PROFESSIONE DI FEDE

CREDO

Credo in un solo Dio, Padre onnipotente,
creatore del cielo e della terra,
di tutte le cose visibili e invisibili.
Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio,
nato dal Padre prima di tutti i secoli:
Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero,
generato, non creato, della stessa sostanza del Padre;
per mezzo di lui tutte le cose sono state create.
Per noi uomini e per la nostra salvezza
discese dal cielo,
e per opera dello Spirito Santo
si è incarnato nel seno della Vergine Maria
e si è fatto uomo.
Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato,
morì e fu sepolto.
Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture,
è salito al cielo, siede alla destra del Padre.
E di nuovo verrà, nella gloria,
per giudicare i vivi e i morti,
e il suo regno non avrà fine.
Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita,
e procede dal Padre e dal Figlio.
Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato,
e ha parlato per mezzo dei profeti.
Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica.
Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati.
Aspetto la risurrezione dei morti
e la vita del mondo che verrà. Amen.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Quando l'ambiente
ti è ostile,
le persone ti usano,
i tuoi affetti
sono distanti,
le cose non vanno,
la salute
ti abbandona.
Ricordati che sei
nelle mani di
"Dio"

 

classifiche

Primo di categoria

Tra i primi 10

100000 punti ottenuti

50000 punti ottenuti

10000 punti ottenuti

In classifica

Blog Gold

Super Blog Web

 

FACEBOOK

 
 

Archivio messaggi

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 
Citazioni nei Blog Amici: 2
 
Creato da: IOSONOLAVITA1 il 28/05/2013
BRANI E IMMAGINI DELLE SACRE SCRITTURE

 

 

FELICE ANNO NUOVO

Post n°202 pubblicato il 31 Dicembre 2015 da IOSONOLAVITA1

 

http://i23.photobucket.com/albums/b381/ismax/chiara/natale/Natale_auguri.jpg

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

NATALE 2015

Post n°201 pubblicato il 22 Dicembre 2015 da IOSONOLAVITA1

IN QUESTA FESTA DI PACE
E D’AMORE,
LA GIOIA E LA SERENITA’ RINASCA NEI NOSTRI CUORI.

AUGURI E TANTA FELICITA’...

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

AVVENTO

Post n°200 pubblicato il 28 Novembre 2015 da IOSONOLAVITA1
 
Tag: AVVENTO

http://www.collegnoup.it/attachments/article/28/Avvento4-2013s.jpg

                                                     

http://www.collegnoup.it/attachments/article/28/Avvento3-2013.jpg

                                                       

VOTA
CONTRIBUISCI ALLA DIFFUSIONE
DELLA 'AMORE E DELLA PAROLA DI DIO.GRAZIE
 

classifiche

                                                    

 

http://www.collegnoup.it/attachments/article/28/Avvento2-2013.jpg

                                                       

http://www.collegnoup.it/attachments/article/28/Avvento1-2013.jpg

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

DOMENICA

Post n°199 pubblicato il 10 Ottobre 2015 da IOSONOLAVITA1

TUTTO È POSSIBILE A DIO

Dal Vangelo secondo Marco 10,17-30

In quel tempo, mentre Gesù usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a Lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i Comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: và, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel Regno di Dio!». I discepoli rimasero stupefatti a queste sue parole; ma Gesù riprese: «Figlioli, com'è difficile entrare nel Regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel Regno di Dio». Essi, ancora più sbigottiti, dicevano tra loro: «E chi mai si può salvare?». Ma Gesù, guardandoli, disse: «Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio! Perché tutto è possibile presso Dio». Pietro allora gli disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del Vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna.

 

VOTA
CONTRIBUISCI ALLA DIFFUSIONE
DELLA 'AMORE E DELLA PAROLA DI DIO.GRAZIE
 

classifiche

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

FRANCESCO

Post n°198 pubblicato il 04 Ottobre 2015 da IOSONOLAVITA1
 

 

4 OTTOBRE SAN FRANCESCO

Dove passò portò la benedizione di Dio: la pace fra le fazioni e l'amore fra i nemici: convertì peccatori, salvò miserabili, protesse oppressi.

San Francesco

Benedetto da Dio e dal papa, estese ovunque ed a tutti la sua opera; istituì le Clarisse; fondò e diffuse il Terz'Ordine. Andò fra i Turchi: mandò apostoli dappertutto a portare «pace e bene ». Alla Verna, Dio impresse sul suo servo fedele il segno del suo amore: le sacre stimmate. 

Compose laudi in onore di Dio perchè esclamava: « L'amore non è amato, l'amore non è amato! ». Morì, benedicendo i suoi figliuoli e la sua cara città di Assisi, il 4 ottobre 1226.

  Fu chiamato il più santo degli Italiani, e il più Italiano dei santi; assieme a S. Caterina da Siena è il grande protettore della nostra amata patria.

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

2 OTTOBRE SANTI ANGELI CUSTODI

Post n°197 pubblicato il 02 Ottobre 2015 da IOSONOLAVITA1
 

 2 OTTOBRE
SANTI ANGELI CUSTODI

 

 

È certo che agli Angeli è affidata la custodia degli uomini. Ecco quanto si legge nell'Esodo : « Ecco io manderò il mio Angelo, il quale ti vada innanzi e ti custodisca nel viaggio, e ti introduca nel paese che ti ho preparato. Onoralo, ed ascolta la sua parola, guardati dal disprezzarlo; poichè egli non ti perdonerà se farai male, essendo in lui il mio nome.

Nel Vangelo: « Badate di non disprezzare uno di questi pargoli; perché io vi dico che gli Angeli loro, nei cieli, vedono continuamente il volto del Padre mio che è nei cieli ».

La Chiesa, fedele interprete della parola di Dio, istituì l'odierna festa in onore degli Angeli Custodi, per invitare i fedeli ad onorarli in modo particolare. Ed a ragione, perchè essi sono le nostre guide invisibili, che ci stanno continuamente ai accanto nel pericoloso viaggio della vita, per difenderci da tutti i pericoli dell'anima e del corpo. Che degnazione, e che amore! La Divina Maestà manda i suoi Angeli, cioè i suoi ministri, li manda a noi, affinché ci difendano dal male e ci conservino nel bene. E il nostro Angelo Custode ci libera dai pericoli e da ogni male; impedisce ai demoni di nuocerci e ci conserva nel bene; inoltre suscita in noi pensieri santi e sante ispirazioni, prende le nostre preghiere ed opere buone e le presenta a Dio.

A questo riguardo è commovente la storia di Tobia.
L'Arcangelo Raffaele, in forma di uomo, accompagnò il giovane Tobia nel lungo e pericoloso viaggio che fece a Rages; gli fece evitare cattivi incontri, gli procurò una santa consorte ed infine salvo e ricco di beni lo ricondusse al suo amato padre, al quale inoltre restituì la vista.

Simili uffici di pietà e simile assistenza esercitano continuamente gli Angeli Custodi verso di noi. Conclude perciò S. Bernardo: « In qualunque circostanza, in qualunque luogo porta rispetto al tuo Angelo; non osare fare alla sua presenza ciò che non oseresti fare se io ti vedessi; poi in ogni tentazione, tribolazione, angustia, invoca l'Angelo tuo Custode, dicendogli: Salvami perchè perisco ».

PRATICA — Recitare ogni sera l'Angelo di Dio.

PREGHIERA. O Dio, che con ineffabile provvidenza ti degni di inviare i tuoi santi Angeli alla nostra custodia, fa' che siamo sempre da loro protetti e possiamo un giorno vederli in cielo.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

CHI NON È CONTRO DI NOI È PER NOI

Post n°196 pubblicato il 26 Settembre 2015 da IOSONOLAVITA1

 

Domenica 27 settembre 2015

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 9,38-43.45.47-48

Giovanni gli disse: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demoni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri». Ma Gesù disse: «Non glielo proibite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me. Chi non è contro di noi è per noi. Chiunque vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa. Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare. Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile. Se il tuo piede ti scandalizza, taglialo: è meglio per te entrare nella vita zoppo, che esser gettato con due piedi nella Geenna. Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, che essere gettato con due occhi nella Geenna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue.


Corrispondenza nell’”Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta

Volume 5 Capitolo 352 pagina 372


[...] E guardatevi dallo scandalizzare uno di questi piccoli il cui occhio vede Iddio. Non si deve mai dare scandalo a nessuno. Ma guai, tre volte guai, chi sfiora il candore ignaro dei fanciul­li! Lasciateli angeli più che potete. Troppo ripugnante è il mon­do e la carne per l’anima che viene dai Cieli! E il fanciullo, per la sua innocenza, è ancora tutt’anima. Abbiate rispetto all’ani­ma del fanciullo e al suo stesso corpo, come avete rispetto al luogo sacro.

Sacro è anche il fanciullo perché ha Dio in sé. In ogni corpo è il tempio dello Spirito. Ma il tempio del fanciullo è il più sacro e profondo, è oltre il doppio Velo. Non scuotete nep­pure le tende della sublime ignoranza della concupiscenza col vento delle vostre passioni.

Io vorrei un fanciullo in ogni famiglia, in mezzo ad ogni rac­colta di persone, perché fosse di freno alle passioni degli uomi­ni. Il fanciullo santifica, dà ristoro e freschezza solo col raggio dei suoi occhi senza malizia.

