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« XXVII Domenica del Tempo...XXIX Domenica del Tempo ... »

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario anno A

Post n°177 pubblicato il 20 Ottobre 2017 da IMMAGINIRCFO

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 22,1-14

In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: «Il Regno dei Cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

Rivelazione di Gesù a Maria Valtorta
Corrispondenza nell’“Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta

Volume 3 - Capitolo 206

Mentre il sole scompare anche col ricordo del suo rosso, in un primo stridere di grilli, incerto, solitario, Gesù si avvia in mezzo ad un prato falciato da poco e su cui l’erbe morenti fanno un tappeto di acuta e morbida fragranza. Lo seguono gli apostoli, le Marie, Marta e Lazzaro con quelli della sua casa, Isacco coi discepoli, e direi tutta Betania.

Fra i servi è il vecchione con la donna, i due che sul monte delle Beatitudini hanno trovato un conforto anche per i loro giorni.

Gesù si ferma a benedire il patriarca, che gli bacia piangendo la mano e che accarezza il bambino, che cammina a fianco di Gesù, dicendogli: “Te beato che lo puoi sempre seguire! Sii buono, sta’ attento, figlio. La tua è una gran ventura! Una gran ventura! Sul tuo capo è sospesa una corona… Oh! te beato!”.

Quando tutti sono a posto Gesù inizia a parlare.

“Udite. E capirete meglio come le sollecitudini, le ricchezze e le crapule impediscono l’entrata nel Regno dei Cieli.

Una volta un re fece le nozze di suo figlio. Potete immagi­nare che festa fosse nella reggia. Era il suo unico figlio e, giun­to all’età perfetta, si sposava con la sua diletta. Il padre e re volle che tutto fosse gioia intorno alla gioia del suo diletto, fi­nalmente sposo con la beneamata. Fra le molte feste nuziali fe­ce anche un grande pranzo. E lo preparò per tempo, vegliando su ogni particolare dello stesso, perché riuscisse splendido e degno delle nozze del figlio del re.

Mandò per tempo i suoi servi a dire agli amici e agli alleati, e anche ai più grandi nel suo regno, che le nozze erano stabilite per quella data sera e che loro erano invitati, e che venissero per fare degna cornice al figlio del re. Ma amici, alleati e gran­di del regno non accettarono l’invito.

Allora il re, dubitando che i primi servi non avessero parla­to a dovere, ne mandò altri ancora, perché insistessero dicen­do: “Ma venite! Ve ne preghiamo. Ormai tutto è pronto. La sala è apparecchiata, i vini preziosi sono stati portati da ogni dove, e già nelle cucine sono ammucchiati i buoi e gli animali in­grassati per essere cotti, e le schiave intridono le farine a far dolciumi, ed altre pestano le mandorle nei mortai per fare lec­cornie finissime a cui mescolano aromi fra i più rari. Le danza­trici e i suonatori più bravi sono stati scritturati per la festa. Venite dunque acciò non sia inutile tanto apparato”.

Ma amici, alleati e grandi del regno o rifiutarono, o dissero: “Abbiamo altro da fare”, o finsero di accettare l’invito, ma poi andarono ai loro affari, chi al campo, chi ai negozi, chi ad altre cose ancor meno nobili. E infine ci fu chi, seccato da tanta in­sistenza, prese il servo del re e l’uccise per farlo tacere, posto che insisteva: “Non negare al re questa cosa perché te ne po­trebbe venire male”.

I servi tornarono al re e riferirono ogni cosa, e il re avvampò di sdegno mandando le sue milizie a punire gli uccisori dei suoi servi e a castigare quelli che avevano sprezzato il suo invito, ri­servandosi di beneficare quelli che avevano promesso di veni­re. Ma la sera della festa, all’ora fissata, non venne nessuno.

Il re, sdegnato, chiamò i servi e disse: “Non sia mai che mio figlio resti senza chi lo festeggi in questa sua sera nuziale. Il banchetto è pronto, ma gli invitati non ne sono degni. Eppu­re il banchetto nuziale del figlio mio deve avere luogo. Andate dunque sulle piazze e sulle strade, mettetevi ai crocicchi, fer­mate chi passa, adunate chi sosta e portateli qui. Che la sala sia piena di gente festante”.

