Il danno

Post N° 53


Lasciavo alle mie spalle non solo i km, ma anche me stessa, e tornavo a percepire con una sorta di settimo senso… sì settimo, perché il sesto è quello che ti permette di intuire, confondendo tutti gli altri, senti col cuore, vedi con l’anima, tocchi con lo sguardo, respiri coi pensieri, parli con i sospiri, ma il settimo è un’altra cosa ancora, un misto di amore e razionalità, certezza e perdizione.Ed era proprio quel sentire che mi aveva portata fino a lì. Viaggiavo con un ragazzo accanto, un’anima arrivata da chissà dove e che, chissà dove, mi avrebbe portata. Parlava…mi raccontava di sé con la voglia di farsi conoscere, cercava la mia approvazione su scelte che aveva fatto in passato, poi si avvicinava dolcemente per darmi un bacio sul collo.Io guidavo ormai persa e decisa a scoprire cose mi avesse rapito di lui…e lo ascoltavo e accoglievo i suoi baci, come per dire… “svelati, sono qui per comprendere me stessa, quella parte oscura che non conoscevo prima di incontrarti, per ritrovarmi, per continuare a volermi bene… e se tutto questo servirà alla mia rinascita ci passerò in mezzo. Attraverserò questa nebbia che mi avvolge l’anima e ritroverò la strada”.Arrivammo e ci sistemammo in due camere diverse. Lui ci rimase un po’ male…ma un minimo dovevo difendere le apparenze. Ci saremmo visti in spiaggia dopo un’ora. Chiusi la porta della mia stanza e chiamai Pietro, gli dissi che il viaggio era andato bene e che nel pomeriggio sarei stata fuori. Lui era tranquillo, mi salutò con un bacio e riattaccò.Verso le tre del pomeriggio arrivai sulla spiaggia, deserta e soleggiata, camminai a piedi nudi sulla sabbia per un po’ prima che mi raggiunse Francesco.“ In macchina quasi non hai parlato, mi sembri distante… cosa c’è che non va” mi chiese preoccupato. “ Nulla… è la mia coscienza che urla… e non posso farci niente, facciamo due passi sono molto tesa, magari mi passa” risposi gelida, con un tono che non riconoscevo. Mi rimase accanto, camminando col mio stesso passo, non parlò più, mi prese solo la mano e proseguimmo per ore. Era primavera, il sole calava e il freddo iniziò a sentirsi…ci sedemmo su uno scoglio fino a quando gli ultimi raggi si confusero nel mare. Era rimasto in silenzio, forse aveva sentito i miei pensieri, così forti e confusi. Lo guardai mentre i suoi occhi fissavano l’orizzonte, in qualche modo somigliava a mio padre, la fronte alta e i boccoli neri, la carnagione chiara…lui si girò e allungando una mano mi sfiorò il viso. Misi la mia sopra alla sua e chiusi gli occhi, mi sfiorò le labbra con un bacio…non ci volle molto…ci amammo su quelle pietre fredde, senza toglierci i vestiti, con foga e disperazione, consapevoli di quell’amore impossibile…e restammo abbracciati fino a notte fonda.