Ma guai a coloro che levano san­tità al fanciullo col loro modo di agire scandaloso!

Guai a coloro che con le loro licenze danno malizie ai fanciulli!

Guai a coloro che con le loro parole e ironie ledono la fede in Me dei fanciulli! Sarebbe meglio che a tutti questi si legasse al collo una pietra da macina e si gettassero in mare perché affogassero col loro scandalo.

Guai al mondo per gli scandali che dà agli innocenti! Perché se è inevitabile che avvengano scandali, guai all’uomo che per sua causa li provoca.

Nessuno ha il diritto di fare violenza al suo corpo e alla sua vita. Perché vita e corpo ci vengono da Dio, e solo Lui ha diritto di prenderne delle parti o il tutto. Ma però Io vi dico che se la vostra mano vi scandalizza è meglio che la mozziate, che se il vostro piede vi porta a dare scandalo è bene che voi lo mozzia­te.

Meglio per voi entrare monchi o zoppi nella Vita che essere gettati nel fuoco eterno con le due mani e i due piedi. E se non basta avere mozzo un piede o una mano, fate che vi siano moz­zati anche l’altra mano o l’altro piede, per non fare più scanda­lo e per avere tempo da pentirvi prima di essere lanciati dove il fuoco non si estingue, e rode come un verme in eterno.

E se è il vostro occhio che vi è cagione di scandalo, cavatevelo. È meglio essere orbi di un occhio che essere nell’inferno con tutti e due. Con un occhio solo, o anche senz’occhi, giunti al Cielo vedreste la Luce, mentre coi due occhi scandalosi, tenebre e orrore ve­dreste nell’inferno. E questo solo.

Ricordatevi tutto questo. Non disprezzate i piccoli, non scandalizzateli, non derideteli. Sono da più di voi, perché i loro Angeli vedono sempre Iddio che dice loro le verità da rivelare ai fanciulli e a quelli dal cuor di fanciullo.

E voi come fanciulli amatevi fra di voi. Senza dispute, senza orgogli. State in pace fra voi. Abbiate spirito di pace con tutti. Fratelli siete, nel nome del Signore, e non nemici. Non ci sono, non ci devono essere dei nemici per i discepoli di Gesù. L’unico Nemico è satana. Di quello siate nemici acerrimi, scendendo in battaglia contro di lui e contro i peccati che portano satana nei cuori.

Siate instancabili nel combattere il Male quale che sia la forma che assume. E pazienti. Non c’è limitazione all’operare dell’apostolo, perché non c’è limitazione all’operare del Male. Il demonio non dice mai: “Basta. Ora sono stanco e mi riposo”. Egli è l’instancabile.

Passa agile come il pensiero, e più ancora, da questo a quell’uomo, e tenta e prende, e seduce, e tormenta, e non dà pace.

Assale proditoriamente e abbatte se non si è più che vigilanti. Delle volte si insedia da conquistatore per debo­lezza dell’assalito, altre vi entra da amico, perché il modo di vi­vere della preda cercata è già tale da essere alleata col Nemi­co.

Tal’altra, scacciato da uno, gira e piomba sul migliore, per farsi vendetta dello smacco avuto da Dio o da un servo di Dio.

Ma voi dovete dire ciò che dice lui: “Io non riposo”. Lui non ri­posa per popolare l’inferno. Voi non dovete riposare per popolare il Paradiso. Non dategli quartiere. Io vi avviso che più lo combatterete più vi farà soffrire. Ma non dovete tenere conto di ciò. Egli può scorrere la terra. Ma nel Cielo non penetra. Perciò là non vi darà più noia. E là saranno tutti quelli che lo hanno combattuto...».

Gesù si interrompe bruscamente e chiede: «Ma insomma, perché date sempre noia a Giovanni? Che vogliono da te?».

Giovanni si fa rosso come una fiamma e Bartolomeo, Tommaso, l’Iscariota chinano la testa vedendosi scoperti.

«Ebbene?» chiede con imperio Gesù.

«Maestro, i miei compagni vogliono che io ti dica una cosa».

«Dilla, dunque».

«Oggi, mentre Tu eri da quel malato, e noi giravamo per il paese come Tu avevi detto, abbiamo visto un uomo, che non è tuo discepolo e che neppure mai abbiamo notato fra quelli che ascoltano la tua dottrina, il quale cacciava dei demoni in tuo Nome da un gruppo di pellegrini che andavano a Gerusalemme. E ci riusciva.

Ha guarito uno che aveva un tremito che gli im­pediva ogni lavoro, e ha reso la favella ad una fanciulla che era stata assalita nel bosco da un demonio in forma di cane che le aveva legato la lingua. Egli diceva:

“Vattene, demonio maledet­to, in nome del Signore Gesù il Cristo, Re della stirpe di Davi­de, Re d’Israele. Egli è il Salvatore e Vincitore. Fuggi davanti al suo Nome!”.

E il demonio fuggiva realmente. Noi ci siamo ri­sentiti. E glielo abbiamo proibito. Ci ha detto: “Che faccio di male? Onoro il Cristo liberandogli la via dai demoni che non so­no degni di vederlo”.

Gli abbiamo risposto: “Non sei esorcista secondo Israele e non sei discepolo secondo Cristo. Non ti è leci­to farlo”.

Ha detto: “Fare il bene è sempre lecito”, e si è ribellato alla nostra ingiunzione dicendo: “E continuerò a fare ciò che faccio”.

Ecco, volevano ti dicessi questo, specie ora che Tu hai detto che in Cielo saranno tutti quelli che hanno combattuto satana».

«Va bene. Quell’uomo sarà di questi. Lo è. Egli aveva ragione e voi torto. Infinite sono le vie del Signore e non è detto che solo quelli che prendono la via diretta giungano al Cielo. In ogni luogo e in ogni tempo, e con mille modi diversi, ci saranno creature che verranno a Me, magari da una strada inizialmen­te cattiva. Ma Dio vedrà la loro retta intenzione e li attirerà al­la via buona.

Ugualmente vi saranno alcuni che per ebbrezza concupiscente e triplice usciranno dalla via buona e prenderan­no una via che li allontana o addirittura li dirotta. Non dovete perciò mai giudicare i vostri simili. Solo Dio vede.

Fate di non uscire voi dalla via buona, dove, più che la vostra volontà, quel­la di Dio vi ci ha messi. E quando vedete uno che crede nel mio Nome e per esso opera, non lo chiamate straniero, nemico, sa­crilego. È sempre un mio suddito, amico e fedele, perché crede nel Nome mio, spontaneamente e meglio di molti fra voi.

Per questo il mio Nome sulla sua bocca opera prodigi pari ai vostri e forse più. Dio lo ama perché mi ama, e finirà di portarlo al Cielo.

Nessuno che faccia prodigi in mio Nome mi può essere nemico e dire male di Me. Ma col suo operare dà al Cristo onore e testimonianza di Fede. In verità vi dico che credere al mio No­me è già sufficiente a salvare la propria anima. Perché il mio Nome è Salvezza.

Perciò vi dico: se lo incontrerete ancora, non glielo proibite più. Ma anzi chiamatelo “fratello” perché tale è, anche se è ancora fuori del recinto del mio Ovile. Chi non è con­tro di Me è con Me. Chi non è contro di voi è con voi».

«Abbiamo peccato, Signore?» chiede attrito Giovanni.

«No. Avete agito per ignoranza, ma senza malizia. Perciò non c’è colpa. Però in avvenire sarebbe colpa, perché ora sape­te. Ed ora andiamo alle nostre case. La pace sia con voi».


Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta

 

VOTA
CONTRIBUISCI ALLA DIFFUSIONE
DELLA 'AMORE E DELLA PAROLA DI DIO.GRAZIE

classifiche

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

SANTI COSMA E DAMIANO

Post n°195 pubblicato il 26 Settembre 2015 da IOSONOLAVITA1

Santi Cosma e Damiano

SANTI COSMA E DAMIAN0


I santi martiri Cosma e Damiano furono fratelli gemelli, secondo il Martirologio Romano, e compagni non solo di sangue, ma anche di fede e di martirio. Studiarono assieme medicina in Siria e salirono ben presto a grande fama per la loro valentia nel curare i malati. Forse erano arabi di nascita, ma assai per tempo ricevettero un educazione cristiana veramente ammirabile. Animati da vero spirito di fede e di carità si servirono della loro arte per curare sia i corpi sia le anime con l'esempio e con la parola. Riuscirono a convertire al cristianesimo molti pagani . Si portavano in fretta presso chiunque li richiedesse rifiutando ogni compenso, contenti di poter per mezzo della loro arte esercitare un po' di apostolato. In questo modo si attirarono amore e stima non solo dai cristiani, ma anche dagli stessi infedeli. Venivano da tutti soprannominati "Anàrgiri" (dal greco anargyroi, parola greca che significa senza denaro), proprio perché non si facevano pagare per la cura dei malati.