I servi andarono. Usciti per le vie, sparsisi sulle piazze, messisi ai crocicchi, radunarono quanti trovarono, buoni o cat­tivi, ricchi o poveri, e li portarono nella dimora regale, dando loro i mezzi per apparire degni di entrare nella sala del ban­chetto di nozze. Poi li condussero in quella, ed essa fu piena, come il re voleva, di popolo festante.

Ma, entrato il re nella sala per vedere se potevano aver ini­zio le feste, vide uno che, nonostante gli aiuti dati dai servi, non era in veste di nozze.

Gli chiese: “Come mai sei entrato qui senza la veste di nozze?”.

E colui non seppe che rispondere, perché infatti non aveva scusanti.

Allora il re chiamò i servi e disse loro: “Prendete costui, legatelo nelle mani e nei piedi e gettatelo fuori della mia dimora, nel buio e nel fango gelido. Ivi starà nel pianto e con stridore di denti come ha meritato per la sua ingratitudine e per l’offesa che mi ha fatta, e più che a me al figlio mio, entrando con veste povera e non monda nella sala del banchetto, dove non deve entrare che ciò che è degno di essa e del figlio mio”.

Come voi vedete, le sollecitudini del mondo, le avarizie, le sensualità, le crudeltà attirano l’ira del re, fanno sì che mai più questi figli delle sollecitudini entrino nella casa del Re.

E vedete anche come anche fra i chiamati, per benignità verso suo figlio, vi sono i puniti. 

Quanti al giorno d’oggi, in questa terra alla quale Dio ha mandato il suo Verbo! Gli alleati, gli amici, i grandi del suo popolo, Dio veramente li ha invitati attraverso i suoi servi, e più li farà invitare, con invito pressante, man mano che l’ora delle mie nozze si farà vicina. Ma non accetteranno l’invito perché sono falsi alleati, falsi amici, e non sono grandi che di nome perché la bassezza è in loro».

Gesù va elevando sempre più la voce, e i suoi occhi, alla lu­ce di fuoco che è stato acceso fra Lui e gli ascoltatori per illu­minare la sera, nella quale manca ancora la luna che è nella fase decrescente e si alza più tardi, gettano sprazzi di luce co­me fossero due gemme.

«Sì, la bassezza è in loro. Per tutto questo essi non com­prendono che è dovere e onore per loro aderire all’invito del Re. Superbia, durezza, libidine fanno baluardo nel loro cuore. E -sciagurati che sono!- hanno odio a Me, a Me, per cui non vogliono venire alle mie nozze. Non vogliono venire. Pre­feriscono alle nozze i connubi con la politica sozza, con il più sozzo denaro, con il sozzissimo senso. Preferiscono il calcolo astuto, la congiura, la subdola congiura, il tranello, il delitto.

Io tutto questo lo condanno in nome di Dio. Si odia perciò la voce che parla e le feste a cui invita. In questo popolo vanno cercati coloro che uccidono i servi di Dio: i profeti che sono i servi fino ad oggi, i miei discepoli che sono i servi da ora in poi. In questo popolo vanno scelti i turlupinatori di Dio che di­cono: “Sì, veniamo”, mentre dentro di sé pensano: “Neanche per idea!”. Tutto questo è in Israele.

E il Re del Cielo, perché il Figlio abbia un degno apparato di nozze, manderà a raccogliere sui crocicchi coloro che sono non amici, non grandi, non alleati, ma sono semplicemente po­polo che passa. Già -e per mia mano, per la mia mano di Fi­glio e di servo di Dio- la raccolta si è iniziata. Quali che sia­no, verranno… E sono già venuti. Ed Io li aiuto a farsi mondi e belli per la festa di nozze.

