VASCO ROSSI

Intervista di Vasco rilasciata a Poggini x Max


"KING OF ROCK" .. «È la realtà che mi ha deluso, non la vita». La realtà vista senza il filtro dell’immaginazione spesso è davvero brutta. Io sono stato molto fortunato. Ho avuto una vita straordinaria, spericolata nel senso più autentico del termine. Tutto è successo per gradi e tutto è accaduto al momento giusto. Questo mi ha permesso sia di godermi l’attimo, sia di arrivare preparato alla fase successiva». «Mi piace venire a Los Angeles uno o due mesi all’anno. Mi rigenera. Il successo e l’affetto della gente mi gratificano moltissimo ma la celebrità mi soffoca. Quando vedo attorno a me tutto questo entusiasmo un pò mi imbarazzo. Poi mi adeguo all’immagine che i fan hanno di me e cerco di essere all’altezza. Ma mi sento sempre un pò inadeguato» Sembri uno molto sicuro di sé, in realtà sei un timido. «Vero, ho dovuto sforzarmi parecchio per salire su un palco. Ho dovuto violentarmi molto. In passato mi ubriacavo già dal giorno prima per trovare il coraggio di affrontare il pubblico. Poi ho capito che avevo più paura del fantasma della realtà che della realtà stessa. Oggi cerco in tutti i modi di distrarmi e non pensarci fino a quando salgo sul palco. A quel punto, dopo un primo momento di puro panico, la concentrazione e la musica prendono il sopravvento e non ho più il tempo di pensare. Ho una teoria sulla timidezza. Penso che sia una forma di egocentrismo che ti fa bruciare il 70 per cento delle energie per niente. È quasi una malattia. Da ragazzo non volevo entrare al cinema con la luce accesa, un amico mi diceva: “ma chi pensi di essere, non sei mica al centro dell’universo, la gente ha ben altro a cui pensare». Una volta hai detto che a 12 anni eri convinto che il mondo fosse nato con te, non prima. «È vero, anche quando dovevo studiare storia a scuola non la distinguevo molto dalle favole. Oggi mi piace leggere libri di storia e di filosofia. Aiuta a dare una collocazione più sensata alla propria esistenza. Crescendo si impara.» Hai raccontato anche di aver sofferto molto per amore. Dobbiamo crederci? «Beh, fino a un certo punto sono stato anch’io un uomo comune. La prima delusione l’ho avuta a sei anni: lei mi lasciò per un villeggiante che arrivava da Bologna. Poi ce ne sono state altre, ma la più scottante è arrivata a vent’anni: quella storia mi annientò, così per parecchio tempo ho preferito avere solo rapporti che non andassero oltre l’atto sessuale». Da vent’anni, invece, vivi con Laura, madre di uno dei tuoi tre figli. Perché non l’hai mai sposata? «Perché le complicazioni burocratiche mi spaventano. Ma il nostro legame è più sincero così: ogni giorno ci riconfermiamo di stare bene insieme. Luca è molto importante nel nostro progetto e considero Laura a tutti gli effetti mia moglie». Da ragazzino chi erano i tuoi idoli? «Little Tony e Gianni Morandi. Nei concorsi cantavo “Riderà” e “In ginocchio da te”. Little Tony per noi italiani era l’equivalente di Elvis Presley. Io Presley l’ho scoperto dopo. E ai tempi dell’università a Bologna ho iniziato ad ascoltare i Genesis, i Pink Floyd, i King Crimson. Gli unici che conoscevo già da ragazzino erano i Rolling Stones, perché un mio amico aveva i loro dischi». Rimpiangi quei tempi? «No, ma li ricordo con grande affetto. Ero povero, avevo un vestito per la domenica, uno per gli altri giorni e un solo paio di scarpe. Stavamo bene, anche se avevamo poco. E questo forse non è un male». Comunque, con o senza scarpe, direi che di strada ne hai fatta. «Io sono l’incarnazione della favola di Cenerentola. Fino a 20 anni non sognavo i lussi, perché non sapevo nemmeno che esistessero. Poi ha iniziato a piovere sul bagnato. Il bello è che tutto quel che ho l’ho ottenuto facendo esattamente quello che mi piaceva. Infatti ogni giorno ringrazio il cielo e la chitarra. Però la mia vita interiore non è cambiata affatto, direi che la malinconia è la mia condizione naturale e molto spesso cado in profonde depressioni..» Una volta ti rivolgevi a una generazione di sconvolti che non ha più santi né eroi. E oggi? «In realtà molte canzoni le scrivo rivolgendomi a me stesso, come se fossi l’ascoltatore immaginario perfetto. Racconto cose che non direi nemmeno alla mia donna. E a volte è proprio grazie alla canzoni che capisco la realtà che sto vivendo. Quel brano in particolare parla di una fase che prima o poi tutti i ragazzi vivono: la ribellione verso il mondo degli adulti». È per questo che a un certo punto dal vivo lo hai trasformato in “siete solo voi”? «È un gioco che faccio dal palco….mi trasformo nel fratello maggiore o nel genitore e grido loro “siete solo voi” ….anche perché io ormai….mi rendo conto di essere cresciuto, di essere andato avanti. Adesso non vedo più tutto bianco o nero, ho scoperto che esistono le sfumature». Quando hai fatto questa scoperta? «Abbastanza tardi, forse