Il danno

Post N° 57


E ora che avevo avuto ciò che volevo, ero vuota.Vuota e smarrita, piena di incertezze e paure. Non riuscivo a godere di quei momenti nemmeno col solo ricordo. Il viaggio verso casa fu devastante. Alternavo pianti  a consapevolezze, gioia perché avrei rivisto i miei figli e disperazione perché non sapevo come avrei affrontato mio marito. Non avevo capito niente, quei giorni erano corsi incontro allo smarrimento più totale. Mi mancava già…ci mandammo decine di sms, io rischiando la vita, messaggiando e piangendo e lui da un anonimo treno in corsa verso il sud. Tra questi ne arrivò uno di mio figlio Andrea < mamma non vedo l’ora di rivederti, siamo stati bene ma ci manchi, a dopo, Andrè > Tutto si diradò all’istante, leggere le sue parole fu come leggere nella mia anima, così, ai successivi messaggi di Francesco, risposi in maniera evasiva come per volermi distaccare da quella avventura per rituffarmi nella mia vita.Non dovetti sforzarmi molto, le nostre strade si dividevano ancora una volta, e mi domandai se forse non fossi solo una piccola donna volubile e vuota. Come facevo in fretta a rimettermi in carreggiata…le lacrime si fermarono, la disperazione di poco prima lasciava il posto all’eccitazione al solo immaginarmi l’incontro coi miei tesori. Pensai a Pietro per il resto del viaggio, al sorriso con il quale mi avrebbe accolta, alle sue braccia forti, sempre pronte a stringermi. In quei giorni ci eravamo sentiti solo la sera, quando mentendogli , gli dicevo sarei andata a letto presto…e lui, mai un sospetto, solo fiducia e comprensione, amore incondizionato, maturo e sicuro.Pochi chilometri e sarei stata a casa dei miei genitori per riprendere i miei figli.“ Sei già lontana lo sento…ma non te ne faccio una colpa. Il mo cuore sarà sempre nel tuo, come tu sei dentro di me. Fai le tue scelte se vorrai farle, se capirai che mi ami sopra ogni cosa. Ti ho lasciato il mio amore su quella spiaggia, se un giorno mi cercherai, fallo là, su quella spiaggia…di fronte al nostro mare”.Piansi ma non gli risposi più, non sapevo ancora cosa sarebbe stato,  non volli più pensare, decisi di vivere ancora una volta seguendo l’istinto che ora mi riportava a casa.Quando arrivai nel cortile dei miei, i ragazzi mi corsero incontro e senza darmi il tempo di scendere, invasero la macchina con urla di gioia, abbracci e baci. Mi lasciai strapazzare dalle loro mani, mi strinsi a loro in attimi eterni e sicuri…li mangiai di baci e piansi ancora, fragile di fronte a tutte le emozioni che provavo. Caricai le loro cose e dopo aver salutato mia madre, girai la macchina verso casa nostra.Appena entrata, trovai le persiane chiuse e un odore di chiuso ad accogliermi. I ragazzi corsero nelle loro camere e io rimasi in soggiorno con la valigia in mano, abituando gli occhi a quel buio insolito per la mia casa. Telefonai a Pietro ma non mi rispose. Posai la valigia e mi assalì una brutta sensazione. Andai in cucina…il frigorifero era aperto, spento, vuoto…nessuna traccia di passaggi recenti. Salì nelle camere, tutto in ordine, spalancai la porta di camera mia e in bella mostra sul mio cuscino una lettera, aperta…di Pietro.