Mentre essi compivano tanto bene, ecco scoppiare la persecuzione di Diocleziano. I santi Cosma e Damiano si trovavano in quel tempo ad Egea di Cilicia, in Asia Minore. Così circa l'anno 300 i santi medici si videro arrestati e tradotti davanti al tribunale di Lisia, governatore della Cilicia. « Ho l'ordine, dice il proconsole, di far ricerca dei cristiani, punire quelli che resistono e premiare quelli che si sottomettono alle leggi dell'impero. Voi siete accusati di appartenere alla setta... Scegliete ». « La scelta è fatta, risposero i santi fratelli, siamo cristiani e come tali siamo pronti a morire ».

« Riflettete bene, soggiunse Lisia, perché si tratta di vita o di morte, non potendo, né dovendo io tollerare una ribellione alle leggi ». « Noi rispettiamo come gli altri le leggi civili, ma nessuna legge ci può costringere ad inchinarci ai vostri dei di fango; noi adoriamo il Dio vivo e ci inchiniamo a Gesù Cristo Salvatore ». Lisia sdegnato ordinò che fossero legati e flagellati. Dopo questo primo tormento, persistendo i Santi nel loro fermo proposito, ordinò che fossero gettati in mare. Lordine fu allistante, mentre una grande turba di cristiani piangeva dirottamente. Il Signore venne in loro soccorso: le onde li spinsero fino alla riva e così poterono salvarsi. A tal vista il popolo gridò : « Siano salvi i nostri medici; si rispettino quelli che il mare stesso rispetta ». Purtroppo tutte queste grida furono vane: il proconsole li voleva assolutamente morti, perciò li fece gettare in una fornace ardente. Liberati miracolosamente dal Signore, dopo altri vari tormenti, furono fatti decapitare a Egea probabilmente nel 303.

Sul loro sepolcro si moltiplicarono i miracoli: lo stesso imperatore Giustiniano, raccomandatosi alla intercessione di questi santi medici, fu guarito da mortale malattia e per riconoscenza fece erigere in loro onore una sontuosa basilica.
In loro onore Papa Felice IV (525-530) fece costruire a Roma una chiesa, decorata di mosaici stupendi.
I resti dei santi martiri sono custoditi nel pozzetto dellantico altare situato nella cripta dei Ss. Cosma e Damiano in Via Sacra, dove li depose S. Gregorio Magno (590-604).
Vivo il loro culto in Oriente in Occidente, dove numerose chiese e monasteri di epoche diverse sono intitolate ai santi martiri guaritori.

PRATICA. Facciamo oggi qualche opera di misericordia spirituale e corporale in favore del prossimo.

PREGHIERA. Fa', te ne preghiamo, o Dio onnipotente, che noi che celebriamo la festa dei tuoi martiri Cosma e Damiano, veniamo liberati per loro intercessione da tutti i mali che ci minacciano.
 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

SAN PIO DA PIETRELCINA (FRANCESCO FORGIONE)

Post n°194 pubblicato il 23 Settembre 2015 da IOSONOLAVITA1

San Pio da Pietrelcina (Francesco Forgione)

San Pio da Pietrelcina (Francesco Forgione)

 

Pochi santi furono, come padre Pio, dotati di doni straordinari che hanno richiamato su di lui l'attenzione del mondo intero: le stimmate, il profumo misterioso che emanava dal suo corpo, i carismi di profezie e di scrutamento dei cuori, le guarigioni e le conversioni attribuite alla sua preghiera. Nel convento del Gargano, nel quale l'umile frate cappuccino viveva, la ressa di devoti era quotidiana: tutti lo volevano vedere, toccare; tutti desideravano assistere alla sua messa — un momento di rara intensità spirituale — e soprattutto confessarsi, rimettersi in sintonia con Dio guidati da lui. La confessione era un incontro che spesso sconvolgeva le persone mutando per sempre la loro vita, mentre il numero dei «convertiti» e dei devoti estimatori aumentava incessantemente.

Ma poi, in concreto, per lui la vita fu un lungo calvario che egli visse unendosi a Cristo per la salvezza delle anime, fedele a un programma di vita, che egli aveva così espresso nell'immagine ricordo della sua prima messa: «Gesù, mio sospiro e mia vita, oggi che trepidante ti elevo in un mistero d'amore, con te io sia per il mondo Via, Verità e Vita e per te sacerdote santo, vittima perfetta».

Francesco Forgione (così si chiamava padre Pio prima di indossare il saio francescano) era nato il 25 maggio 1887 a Pietrelcina, piccolo paese di contadini e pastori della provincia di Benevento. I genitori, ambedue analfabeti, pur sudando sui campi, non riuscivano a sfamare la copiosa nidiata che avevano messo al mondo (sette figli). Tanto che papà Orazio un giorno si imbarcò per l'America sperando in una sorte migliore. Gli andò bene, lavoratore instancabile e avveduto, riuscì a mettere insieme una discreta fortuna.

Alla famiglia intanto badò mamma Maria Giuseppa. Forte e ricca di fede, aveva una predilezione per il piccolo Francesco, perché era il più gracile, spesso in preda a misteriose e violente febbri, e dotato di una fine sensibilità religiosa che lo portava a ricercare luoghi solitari per dedicarsi alla preghiera. E si chiedeva, mamma Maria, che cosa avrebbe potuto fare da grande quel suo figliolo così gracile. Risolse lui stesso il problema. Indicando con la mano il frate cappuccino venuto per la questua, disse: «Voglio farmi frate, come fra Camillo».

Nel 1903, indossando il saio francescano nel convento dei cappuccini di Morone, iniziava il cammino di preparazione alla vita religiosa e sacerdotale che si concluse il 10 agosto 1910. E non fu un cammino facile: le misteriose malattie che lo avevano tormentato a casa, continuarono con assalti di una virulenza tale da far temere che non sarebbe mai giunto vivo all'ordinazione, tant'è vero che, non appena ebbe l'età minima richiesta dal diritto canonico, fu consacrato sacerdote.

Con gli sgargianti paramenti sacri addosso pareva ancora più debole ed emaciato, tanto che i superiori ebbero compassione di lui e, anziché inserirlo subito nell'attività pastorale, lo mandarono a Pietrelcina, sperando che l'aria di casa gli avrebbe fatto tornare un po' di forze; qui invece il giovane frate imboccava dritto la strada di quel calvario che percorrerà per tutta la vita.

 Il 5 agosto 1918 gli apparve un misterioso personaggio che gli trafisse il cuore con un dardo infuocato, mentre il 20 settembre riceveva le stimmate, inizialmente invisibili. «Ero in coro — ha raccontato lui stesso — dopo la celebrazione della santa messa, allorché venni sorpreso da un riposo simile a un dolce sonno. Tutti i sensi interni ed esterni nonché le stesse facoltà dell'anima si trovarono in una quiete indescrivibile. Vi subentrò subito una grande pace. E mentre tutto questo si andava operando, vidi innanzi un misterioso Personaggio, simile a quello visto il 5 agosto, che si differenziava solamente in questo: aveva le mani, i piedi e il costato che grondavano sangue. La sua vista mi atterrì. Mi sentii morire e sarei morto se il Signore non fosse intervenuto a sostenere il cuore che sentivo sbalzare dal petto. Il Personaggio si ritirò e io mi avvidi che mani, piedi e costato erano trasformati e grondavano sangue».

Un fatto mistico accompagnato da dolore fisico acuto e lacerante. Ma sopportabile. Più profondo e più lacerante fu il dolore provocato invece dai giudizi, dai sospetti e dalle condanne che gli vennero da istituzioni ecclesiastiche, da confratelli e da ambienti scientifici per i quali le ferite del frate del Gargano erano frutto di isterismo.

Scienziati di ogni tipo, inviati da organismi religiosi e dallo stesso Vaticano, si accanirono per dimostrare che i fenomeni attribuitigli non avevano alcuna origine soprannaturale. E riuscirono a convincere il Sant'Uffizio, promotore di una delle inchieste più clamorose durante il pontificato di Pio XI, che si trattava di fenomeni isterici. E gli arcigni monsignori del Vaticano nel 1923, con un apposito decreto, vietavano al frate di Pietrelcina di dire la messa in pubblico e di confessare i fedeli. Un'atroce tortura, durata una decina d'anni, che padre Pio visse in silenzio, senza protestare, rifugiandosi nella preghiera e nella penitenza.

La gente, che non aveva mai messo in dubbio l'origine soprannaturale di quelle misteriose piaghe, quando cessò l'ostracismo, riprese a salire la mulattiera che conduceva al convento per ascoltare la messa celebrata dal frate delle stimmate.

Padre Pio definiva la messa «il mistero tremendo». Ed era per lui un momento di grande emozione spirituale: il volto trasfigurato, gli occhi luminosissimi, il corpo rapito oltre il tempo e lo spazio. Ma anche per quanti la seguivano era un momento di rara tensione e, dopo la messa, facevano la coda davanti al suo confessionale per accedere al sacramento del perdono e per chiedergli di intercedere per loro presso Dio. E c'era chi se ne andava deluso o irritato, e chi interiormente trasformato. Molte le conversioni anche di personaggi notissimi al grande _pubblico che verso il frate stigmatizzato nutrirono sempre profonda riconoscenza e devozione. Padre Pio, uomo di grande carità e umiltà, aveva anche il dono di leggere nei cuori, «sentiva» se chi lo avvicinava era sincero o ambiguo; per qucsto con alcuni era buono e con altri spicciativo o addirittura burbero. Invitava tutti comunque a pregare sempre, a essere in continuo contatto con il Signore.

