DUE MONDI

Da via degli Zingari, il ricordo dell'incubo


Avrà un senso se il ricordo di una persecuzione occhieggia da un angolo di via degli Zingari. La lapide non parla solo di Rom e Sinti. Ma anche di Camminanti. Di cui poco, e forse nulla, si saprebe. Non fosse per quella meritoria iscrizione, sistemata lì nel 2001. Via degli Zingari è nel cuore del rone Monti; tra via dei Serpenti e la piazza omonima, che confina con piazza della Suburra e via Urbana. Stretta e assiepata di macchine, per non figurare con altre strade della capitale, in sosta più o meno lecita. Ha questo nome perchè qui un tempo, quando la zona era isolata e degradata, venivano concentrate le carovane di nomadi. Nomadi, eredi dei Rom rifugiatisi in Sicilia nel Trecento, erano anche i Camminanti. Che si mettevano in marcia dall'isola, dove si fermavano d'inverno, e risalivano la penisola. Artigiani. Che si guadagnavano da vivere come arrotini, impagliatori di sedie, stagnini, calderai e ombrellai. Quei pochi che ancora oggi seguono le orme di padri e nonni vanno in giro su automobili con altoparlante e offrono i loro servigi per riparare cucine a gas. Durante la seconda guerra mondiale nazisti e fascisti, che sempre devono avere qualcuno da epurare e meglio ancora da massacrare, spedirono a migliaia Rom, Sinti e Camminanti nei campi di sterminio. E' bello, allora, fantasticare che quella lapide, sottoscritta anche dalla comunità ebraica, si ponga come una diga nel rinnovato clima di odio raziale, di pulizie etniche, di agognate deportazioni che a Roma imperversa da alcuni mesi.  Articolo tratto da E-polis del 24.03.09 di Giuliano Capecelatro, giornalista e scrittore