dopo aver parlato col sottufficiale della Marina Militare e dato istruzioni e consigli ai due uomini della marina che sarebbero rimasti là insieme al tecnico della automazione del faro (infatti non occorreva più alcun guardiano al faro, tutto sarebbe stato telecomandato dalla Capitaneria del Porto), si avviò verso il molo e si imbarcò. Mentre si allontanava dall'isolotto e il faro si rimpiccioliva sempre più, le lacrime gli scendevano lungo le guance, si stava staccando per sempre dal suo affezionato faro compagno e amico di una vita vissuta in solitudine. Lo salutò agitando le mani come fosse una persona in carne ed ossa, poi si girò, preso dall'emozione e dalla commozione. FINE (Sanvass)