Nel 1940, mentre il mondo era alle prese con il terribile dramma della guerra, nascevano su suo invito i «Gruppi di preghiera», un'istituzione che presto si diffuse proficuamente in tutto il mondo. «La preghiera aveva detto ai suoi confratelli è la chiave dei tesori di Dio, è l'arma del combattimento e della vittoria in ogni lotta per il bene e contro il male».

Nel medesimo anno, spinto da un grande amore per il prossimo, soprattutto per quanti erano afflitti dalla malattia, metteva in moto un movimento di carità e di solidarietà per poter realizzare una struttura ospedaliera a servizio dei malati poveri. L'idea si concretizzava nel 1956 con l'inaugurazione della Casa sollievo della sofferenza, destinata a diventare uno degli ospedali meglio attrezzati del Meridione, nel quale lavorano luminari della medicina e dove tutti sono invitati a vedere nel malato e nel povero il volto stesso di Gesù.

Tra i tanti doni di cui era dotato, padre Pio ebbe anche quello di prevedere il tempo della sua morte. Un giorno, ed eravamo nel 1918 quando aveva appena ricevute le stimmate, disse a uno che frequentava il convento: «Coraggio: abbiamo ancora cinquant'anni davanti». E cinquant'anni dopo, 1968, mentre con i devoti si accingeva a commemorare il mezzo secolo dall'evento, padre Pio avvicinò quel fedele e con un filo di voce gli sussurrò: «Cinquant'anni sono passati».

La domenica 20 settembre si fece gran festa, padre Pio celebrò messa e poi si affacciò a benedire i pellegrini che erano accorsi in gran numero. Fu l'ultima volta che lo videro vivo, perché la notte del 23, dopo aver recitato per intero il rosario, moriva.

La gente lo venerò come un santo, prima ancora che la chiesa si esprimesse in tal senso. Il convento e la chiesa dove celebrava messa sono diventati ben presto meta di incessanti pellegrinaggi e luogo di preghiera, di carità e di conversione. Il cammino verso gli altari, però, fu più tortuoso. Coloro che lo avevano avversato in vita, anche per motivi poco nobili (leggi: l'uso delle tante offerte che la gente inviava per le sue iniziative di carità), misero molti pali tra le ruote.

Ma alla fine la verità sulla sua santità ha avuto il sopravvento. Padre Pio, che definiva se stesso «un frate che prega», è stato proclamato beato da papa Giovanni Paolo II, che nutriva per lui grande devozione, il 2 maggio del 2000, e due anni dopo, il 16 giugno 2002 lo stesso Pontefice in piazza San Pietro, lo proclamò Santo e ne stabilì la memoria liturgica per il 23 settembre, "giorno della sua nascita al cielo".

Il luglio 2004 fu inaugurata la nuova grande chiesa a S. Giovanni Rotondo progettata dal celebre architetto Renzo Piano.

Riflettiamo sulle parole di San Pio, (ASN, 15): "La vita non è che una perpetua reazione contro se stessi e non si schiude in bellezza, che a prezzo del dolore. Tenete sempre compagnia a Gesù nel Getsemani ed egli saprà confortarvi nelle ore angosciose che verranno".

PREGHIERA.

O Dio, per la tua misericordia e per i meriti di questo tuo grande santo, concedi anche a noi una fede capace di scorgere nei poveri e nei sofferenti il volto di Gesù. Insegna anche a noi lumiltà del cuore, perché in tuo nome, scopriamo la gioia di perdonare i nostri nemici.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

SE UNO VUOL ESSERE IL PRIMO, SIA L’ULTIMO DI TUTTI E IL SERVO DI TUTTI

Post n°193 pubblicato il 20 Settembre 2015 da IOSONOLAVITA1

DOMENICA 20 SETTEMBRE 2015
Dal Vangelo secondo Marco 9,30-37

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Istruiva infatti i suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risusciterà». Essi però non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazioni. Giunsero intanto a Cafarnao. E quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo lungo la via?». Ed essi tacevano. Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. Allora, sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro: «Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato»

Corrispondenza nell’”Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta

Volume 5 Capitolo 355 pagina 405

 

Gesù è tutto solo sulla terrazza della casa di Tommaso di Cafarnao. Il paese ozia nel sabato, già molto ridotto nei suoi abitanti, perché i più zelanti nelle pratiche di fede sono già partiti per Gerusalemme, e così pure quelli che vi si recano con le famiglie ed hanno bambini che non possono fare marce lun­ghe ed obbligano gli adulti a soste e a brevi tragitti. Così man­ca, nella giornata già di suo un po’ nuvolosa, la nota d’oro dell’infanzia giuliva.

Gesù è molto pensieroso. Seduto su una panchetta bassa, in un angolo, presso il parapetto, le spalle alla scala, quasi nasco­sto da questo parapetto, tiene un gomito sul ginocchio e appog­gia la fronte sulla mano con mossa stanca, quasi di sofferenza.

È interrotto nel suo meditare dalla venuta di un fanciullino che vuole salutarlo prima di partire per Gerusalemme.

«Gesù! Gesù!» chiama ad ogni scalino, non vedendo Gesù perché il muretto lo nasconde alla vista di chi è in basso.

E Gesù è così con­centrato che non sente la vocetta leggera e il passo da colombi­no... di modo che, quando il piccolo arriva sulla terrazza, Egli è ancora in quella posizione di sofferenza. E il bambino ne resta intimorito. Si ferma sul limitare della terrazza, si mette un di­tino fra le labbra e pensa... poi decide e lentamente viene avan­ti... ormai è quasi alle spalle di Gesù... si china per vedere ciò che fa... e dice:

«No, bello! Non piangere! Perché? Per quei brut­ti omacci di ieri? Lo diceva il padre mio con Giairo che sono in­degni di Te. Ma Tu non devi piangere. Io ti voglio bene. E te ne vuole la mia sorellina e Giacomo e Tobiolo, e Giovanna e Maria e Michea e tutti, tutti i bambini di Cafarnao. Non piangere più...», e gli si stringe al collo, carezzoso, finendo: «Altrimenti piangerò anche io, e piangerò sempre... per tutto il viaggio...».

«No, David, non piango più. Tu mi hai consolato. Sei solo? Quando partite?».

«Dopo il tramonto. Colla barca fino a Tiberiade. Vieni con noi. Il padre mio ti vuole bene, sai?».

«Lo so, caro. Ma devo andare da altri bambini... Io ti ringra­zio di essere venuto a salutarmi e ti benedico, piccolo Davide. Diamoci il bacio di addio e poi torna dalla mamma. Lo sa che sei qui?...».

«No. Sono scappato via perché non ti ho visto coi tuoi disce­poli e ho pensato che piangevi».

«Non piango più. Lo vedi. Va’, va’ dalla mamma che forse ti cerca con spavento. Addio. Sta attento agli asini delle carova­ne. Vedi? Ce ne sono fermi da ogni parte».

«Ma non piangi proprio più?».

«No. Non ho più dolore. Tu me lo hai levato. Grazie, bambi­no».

Il bambino scende saltellando la scaletta e Gesù lo osserva. Poi crolla il capo e torna al suo posto nella penosa meditazione di prima.

Passa del tempo. Il sole, nelle schiarite di nuvole, si mostra nella sua discesa. Un passo più pesante sulla scala. Gesù alza il viso. Vede Giairo che sta dirigendosi da Lui. Lo saluta. Ne è salutato con rispetto.

«Come mai qui, Giairo?».

«Signore! Io forse ho sbagliato. Ma Tu che vedi il cuore degli uomini vedrai che nel mio errore non era malanimo. Io non ti ho invitato alla sinagoga per parlare, oggi. Ma ho tanto sofferto per Te, ieri, e tanto ti ho visto soffrire che... non ho osato. Ho interrogato i tuoi. Mi hanno detto: “Vuole stare solo”... Ma poco fa è venuto Filippo, padre di Davide, dicendomi che il suo bam­bino ti ha visto piangere.

Ha detto che Tu lo hai ringraziato di essere venuto da Te. Sono venuto io pure. Maestro, chi ancora è a Cafarnao sta per adunarsi alla sinagoga. E la sinagoga mia è tua, Signore».

«Grazie, Giairo. Oggi parleranno altri in essa. Io verrò come semplice fedele...».

«Né vi saresti tenuto. Tua sinagoga è il mondo. Non vieni proprio, Maestro?».

«No, Giairo. Sto qui col mio Spirito davanti al Padre che mi capisce e che non trova colpe in Me».

 

Gesù ha un brillio di la­crime nell’occhio mesto.

«Io pure non trovo colpe in Te... Addio, Signore».

«Addio, Giairo».

E Gesù si siede di nuovo, sempre medita­bondo.

Leggera come una colomba sale, nella sua veste bianca, la figlia di Giairo. Guarda... Chiama piano: «Salvatore mio!».

Gesù volge il capo, la vede, le sorride, le dice: «Vieni a Me».

«Sì, mio Signore. Ma io vorrei portarti agli altri. Perché deve essere muta la sinagoga, oggi?».

«Vi è tuo padre e tanti altri per empirla di parole».