Ma ci sarà, oh! per sua sventura ci sarà chi anche della ma­gnificenza di Dio, che gli dà profumi e vesti regali per farlo apparire quale non è -un ricco e degno- vi sarà chi di tutta questa bontà se ne farà un approfitto indegno per sedurre, per guadagnare…

Individuo di bieco animo, abbracciato dal poli­po ripugnante di tutti i vizi… e sottrarrà profumi e vesti per trame guadagno illecito, usandoli non per le nozze del Figlio, ma per le sue nozze con satana.

Ebbene, questo avverrà. Perché molti sono i chiamati, ma pochi coloro che, per saper perseverare nella chiamata, giun­gono ad essere eletti. Ma anche avverrà che a queste iene, che preferiscono le putrefazioni al nutrimento vivo, sarà inflitto il castigo di essere gettati fuori della sala del Banchetto, nelle te­nebre e nel fango di uno stagno eterno in cui stride satana il suo orrido riso per ogni trionfo su un’anima, e dove suona eterno il pianto disperato dei mentecatti che seguirono il De­litto invece di seguire la Bontà che li aveva chiamati.

Alzatevi e andiamo al riposo. Io vi benedico, o cittadini di Betania, tutti. Io vi benedico e vi do la mia pace. E benedico te in particolare, Lazzaro, amico mio, e te, Marta. Benedico i miei discepoli antichi e nuovi che mando per il mondo a chiamare, a chiamare alle nozze del Re.

Inginocchiatevi ché Io vi benedica tutti.

Pietro, dì l’orazione che vi ho insegnata, e dilla stando qui al mio fianco, in piedi, perché così va detta da chi a ciò è destinato da Dio».

Estratto di “l’Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta

 
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SEQUENZA

[Sion, loda il Salvatore,
la tua guida, il tuo pastore
con inni e cantici.
-Impegna tutto il tuo fervore:
egli supera ogni lode,
non vi è canto che sia degno.
-Pane vivo, che dà vita:
questo è tema del tuo canto,
oggetto della lode.
-Veramente fu donato
agli apostoli riuniti
in fraterna e sacra cena.
-Lode piena e risonante,
gioia nobile e serena
sgorghi oggi dallo spirito.
-Questa è la festa solenne
nella quale celebriamo
la prima sacra cena.
-È il banchetto del nuovo Re,
nuova Pasqua, nuova legge;
e l'antico è giunto a termine.
-Cede al nuovo il rito antico,
la realtà disperde l'ombra:
luce, non più tenebra.
-Cristo lascia in sua memoria
ciò che ha fatto nella cena:
noi lo rinnoviamo.
-Obbedienti al suo comando,
consacriamo il pane e il vino,
ostia di salvezza.
-È certezza a noi cristiani:
si trasforma il pane in carne,
si fa sangue il vino.
-Tu non vedi, non comprendi,
ma la fede ti conferma,
oltre la natura.
-È un segno ciò che appare:
nasconde nel mistero
realtà sublimi.
-Mangi carne, bevi sangue;
ma rimane Cristo intero
in ciascuna specie.
-Chi ne mangia non lo spezza,
né separa, né divide:
intatto lo riceve.
-Siano uno, siano mille,
ugualmente lo ricevono:
mai è consumato.
-Vanno i buoni, vanno gli empi;
ma diversa ne è la sorte:
vita o morte provoca.
-Vita ai buoni, morte agli empi:
nella stessa comunione
ben diverso è l’esito!
-Quando spezzi il sacramento
non temere, ma ricorda:
Cristo è tanto in ogni parte,
quanto nell’intero.
-È diviso solo il segno
non si tocca la sostanza;
nulla è diminuito
della sua persona.]
-Ecco il pane degli angeli,
pane dei pellegrini,
vero pane dei figli:
non dev’essere gettato.
-Con i simboli è annunziato,
in Isacco dato a morte,
nell'agnello della Pasqua,
nella manna data ai padri.
-Buon pastore, vero pane,
o Gesù, pietà di noi:
nutrici e difendici,
portaci ai beni eterni
nella terra dei viventi.
-Tu che tutto sai e puoi,
che ci nutri sulla terra,
conduci i tuoi fratelli
alla tavola del cielo
nella gioia dei tuoi santi.

 
 

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