DUE MONDI

Post N° 1023


"ROMA, LA PATRIA DELL'ANIMA DI NIKOLAJ GOGOL"Il naso ricurvo, un becco d'uccello, risalta netto sul profilo che sbalza dalla targa marmorea. La scritta bilingue, cirillico e italiano, ricorda che al numero 126 di via Sistina, secondo piano, lo scrittore russo Nikolaj Gogol trascorse quasi quattro anni, dal 1838 al 1842. E portò avanti quello che sarebbe diventato il suo capolavoro, "Le anime morte". In un successivo soggiorno romano, tra il 1845 e il 1846, sarebbe andato ad abitare in via della Croce. Spirito irrequieto, carattere ispido, Gogol definiva Roma una "patria dell'anima", la sentiva depositaria di una tradizione e di una dimensione spirituale altrove sconosciuta che lo attirava. Come lo attiravano, da grande scrittore realista, le scenette che osservava per le strade, nei negozi, nelle osterie. Per questo trascorreva ore nella trattoria del Lepre a via Condotti; o in quella del Falcone al Pantheon. Per questo divenne grande amico di un altro acuto osservatore, Giuseppe Gioacchino Belli. Gogol era un uomo tormentatissimo, in preda a crisi religiose, dalla salute cagionevole. Soffriva d'insonnia e spesso passava intere notti seduto su di un divano, o affacciato ad una finestra, ad ascoltare le voci dei passanti, quei romani che riteneva dotati di un innato senso artistico. La città gli ispirò un racconto, incompiuto, imperniato sul contrasto tra modernità e tradizione, cui diede vari titoli fin da quando si decise per "Roma". Pssione che lo portava a scrivere che nella città eterna, "anche la miseria ha un aspetto luminoso e sereno".   Articolo tratto da E-Polis del 4 novembre 2008 di Giuliano Capecelatro