«Ma sono parole... La tua è la Parola. Oh! mio Signore! Con la tua parola mi hai restituito alla mamma e al padre mio, ed ero morta. Ma guarda quelli che ora vanno verso la sinagoga! Molti sono più morti di me allora. Vieni a dare loro la Vita».

«Figlia, tu la meritavi; essi... Nessuna parola può dare vita ad uno che per sé elegge la morte»

Sì, mio Signore. Ma vieni lo stesso. C’è anche chi vive sem­pre più, sentendoti... Vieni. Metti la tua mano nella mia e an­diamo. Io sono la testimonianza del tuo potere, e sono pronta a testimoniarlo anche davanti ai tuoi nemici, anche a prezzo che mi venga levata questa seconda vita, che d’altronde non è più mia. Tu me l’hai data, Maestro buono, per pietà di una madre e di un padre. Ma io...».

La fanciulla, una bella fanciulla già don­nina, dai dolci occhioni splendenti nel viso puro e intelligente, si arresta per un’onda di pianto che la strozza, gocciando dalle lunghe ciglia sulle guance.

«Perché piangi, ora?» chiede Gesù ponendole la mano sui capelli.

«Perché... mi è stato detto che Tu dici che morrai...».

«Tutti si muore, fanciulla».

«Ma non così come Tu dici! Io... oh! ora io non avrei voluto essere tornata viva, per non vedere ciò, per non esserci quan­do... questo orrore sarà...».

«Allora non ci saresti neppure stata per darmi la consola­zione che mi dai ora. Non sai che la parola, anche una sola, di un puro e di uno che mi ama, leva ogni pena da Me?».

«Sì? Oh! allora Tu non ne devi più avere perché io ti amo più del padre, della madre e della mia vita!».

«Così è».

«Allora vieni. Non stare solo. Parla per me, per Giairo, per la mamma, per il piccolo Davide, per quelli che ti amano, in­somma. Siamo tanti e saremo più ancora. Ma non stare solo. Viene malinconia» e, materna d’istinto come ogni donna one­sta, termina dicendo: «Con me vicino nessuno ti farà male. Ed io, del resto, ti difenderò».

Gesù si alza e l’accontenta. La mano nella mano, traversano le vie ed entrano nella sinagoga da una porta laterale.

Giairo, che sta leggendo ad alta voce un rotolo, sospende la lettura e dice, inchinandosi profondamente:

«Maestro, te ne prego, per i retti di cuore parla. Preparaci alla Pasqua con la tua santa parola».

«Stai leggendo dei Re, non è vero?».

«Sì, Maestro. Cercavo di fare riflettere che chi si separa dal Dio vero cade in idolatria di vitelli d’oro».

«Bene hai detto. Nessuno ha da dire nulla?».

Si alza un brusio fra la folla. Chi vuole che parli Gesù e chi urla:

«Abbiamo fretta. Si dicano le preghiere e si cessi l’adu­nanza. Andiamo a Gerusalemme, d’altronde, e là udremo i rabbi», e chi urla così sono i molti disertori di ieri, che il sabato ha trattenuto a Cafarnao.

Gesù li guarda con somma mestizia e dice:

«Avete fretta. È vero. Anche Dio ha fretta di giudicarvi. Andate pure».

Poi, vol­gendosi a quelli che li rimproverano, dice:

«Non li sgridate. Ogni pianta dà il suo frutto».

«Signore! Ripeti il gesto di Nehemia! Parla contro di loro, Tu, Sacerdote supremo!» grida sdegnato Giairo, e gli fanno co­ro gli apostoli, i discepoli fedeli e quelli di Cafarnao. Gesù apre le braccia a croce e, pallidissimo, un vero viso straziato eppure dolcissimo, grida:

«Ricordati di Me, o mio Dio! E in bene! E ricordati pure in bene di loro! Io li perdono!».

La sinagoga si svuota, rimanendo i fedeli a Gesù... E vi è uno straniero in un angolo. Un uomo robusto che nes­suno osserva, al quale nessuno parla. Del resto egli pure non parla con nessuno. Guarda solo fissamente Gesù, tanto che il Maestro volge il suo sguardo in quella direzione, lo vede e chie­de a Giairo chi sia.

«Non so. Uno di passaggio certo».

Gesù lo interpella: «Chi sei?».

«Nicolai, proselite di Antiochia, diretto a Gerusalemme per la Pasqua».

«Chi cerchi?».

«Te, Signore Gesù di Nazaret. Ho desiderio di parlarti».

«Vieni».

E avutolo vicino esce con lui nell’orto dietro la sina­goga per ascoltarlo. «Ho parlato ad Antiochia con un tuo discepolo di nome Feli­ce. Ho ardentemente desiderato di conoscerti. Mi ha detto che luogo di sosta tua è Cafarnao, e hai la Madre a Nazaret. E an­che che vai al Getsemani o a Betania. L’Eterno fa che io ti trovi al primo luogo. C’ero ieri... E ti ero presso stamane mentre Tu piangevi pregando, presso la fonte...

Ti amo, Signore. Perché sei santo e mite. Credo in Te. Le tue azioni, le tue parole mi avevano già fatto tuo. Ma la tua misericordia di poco fa, per i colpevoli, mi ha deciso. Signore, accoglimi al posto di chi ti ab­bandona! Vengo a Te con tutto quanto ho: la vita e i beni, tutto».

Si è inginocchiato dicendo le ultime parole. Gesù lo guarda fissamente... poi dice:

«Vieni. Da oggi sarai del Maestro. Andiamo dai tuoi compagni».

Tornano nella sinagoga, dove è un grande parlare dei disce­poli e degli apostoli con Giairo.

«Ecco un nuovo discepolo. Il Padre mi consola. Amatelo co­me un fratello. Andiamo con lui a dividere il pane e il sale. Poi nella notte voi partirete con lui per Gerusalemme e noi con le barche andremo a Ippo... E non dite la mia strada a nessuno, onde Io non sia trattenuto».

Ma intanto il sabato è finito, e quelli che vogliono fuggire Gesù sono sulla spiaggia, per contrattare i traghetti per Tiberiade. E litigano con Zebedeo che non vuole cedere la sua barca, già pronta, vicina a quella di Pietro, per la partenza nel­la notte di Gesù con i dodici.

«Io vado ad aiutarlo!» dice Pietro che è irritato. Gesù, ad evitare urti troppo forti, lo trattiene dicendo:

«An­diamo tutti, non tu solo».

E vanno... E gustano l’amarezza di vedere che i fuggenti se ne vanno senza un saluto, tagliando netto ogni discussione pur di allontanarsi da Gesù... e sentono anche qualche insulto spre­gevole e consigli acri ai fedeli discepoli... Gesù si volge per tornare a casa dopo che la turba ostile se ne è andata, e dice al nuovo discepolo:

«Li senti? Questo è ciò che ti attende venendo a Me».

«Lo so. Per questo resto. Ti avevo visto in un giorno glorioso fra folla che ti acclamava salutandoti “re”. Ho scosso le spalle dicendo: “Un altro povero illuso! Un’altra piaga per Israele!”, e non ti ho seguito perché parevi un re, e neppure a Te pensavo più. Ora ti seguo perché nelle tue parole e nella tua bontà vedo il promesso Messia».

«In verità tu sei più giusto di molti altri. Però ancora una volta lo dico.

Chi spera in Me un re terreno si ritiri.

Chi sente che si vergognerà di Me nel cospetto del mondo accusatore si ri­tiri.

Chi si scandalizzerà di vedermi trattato da malfattore si ri­tiri.

Ve lo dico mentre ancora potete farlo senza essere compro­messi agli occhi del mondo. Imitate coloro che fuggono su quelle barche, se non vi sentite di condividere la mia sorte nell’obbro­brio per poterla condividere poi nella gloria. Perché questo sta per avvenire: il Figlio dell’Uomo sta per essere accusato e messo poi nelle mani degli uomini, i quali Lo uccideranno come un malfattore e crederanno di averlo vinto. Ma inutilmente avranno fatto il loro delitto. Perché Io risorgerò dopo tre giorni e trion­ferò. Beati quelli che sapranno essere con me fino alla fine!».

Sono giunti alla casa e Gesù affida ai discepoli il nuovo venuto, salendo da solo dove era prima. Anzi entra nella stanza superiore e si siede, pensando. Salgono dopo un poco l’Iscariota con Pietro.

«Maestro, Giuda mi ha fatto riflettere a delle cose giuste».

«Dille».

«Tu prendi questo Nicolai, un proselite, e del quale ignoria­mo il passato. Già tante noie abbiamo avuto... e abbiamo. E ora? Che sappiamo di lui? Possiamo fidarci? Giuda giustamen­te dice che potrebbe essere una spia mandata dai nemici».

«Ma sì! Un traditore! Perché non vuole dire da dove viene e chi lo manda? Io l’ho interrogato, ma dice solo: “Sono Nicolai di Antiochia, proselite”. Io ho fieri sospetti».

«Ti ricordo che egli viene perché mi vede tradito».

«Può essere menzogna! Può essere un tradimento!».

«Chi dovunque vede menzogna o vede tradimento è anima capace di tali cose, perché si misura sul proprio modello» dice serio Gesù.

«Signore, Tu mi offendi!» grida Giuda sdegnato.

«Lasciami, dunque, e vai con chi mi abbandona».