perché per parecchio tempo ho vissuto ai margini della realtà. Prima andavo avanti a testa bassa, mi interessava soltanto scrivere canzoni e cantarle su un palco. Avevo sempre la chitarra con me. A un certo punto mi sono reso conto che il successo era arrivato ma mi mancava qualcosa di reale, direi di fisico. Ero in crisi marcia, al risveglio ero sempre depresso, scoppiavo a piangere senza sapere perché. Così ho iniziato a permettermi diciamo dei lussi per una rockstar, per esempio costruire una famiglia. Adesso se piango almeno so perché. » (ride) Un tradimento? «Macché! La vera trasgressione è fare una famiglia e mettere al mondo dei figli. Ci vuole impegno e coraggio, soprattutto per le donne. Non è affatto facile ma dà un “senso” a tutto. In fin dei conti siamo in questo mondo per fare dei figli. Quando ne hai uno, improvvisamente non sei più tu il figlio ma diventi padre, l’ottica cambia completamente e cominci a vedere le cose in modo diverso. Ti rendi conto dei problemi degli altri, capisci che non sei al centro dell’universo. L’obiettivo principale diventa garantire a quell’essere che hai generato almeno vent’anni di serenità». Cosa insegni ai tuoi figli? «Cerco di insegnargli a non fare gli errori che ho fatto io. Ovvio che le parole servono fino a un certo punto, ma possono limitare i danni. Per esempio spiego che quando si attraversa la strada bisogna fare attenzione alle automobili che passano e così anche che tutte le droghe fanno male, ma alcune sono più dannose di altre: l’eroina ad esempio non bisogna assolutamente nemmeno provarla! È pericolosissima, basta una volta o due e non riesci più ad uscirne. In cinque o dieci anni sei morto. Con le altre, coca e pasticche, bisogna stare molto attenti. Meglio non prenderle e imparare a divertirsi senza ,anche perché prima o poi bisogna farlo per forza. E che le canne fanno meno male dell’alcool….però si rischia la galera!?» C‚è un errore che ti ha fatto male in modo particolare? «Tutti gli errori mi hanno fatto male. Ma se non li fai non puoi mica imparare. Comunque rifarei tutto, anche se l’ideale sarebbe imparare senza bisogno di sbagliare. Ma temo che sia impossibile». Sbaglio se dico che fino a un certo punto hai studiato da rockstar, poi sei diventato un artista? «Può essere. Ma riprendendo il discorso sulle sfumature, vorrei dire che se nella vita reale sono necessarie, nell’espressione artistica invece no. Nella mia esiste solo il bianco o il nero. Il mio linguaggio è esagerato perché voglio provocare. Io sono un testimone della vita e dei nostri tempi. Ascoltare le mie canzoni non è pericoloso ma può aiutare a capire. Vedere che tante persone hanno le mie stesse problematiche è stata una scoperta inebriante. In fin dei conti io non faccio alro che esprimere le ansie, le rabbie, le nevrosi della gente normale». Tra libertà e uguaglianza cosa scegli? «La libertà, perché se non si è liberi non si può neanche essere uguali. Del resto la prima a far discriminazioni è la natura: chi nasce bello avrà opportunità diverse da chi nasce brutto. Tante leggi della natura non mi piacciono. Perché un pesce grosso deve mangiare quello piccolo?…perché per sopravvivere una vita deve cibarsi dell’altra? Perché il leone deve mangiare la gazzella? Non sarebbe stato meglio che mangiasse dell’erba? E l’ uomo, che per sfamare il suo ego vuole il potere e spesso lo esercita facendo del male agli altri Il regno animale di cui facciamo parte è crudele e violento e l’umanità deve fare ancora molta strada per affrancarsene… Il mondo che vorrei non è certo questo». Beppe Grillo e altri hanno fatto diventare attuale il tema dell’antipolitica. Ma tu questi argomenti li affrontavi già nel 1996 con Stupendo. «In effetti quella canzone era un grido disperato di delusione nei confronti di certe persone. Stupendo parla di chi, come noi degli anni ’70, si era illuso di portare l’immaginazione al potere. Poi molti si sono omologati e si sono accontentati. Oggi sembra un circo. Ci sono un sacco di pagliacci travestiti da politici, c’è troppa gente che parla ma non si assume la responsabilità di quello che dice, né paga per le cazzate che fa. » È peggio l’ignoranza o l’intolleranza? «L’intolleranza nasce dall’ignoranza. Se ti sforzi un po’ per non essere ignorante, capisci anche che devi essere tollerante. Siamo tutti nati su questo pianeta e siamo tutti diversi, quindi la tolleranza è indispensabile. Non è certo una colpa ma non si può essere orgogliosi di essere ignoranti, anche se c’è addirittura chi ne fa una bandiera o un partito». Nelle cose che fai conta di più il cuore o il cervello? «Ci vogliono tutti e due. Anche la realtà di questo universo è sempre una questione di equilibrio tra due fattori opposti. Polo positivo e polo negativo, espansione e forza di gravità. Ho scritto in una canzone: è tutto un equilibrio sopra la follia e io sono sempre in bilico…»