Il danno

Post N° 62


“Mi fa male il cuore. Non mi sarei mai aspettato un atteggiamento simile, e pensare che credevo tu fossi una creatura fragile, da dover difendere. Ho vissuto anni con il rimorso di non esserti stato accanto nel modo giusto, anni sentendomi in colpa per aver permesso al tempo di separarci, per aver permesso che tanto dolore, tu lo portassi senza me. Non voglio sconvolgere la tua vita ora, non voglio niente se non parlarti. Si vede che sei felice ma ricorda che la vera felicità non si costruisce sulle ceneri altrui. Io sono un uomo distrutto e non mi capacito di ciò che è successo,  sono cinque anni che vago, e più passa il tempo più crescono le domande…e le risposte me le puoi dare solo tu. Sto partendo per l’ Irlanda, non so quanto ci starò. Mi farò sentire al ritorno. Buona vita a te…che ci riesci. Luca”.Luca… Luca chi, pensai per qualche istante. Non conoscevo Luca che potesse serbarmi tanto rancore. Mi sedetti sul divano e rilessi quel messaggio, lo lessi fino a saperlo a memoria. Ma sì,  non poteva che essere lui…Luca, il mio giovane amore di tanti anni prima! Cosa era successo? Perché tanto odio? Cosa voleva da me?Pensai fosse impazzito…forse era sua anche l’altra lettera!?Non riuscii più a dormire e l’indomani cercai il suo numero di telefono. Feci una ricerca su internet e così scoprii che era diventato un noto avvocato. Contattai il suo studio e mi venne detto che era fuori città per lavoro. Non mi capacitavo di tanto risentimento. Passarono giorni, avevo lasciato il mio numero di cellulare alla sua segretaria, e vivevo nell’attesa di una chiamata. Qualche giorno dopo andai dal medico per la seduta di ipnosi.Sdraiata su quel lettino non potei fare a meno  di mostrare quella lettera al Dottore. Ne parlammo…ma lui già sapeva del mio passato e l’unica conclusione, dopo assurde congetture, fu quella di attendere di incontrarlo, per capire l’origine del suo astio.Mi addormentai al suono rassicurante della sua voce. Non so quanto tempo passò, ma ripresi coscienza di me, bagnata di lacrime e col fiato corto. Lui mi stava accanto, carezzandomi una mano.“ Forza Beatrice, respira profondo e apri gli occhi…va tutto bene, ci sono qui io…va tutto bene, calmati, è passato…respira…apri gli occhi.”Respirai profondamente ma sentii l’aria strozzarsi in gola e le lacrime non si fermarono. Mi portò un bicchiere di acqua fresca e sfiorandomi i capelli accennò un sospiro.“ Bibi cara…da quanto tempo ti conosco!?” disse sottovoce senza attendere risposta “ Capiremo l’origine della tua pena, vedrai…è un lavoro lungo, lo sai, ma ce la faremo te lo prometto”:“ Perché stò piangendo Mario…? “ chiesi cercando il fazzoletto nella borsa.“ Siamo, come l’altra volta, arrivati al momento più doloroso…quando ti dissero che il bambino era morto. Ma… più indietro non riesci ad andare…inizi a piangere e ad agitarti. Qualsiasi cosa io ti chieda non rispondi  piangi, e  tappandoti le orecchie dici “ Non voglio sentire quel pianto…non voglio sentire…non voglio…non posso”.“ Tutto qui? “ chiesi dopo averlo ascoltato.“ E ti pare poco Bibi? E’ tutto qui, tutto qui il nodo, dentro a questo tuo pianto, dietro a queste poche parole che pronunci straziata dal dolore”.Raccolsi le forze e mi trascinai fuori dal suo studio…camminai a lungo in mezzo a vetrine illuminate, a gente che infreddolita non rinunciava ad entrare ed uscire da negozi stracolmi di persone. Il centro di Milano è bellissimo sotto Natale…c’è un’atmosfera unica e magica. Arrivai sui Navigli e non mi accorsi di essere quasi assiderata. Vidi la mia casa in lontananza…e qualcuno che stava addobbando il Pino nel giardino. Eccolo il mio Andrea…arrampicato sulla scala. Lo guardai un momento prima di entrare nel giardino…com’era cresciuto…e quanto era bello stretto in quei jeans sbiaditi. Quanto tempo era passato? E i miei fantasmi com’erano vicini.