Giuda esce sbatacchiando la porta con mal modo.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

HA FATTO BENE OGNI COSA: FA UDIRE I SORDI E FA PARLARE I MUTI.

Post n°192 pubblicato il 06 Settembre 2015 da IOSONOLAVITA1

Domenica 6 settembre 2015

XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Fa udire i sordi e fa parlare i muti. 

 Dal Vangelo secondo Marco (Mc 7,31-37)

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e Lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più Egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!». Parola del Signore

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

«CORAGGIO, SONO IO, NON ABBIATE PAURA!».

Post n°191 pubblicato il 04 Agosto 2015 da IOSONOLAVITA1

UOMO DI POCA FEDE, PERCHÉ HAI DUBITATO

 

Dal Vangelo secondo Matteo(Mt 14,22-36)

Dopo che la folla ebbe mangiato, subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte Egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono Io, non abbiate paura!». Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei Tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed Egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca Fede, perché hai dubitato?». Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a Lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!». Compiuta la traversata, approdarono a Gennèsaret. E la gente del luogo, riconosciuto Gesù, diffuse la notizia in tutta la regione; gli portarono tutti i malati e Lo pregavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello. E quanti lo toccarono furono guariti. Parola del Signore

 COMMENTO

Gesù cammina sempre accanto a noi e noi spesso non Lo riconosciamo oppure non abbiamo la Fede per vivere la sua Parola.
“Coraggio, sono Io, non abbiate paura!”, questo dice il Signore all’anima che Lo cerca con umiltà di cuore.
Per ascoltare la sua voce viene richiesta una Fede sicura, l’abbandono in Lui, la certezza che Gesù è Dio e che ci ama più di tutti.
La Fede in Gesù ci permette di agire accompagnati dalla sua onnipotenza, con Lui possiamo tutto: senza di Lui siamo incapaci di fare un solo passo. Tutte le opere compiute senza Gesù non danno meriti, non permettono un avanzamento spirituale ma schiacciano sempre verso l’umano.
Dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci Gesù salì su un monte vicino e, fattasi notte, rimase lì solo, in colloquio col suo Padre celeste. Dall’alto Gesù vede gli Apostoli già in mare aperto, in pericolo sulla barca, squassata dalle onde a causa del vento contrario.
“Verso la fine della notte”, prima che spuntasse il sole, “Egli venne verso di loro camminando sul mare”. I discepoli non riuscivano a distinguere bene la figura di Gesù, intanto lottavano contro le onde e il vento ed ebbero paura.
Quando la Fede diminuisce, le difficoltà si ingigantiscono.
Ai discepoli impauriti Gesù va in loro soccorso e si fa riconoscere: “Coraggio, sono Io, non abbiate paura!”. Le stesse parole le ripete a tutti coloro che Lo invocano quando sono in difficoltà e non sanno come fare per superare le prove della vita.
Gesù è sempre vicino a chi Lo invoca, non bisogna invocarlo solamente nel bisogno, noi abbiamo sempre necessità del suo aiuto.
Gesù Cristo si presenta sempre nella vita del cristiano, dando conforto e serenità.
Non hanno importanza l’ambiente, le difficoltà che sono presenti nella nostra vita, se con Fede e fiducia ci volgiamo verso Gesù che ci aspetta. Non conta che le onde siano molto alte e il vento forte.
Se volgiamo lo sguardo a Gesù tutto ci sarà possibile: e questo guardarlo è la virtù della Pietà.
Se mediante la preghiera e i Sacramenti rimaniamo uniti a Cristo, resteremo saldi nel nostro cammino di Fede. Distogliere lo sguardo da Cristo è andare a fondo, diventare incapaci di fare un solo passo, anche in terra ferma.
Dio chiede a volte cose apparentemente impossibili, che diventano realtà quando agiamo con Fede, con lo sguardo rivolto a Lui.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

NOVENA ALLO SPIRITO SANTO

Post n°190 pubblicato il 16 Maggio 2015 da IOSONOLAVITA1

 

NOVENA ALLO SPIRITO SANTO

Per la Solennità di Pentecoste

 

Nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo

 

Invocazione iniziale a Maria

O Vergine Maria,

Vergine dello Spirito Santo,

accompagnaci in questa Novena

secondo il Tuo Cuore,

per rendere allo Spirito Santo il culto che Gli è gradito,

con la preghiera che, in noi,

prenderà forma da Lui Stesso.

Ti ringraziamo con il cuore di figli.

 

 Spirito Santo, fa che seguendoTi nella consapevolezza e nella gioia del dono della Tua presenza, viviamo la nostra missione di testimoniare Cristo, portandoLo a tutti i nostri fratelli e sorelle, sia a chi non Lo conosce, sia a chi se ne è allontanato. La Tua Grazia supplisca ai nostri limiti umani, perché sia il tuo Amore la Luce che splende per tutti.

 

Vieni, Santo Spirito,

manda a noi dal cielo

un raggio della tua luce.

 

Vieni, padre dei poveri,

vieni, datore dei doni,

vieni, luce dei cuori.

 

Consolatore perfetto,

ospite dolce dell'anima,

dolcissimo sollievo.

 

Nella fatica, riposo,

nella calura, riparo,

nel pianto, conforto.

 

O luce beatissima,

invadi nell'intimo

il cuore dei tuoi fedeli.

 

Senza la tua forza,

nulla è nell'uomo,

nulla senza colpa.

 

Lava ciò che è sordido,

bagna ciò che è arido,

sana ciò che sanguina.

 

Piega ciò che è rigido,

scalda ciò che è gelido,

drizza ciò ch'è sviato.

 

Dona ai tuoi fedeli

che solo in te confidano

i tuoi santi doni.

 

Dona virtù e premio,

dona morte santa,

dona gioia eterna!

 

Tre Gloria al Padre

 

Vieni in me, Spirito Santo.

Vieni e riempi i cuori dei tuoi fedeli

e accendi in essi il fuoco del tuo Amore.

VOTA
CONTRIBUISCI ALLA DIFFUSIONE
DELLA 'AMORE E DELLA PAROLA DI DIO.GRAZIE
 

classifiche

 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

DIO E' AMORE

Post n°189 pubblicato il 30 Aprile 2015 da IOSONOLAVITA1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PERCHE' CERCATE IL VIVENTE TRA I MORTI?

Gesù apparve a Maria Maddalena 
perché in qualche anno aveva purificato nell’adorazione del Maestro i molti anni di peccati innominabili.

Quando una persona segue Gesù docilmente e vive il Vangelo, trova dalla sua parte il Paradiso, Dio si china per aiutarla in tutte le necessità e la eleva sempre più ad una santità di vita meravigliosa. Dio Padre per amore nostro mandò l’unico Figlio a morire in Croce, a patire una morte orribile. Come non dona Grazie e benedizioni a quanti chiedono ed offrono i loro cuori pieni di adorazione?
 

Gesù ci chiede un cuore buono e puro, ma non si cambia in poco tempo, è un lungo cammino di purificazione e conversione.

Maria Maddalena riuscì a compiere una stupefacente inversione di rotta anche perché di nascosto andava ad ascoltare le prediche e le parabole di Gesù. Quelle parole profonde, perfette e dure la illuminarono e convinsero a rientrare in sé e a porsi le domande fondamentali sulla vita che conduceva. Pensate se invece avesse ascoltato un’omelia modernista che giustifica i peccati anche quelli sessuali, non avrebbe cambiato il modo di vivere.

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

GESU' CONFIDO IN TE

Post n°188 pubblicato il 12 Aprile 2015 da IOSONOLAVITA1

http://imblog.aufeminin.com/blog/D20110606/233248_436561226_gesu-confido-in-te_H100259_L.jpg

http://static.holyart.it/images/holyart/108239/AP001014.jpg

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

GESU' CONFIDO IN TE

Post n°187 pubblicato il 12 Aprile 2015 da IOSONOLAVITA1

IL  CULTO  DELLA  DIVINA  MISERICORDIA

Don I. Rozycki parlando delle forme di devozione alla Divina Misericordia trasmesse attraverso Santa Faustina Kowalska, elenca:

Venerazione dell’immagine di Gesù Misericordioso;

la Festa della Misericordia;

la Coroncina alla Divina Misericordia;

l’Ora della Misericordia;

la Diffusione del Culto della Divina Misericordia;

L’Apostolato della Divina Misericordia.

Sono evidenziate queste e non altre preghiere e pratiche religiose, in quanto ad esse sono legate promesse speciali, che si riferiscono a tutti, non solo alla stessa Suor Faustina, come in caso dell’atto: “O Sangue e Acqua...” o della Novena.

“Ogni atto di venerazione della Divina Misericordia deve essere un’espressione di fiducia e deve essere legato alla pratica della misericordia verso il prossimo, se al devoto della Misericordia deve assicurare tutti quei benefici che Gesù ha legato a tale devozione” (R., p. 19).

Venerazione dell’immagine di Gesù Misericordioso

Il disegno essenziale di questo quadro è stato mostrato a Suor Faustina nella visione del 22 febbraio 1931 nella cella del convento di Płock.


