Il danno

Post N° 52


 Mentre tornavo a casa quella sera sentivo che era scattato qualcosa dentro me…desideravo immensamente evadere, smettere di essere la regina del focolare, di essere il punto di riferimento, di essere retta pia, quasi apostolica , di rispettare le regole, insegnare le regole, di dedicare il mio tempo a tutti tranne che a me stessa, di rinunciare a quel amore così forte. Non provavo colpa per ciò che stavo facendo e soprattutto per quello che avevo in mente di fare. La vita mi aveva tolto tantissimo e sentivo questo momento come un riscatto o un palliativo al quale dovevo cedere per mettermi in pari, per quanto sbagliato potesse essere. Avevo ostacolato e rinunciato a questo amore per troppo tempo, se non mi fossi concessa una possibilità avrei perso tutto, perché avrei continuato a fare e ad essere, non più per il solo piacere di farlo, ma per un senso del dovere, grigio e meschino che nessuno meritava di ricevere.Così arrivai a casa determinata a concedermi di vivere quella storia in maniera totale…poi avrei fatto una scelta.I ragazzi erano a letto da un pezzo, Pietro mi aspettava in cucina, con la tele accesa e una tazza di latte caldo tra le mani. “ Tardino Bibi…” mi disse in tono ironico. “ Tardino Pietro “ risposi acida.” Tardino, ho fatto tardino! Dobbiamo discutere adesso?” incalzai quasi cercando la lite. “ No non dobbiamo discutere ma viviamo sotto lo stesso tetto e dato che rientri alle 4 di mattina, penso che una minima spiegazione vorrai darmela…” continuò con lo stesso tono. Aveva ragione da vendere ma io fui lo stesso provocatoria e irritante nelle risposte.Diede il meglio di se stesso, rimanendo calmo e pacato. Lo guardavo attendere una mia spiegazione e mi venne da ridere… perché lo avrei abbracciato raccontandogli tutta la verità, tanta era la confidenza e la complicità…stavo per commettere un errore fatale, ma la strana sensazione che provavo…ero sul punto di confessargli tutto, quasi a voler trovare un complice in lui. La confusione era totale. Arrossii… allora come per stemperare il mio disagio, il visibile imbarazzo, e sicuramente perché dotato di una pazienza infinita Pietro mi disse:”  Dai andiamo a dormire, siamo stanchi tutti e due e finiremmo per discutere “. Si avvicinò e mi diede un bacio…” ti aspetto di sopra…” e silenzioso come un gatto salì le scale.Ancora una volta era riuscito a mettermi a tacere…col suo modo garbato corretto, quasi impassibile, aveva spento il mio coraggio.Rimasi in cucina ancora un po’, scaldai del latte e mi persi tra il ricordo degli abbracci di Francesco, l’odore delle sue braccia era ancora forte e ad ogni immagine una fitta allo stomaco e la voglia di tornare in quella bettola.Seguirono due giornate infernali…il lavoro, la casa, i figli, contrapposte alla mia voglia di estraniarmi qualche giorno. Ogni momento libero lo chiamavo, lui nel frattempo si era spostato in un albergo degno di essere chiamato tale e appena sentiva la mia voce, mi provocava con frasi al limite della decenza…io stavo al gioco e scalpitavo come una ragazzina. Organizzai tutto nei minimi dettagli… i ragazzi partirono con i nonni per una settimana al mare. Pietro era impegnatissimo in un progetto con imminente scadenza, e quasi non l’avrei visto in quei giorni. Gli dissi che avevo bisogno di staccare, di riposarmi un po’. “ Che ne dici se raggiungo Olga a Saturnia?” gli proposi una sera. Olga era una vecchia amica, proprietari di un Hotel Terme, dove un paio di volte ero andata per una settimana rigenerativa. Non ci vide nulla di strano, anzi essendosi accorto del mio malumore degli ultimi giorni, aggiunse che ci voleva proprio, “sì” mi rispose “ ti farà bene”. Così preparai una valigia poco sospetta, e la mattina dopo, appena finita la colazione, presi i ragazzi e li portai dai miei che ci aspettavano nel cortile con la macchina accesa, li abbracciai ma non feci nessuna raccomandazione come di solito. Li riempii di baci e li guardai sparire in fondo alla via. Tornai a casa, dove Pietro stava preparandosi per andare in studio… lo abbracciai forte. Mi guardò fisso negli occhi e mi disse. “ Ti amo” …“Ti amo anch’io…” risposi e uscii di casa.Mi precipitai a prendere Francesco, con la paura che mi prendesse un infarto, tanta era l’agitazione, tanto erano i sentimenti contrastanti che vagavano in me, dai piedi alla testa lasciando un brivido su tutta la pelle. Lo vidi da lontano, i jeans e il borsone nero… rallentai, accostai la macchina al marciapiede e lui salì. Mi guardò dritto diritto negli occhi e mi disse “ Ti amo”… “ Ti amo anche io” risposi…e iniziammo il nostro viaggio.