La sera, stando nella mia cella -scrive Suor Faustina- vidi il Signore Gesù vestito di una veste bianca: una mano alzata per benedire mentre l’altra toccava sul petto la veste, che ivi leggermente scostata lasciava uscire due grandi raggi, rosso l’uno e l’altro pallido (...) Dopo un istante, Gesù mi disse: Dipingi un’immagine secondo il modello che vedi, con sotto scritto: Gesù confido in Te” (Q. I, p. 26).

Tre anni dopo a Vilnius Gesù ha spiegato il significato dei raggi: ”I due raggi rappresentano il Sangue e l’Acqua” (Q. I, p. 132). Non si tratta qui di un qualche effetto artistico, ma di una simbologia del quadro estremamente profonda.

Agli elementi essenziali del quadro appartengono le parole poste in basso: “Gesù, confido in Te”.

Gesù parlava di ciò già durante la prima apparizione a Płock e poi a Vilnius: ”Gesù mi ricordò (...) che queste tre parole dovevano essere messe in evidenza” (Q. I, p. 138). Non si tratta qui del numero delle parole, ma del loro senso integralmente legato al disegno e al contenuto del quadro.

Gesù ha definito un altro particolare di questo quadro, ha detto infatti:

“Il Mio sguardo da questa immagine è tale e quale al Mio sguardo dalla croce” (Q. I, p. 140).

La questione dello sguardo non è dunque senza importanza, se lo stesso Gesù mette l’accento su di essa, dando un significato a questo particolare. E qui incontriamo una doppia interpretazione di questo desiderio di Gesù: alcuni -e tra loro don Sopocko- leggono queste parole in modo realistico e dicono che lo sguardo deve essere diretto in basso come dall’alto della croce; altri credono, che si tratti dello sguardo che esprime la misericordia (tra loro padre J. Andrasz, il secondo direttore spirituale di Suor Faustina).

A seconda di questa interpretazione sono sorte -si può dire- due “scuole” di rappresentazione dell’immagine del Gesù Misericordioso: una ha il suo modello nel dipinto di E. Kazimirowski, mentre la seconda nel dipinto di A. Hyla, del santuario della Divina Misericordia a Cracovia.

Senza significato invece sembra essere la questione dell’altezza della mano destra. Don M. Sopocko credeva che la mano dovesse essere alzata solo all’altezza della spalla. Nel Diario invece troviamo solo questo: “La mano destra è alzata per benedire”. È la cosa più importante, mentre invece se la mano è alzata all’altezza della spalla oppure più in alto, non ha alcun significato per il contenuto del quadro.

Quale è il significato di questo quadro?

Il cosiddetto “luogo teologico” è stato indicato dallo stesso Gesù, legando la benedizione del quadro e la sua pubblica venerazione alla liturgia della prima domenica dopo Pasqua. La Chiesa legge in quel giorno il Vangelo sull’apparizione di Gesù risorto nel Cenacolo e sull’istituzione del Sacramento della Penitenza
(Gv 20,19-29).

A questa scena del Cenacolo si sovrappone l’avvenimento del Venerdì Santo: la crocifissione e la trafittura del Cuore di Gesù con la lancia.

“Entrambi i raggi uscirono dall’intimo della Mia misericordia, quando sulla croce il Mio Cuore, già in agonia, venne squarciato con la lancia” (Q. I, p. 132).

Di questo scrive San Giovanni nel 19° capitolo del Vangelo. Gesù ha spiegato poi che “il raggio pallido rappresenta l’Acqua che giustifica le anime; il raggio rosso rappresenta il Sangue che è la vita delle anime” (Q. I, p. 132).

San Tommaso, riferendosi ai Padri della Chiesa, unisce la simbologia dell’acqua e del Sangue con il Sacramento del Battesimo e con l’Eucarestia, cosa che può essere riferita anche agli altri Sacramenti. “Alla luce del Vangelo di Giovanni -scrive don I. Rozycki- l’acqua e il sangue (...) stanno a significare le Grazie dello Spirito Santo, che ci sono state donate per la morte di Cristo. I due raggi rappresentati sul dipinto di Gesù Misericordioso possiedono questo stesso profondo significato” (R., p. 20).

L’immagine del Gesù Misericordioso spesso viene identificata come quella della Divina Misericordia e giustamente poiché‚ nella Passione, Morte e Risurrezione di Cristo la misericordia di Dio verso l’uomo si è rivelata con totale pienezza.


In cosa consiste il culto dell’immagine della Divina Misericordia?


L’immagine occupa una posizione chiave in tutta la devozione alla Divina Misericordia, poiché costituisce una visibile sintesi degli elementi essenziali di questa devozione: esso ricorda l’essenza del culto, l’infinita fiducia nel buon Dio e il dovere della carità misericordiosa verso il prossimo. Della fiducia parla chiaramente l’atto che si trova nella parte bassa del quadro: “Gesù, confido in Te”.

L’immagine che rappresenta la misericordia di Dio deve essere per chiara volontà di Gesù un segno che ricordi l’essenziale dovere cristiano, cioè l’attiva carità verso il prossimo. “Essa deve ricordare le esigenze della Mia misericordia, poiché‚ anche la Fede più forte non serve a nulla senza le opere” (Q. II, p. 278). La venerazione del quadro dunque consiste nell’unione di una orazione fiduciosa con la pratica di atti di misericordia.

Le promesse legate alla venerazione dell’immagine.

Gesù ha definito con molta chiarezza tre promesse:

1- “L’anima che venererà questa immagine, non perirà” (Q. I, p. 18): cioè ha promesso la salvezza eterna.

2- “Prometto pure già su questa terra (...) la vittoria sui nemici” (Q. I, p. 18): si tratta dei nemici della salvezza e del raggiungimento di grandi progressi sulla via della perfezione cristiana.

3- “Io stesso la difenderò come Mia propria gloria” nell’ora della morte (Q. I, p. 26): ha cioè promesso la Grazia di una morte felice.

La generosità di Gesù non si limita a queste tre Grazie particolari. Poiché‚ ha detto: “Porgo agli uomini il recipiente, col quale debbono venire ad attingere le Grazie alla sorgente della misericordia” (Q. I, p. 141). Non ha posto alcun limite alla grandezza di queste Grazie e dei benefici terreni, che ci si può aspettare, venerando con incrollabile fiducia l’immagine della Divina Misericordia.

La festa della Misericordia


È la più importante di tutte le forme di devozione alla Divina Misericordia. Gesù parlò per la prima volta del desiderio di istituire questa festa a Suor Faustina a Plock nel 1931, quando le trasmetteva la sua volontà per quanto riguardava il quadro:

“Io desidero che vi sia una festa della Misericordia. Voglio che l’immagine, che dipingerai con il pennello, venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua; questa domenica deve essere la festa della Misericordia” (Q. I, p. 27).

Negli anni successivi -secondo gli studi di don I. Rozycki- Gesù è ritornato a fare questa richiesta addirittura in 14 apparizioni definendo con precisione il giorno della festa nel calendario liturgico della Chiesa, la causa e lo scopo della sua istituzione, il modo di prepararla e di celebrarla come pure le Grazie ad essa legate.

La scelta della prima domenica dopo Pasqua ha un suo profondo senso teologico: indica lo stretto legame tra il mistero pasquale della Redenzione e la festa della Misericordia, cosa che ha notato anche Suor Faustina: ”Ora vedo che l’opera della Redenzione è collegata con l’opera della Misericordia richiesta dal Signore” (Q. I, p. 46). Questo legame è sottolineato ulteriormente dalla Novena che precede la festa e che inizia il Venerdì Santo.

Gesù ha spiegato la ragione per cui ha chiesto l’istituzione della festa: ”Le anime periscono, nonostante la Mia dolorosa Passione (...). Se non adoreranno la Mia Misericordia, periranno per sempre”
(Q. II, p. 345).

La preparazione alla festa deve essere una Novena, che consiste nella recita, cominciando dal Venerdì Santo, della Coroncina alla Divina Misericordia. Questa Novena è stata desiderata da Gesù ed Egli ha detto a proposito di essa che “elargirà Grazie di ogni genere” (Q. II, p. 294).

Per quanto riguarda il modo di celebrare la festa Gesù ha espresso due desideri:

- che il quadro della Misericordia sia quel giorno solennemente benedetto e pubblicamente, cioè liturgicamente, venerato;

- che i Sacerdoti parlino alle anime di questa grande e insondabile Misericordia Divina (Q. II, p. 227) e in tal modo risveglino nei fedeli la fiducia.

“Sì, -ha detto Gesù- la prima domenica dopo Pasqua è la festa della Misericordia, ma deve esserci anche l’azione ed esigo il culto della Mia Misericordia con la solenne celebrazione di questa festa e col culto all’immagine che è stata dipinta”
(Q. II, p. 278)

La grandezza di questa festa è dimostrata dalle promesse:

- “In quel giorno, chi si accosterà alla sorgente della vita questi conseguirà la remissione totale delle colpe e delle pene” (Q. I, p. 132) ha detto Gesù.

Una particolare Grazia è legata alla Comunione ricevuta quel giorno in modo degno: “La remissione totale delle colpe e castighi”.

Questa Grazia -spiega don I. Rozycki- “è qualcosa di decisamente più grande che la indulgenza plenaria. Quest’ultima consiste infatti solo nel rimettere le pene temporali, meritate per i peccati commessi (...). È essenzialmente più grande anche delle Grazie dei sei Sacramenti, tranne il Sacramento del Battesimo, poiché‚ la remissione delle colpe e dei castighi è solo una Grazia sacramentale del Santo Battesimo.

Invece nelle promesse riportate Cristo ha legato la remissione dei peccati e dei castighi con la Comunione ricevuta nella festa della Misericordia, ossia da questo punto di vista l’ha innalzata al rango di “secondo battesimo”.

È chiaro che la Comunione ricevuta nella festa della Misericordia deve essere non solo degna, ma anche adempiere alle fondamentali esigenze della devozione alla Divina Misericordia” (R., p. 25). La Comunione deve essere ricevuta il giorno della festa della Misericordia, invece la Confessione -come dice don I. Rozycki- può essere fatta prima (anche qualche giorno). L’importante è non avere alcun peccato.

Gesù non ha limitato la sua generosità solo a questa, anche se eccezionale, Grazia. Infatti ha detto che ”riverserà tutto un mare di Grazie sulle anime che si avvicinano alla sorgente della Mia misericordia”, poiché‚ ”in quel giorno sono aperti tutti i canali attraverso i quali scorrono le Grazie Divine. Nessuna anima abbia paura di accostarsi a Me anche se i suoi peccati fossero come lo scarlatto(Q. II, p. 267).

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

CONTINUA

Post n°186 pubblicato il 12 Aprile 2015 da IOSONOLAVITA1

Don I. Rozycki scrive che una incomparabile grandezza delle Grazie legate a questa festa si manifesta in tre modi:

1- tutte le persone, anche quelle che prima non nutrivano devozione alla Divina Misericordia e persino i peccatori che solo quel giorno si convertissero, possono partecipare alle Grazie che Gesù ha preparato per la festa;

Gesù ha legato alla recita di questa Coroncina una promessa generale e promesse particolari:

- La promessa generale legata alla Coroncina è:

“Per la recita di questa coroncina Mi piace concedere tutto ciò che Mi chiederanno” (Q. V, p. 508).

“Con essa -ha detto un’ altra volta Gesù- otterrai tutto, se quello che chiedi è conforme alla Mia volontà” (Q. VI, p. 568).

La volontà di Dio è espressione del Suo amore per l’uomo, dunque tutto ciò che è in disaccordo con essa o è un male o è dannoso e non può essere dispensato neanche dal Padre.

- Le promesse particolari legate alla Coroncina riguardano l’ora della morte:

“Chiunque la reciterà otterrà tanta misericordia nell’ora della morte. (...) Anche se si trattasse del peccatore più incallito se recita questa Coroncina una volta sola, otterrà la Grazia della Mia infinita misericordia” (Q. II, p. 263).

Si tratta qui della Grazia della conversione e di una morte nel timore di Dio e nello stato di Grazia. La grandezza della promessa consiste nel fatto che condizione per ottenere la Grazia è recitare almeno una volta tutta la Coroncina così come Gesù l’ha chiesto con fiducia, umiltà e dolore per i peccati. La stessa Grazia -di conversione e remissione dei peccati- sarà ricevuta dagli agonizzanti, se altri accanto la reciteranno.

Gesù ha fatto notare tre condizioni necessarie perché‚ le preghiere in quell’ora siano esaudite:

1- la preghiera deve essere diretta a Gesù e dovrebbe aver luogo alle tre del pomeriggio;

2- deve riferirsi ai meriti della Sua dolorosa Passione.

“In quell’ora - dice Gesù - non rifiuterò nulla all’anima che Mi prega per la Mia Passione” (Q. IV, p. 440).

3- Bisogna aggiungere ancora che l’intenzione della preghiera deve essere in accordo con la volontà di Dio, e la preghiera deve essere fiduciosa, costante e unita alla pratica della carità attiva verso il prossimo, condizione di ogni forma del culto della Divina Misericordia.

2- Gesù vuole in quel giorno regalare agli uomini non solo le Grazie salvificanti, ma anche benefici terreni, sia alle singole persone sia ad intere comunità;

3- tutte le Grazie e benefici sono in quel giorno accessibili per tutti, a patto che siano chieste con grande fiducia (R., p. 25-26).

Questa grande ricchezza di Grazie e benefici non è stata da Cristo legata ad alcuna altra forma di devozione alla Divina Misericordia.

Il culto della Divina Misericordia nella prima domenica dopo Pasqua nel santuario di Cracovia - Lagiewniki era già presente nel 1944. La partecipazione alle funzioni era così numerosa che la Congregazione ha ottenuto l’indulgenza plenaria, concessa nel 1951 per sette anni dal card. Adam Sapieha. Dalle pagine del Diario sappiamo che Suor Faustina fu la prima a celebrare individualmente questa festa, con il permesso del confessore.

La coroncina alla Divina Misericordia

Questa preghiera era stata dettata a Suor Faustina da Gesù il 13 e il 14 settembre 1935 a Vilnius. Nella sua cella ha avuto la visione di un Angelo, venuto a castigare la terra per i peccati. Quando ha visto questo segno dell’ira di Dio ha cominciato a chiedere all’Angelo di attendere ancora poiché‚ il mondo avrebbe fatto penitenza. Quando però si è trovata al cospetto della Santissima Trinità non ha avuto il coraggio di ripetere la supplica.

Solo quando nell’anima ha sentito la forza della Grazia di Gesù ha cominciato a pregare con le parole che aveva udito interiormente (erano le parole della Coroncina alla Divina Misericordia) e allora ha visto che il castigo è stato allontanato dalla terra. Il mattino dopo, entrata in cappella, Gesù ancora una volta le ha insegnato con esattezza come bisogna recitare questa preghiera. (Q. I, p. 192 - Q. I, p. 193).

Don I. Rozycki spiegando il contenuto della Coroncina dice che in essa offriamo a Dio Padre “il Corpo e il Sangue, l’Anima e la Divinità” di Gesù Cristo, Figlio di Dio, cioè la Sua Divina Persona e la Sua Umanità, non la stessa natura di Dio, che è comune al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo e come tale non può essere offerta a Dio Padre. Possiamo invece offrire tutta la Persona del Figlio di Dio Incarnato, poiché‚ Egli stesso “ha dato se stesso per noi quale offerta e sacrificio” (Ef 5,2).

Recitando la Coroncina ci uniamo all’offerta di Gesù fatta sulla croce “in espiazione dei nostri peccati e di quelli del mondo intero”. In essa offriamo a Dio Padre il Suo Amatissimo Figlio e dunque ci appelliamo al “motivo più forte per essere esauditi da Dio” (R., p. 27).

Sui grani dell’Ave Maria del Rosario ripetiamo:

“Per la Sua dolorosa passione abbi misericordia di noi e del mondo intero”,

che significa -secondo lo spirito della devozione- appellarsi non tanto alla riparazione fatta da Cristo sulla croce, quanto alla Sua misericordia, che vuole offrirsi agli uomini.

La recita di questa preghiera è anche un atto di misericordia, poiché‚ in essa chiediamo “la misericordia per noi e per il mondo intero”.

Il pronome “noi” sta a significare, secondo la spiegazione di don I. Rozycki, la persona che recita la preghiera e coloro per i quali desidera o è obbligata a pregare. Invece “il mondo intero” sono tutte le persone che vivono sulla terra e le Anime che soffrono in Purgatorio.

La formula della Coroncina è destinata alla recita comunitaria o individuale, senza differenza, e perciò non bisogna cambiare o aggiungere altre parole. La trasformazione invece delle parole nell’espressione: “mondo intero” a “tutto il mondo” è corretta, perché‚ in nulla cambia il testo della Coroncina ed è più esatta nella lingua polacca.

Gesù ha legato alla recita di questa Coroncina una promessa generale e promesse particolari:

- La promessa generale legata alla Coroncina è:

“Per la recita di questa coroncina Mi piace concedere tutto ciò che Mi chiederanno” (Q. V, p. 508).

“Con essa -ha detto un’ altra volta Gesù- otterrai tutto, se quello che chiedi è conforme alla Mia volontà” (Q. VI, p. 568).

La volontà di Dio è espressione del Suo amore per l’uomo, dunque tutto ciò che è in disaccordo con essa o è un male o è dannoso e non può essere dispensato neanche dal Padre.

- Le promesse particolari legate alla Coroncina riguardano l’ora della morte:

“Chiunque la reciterà otterrà tanta misericordia nell’ora della morte. (...) Anche se si trattasse del peccatore più incallito se recita questa Coroncina una volta sola, otterrà la Grazia della Mia infinita misericordia” (Q. II, p. 263).

Si tratta qui della Grazia della conversione e di una morte nel timore di Dio e nello stato di Grazia. La grandezza della promessa consiste nel fatto che condizione per ottenere la Grazia è recitare almeno una volta tutta la Coroncina così come Gesù l’ha chiesto con fiducia, umiltà e dolore per i peccati. La stessa Grazia -di conversione e remissione dei peccati- sarà ricevuta dagli agonizzanti, se altri accanto la reciteranno.

Gesù ha fatto notare tre condizioni necessarie perché‚ le preghiere in quell’ora siano esaudite:

1- la preghiera deve essere diretta a Gesù e dovrebbe aver luogo alle tre del pomeriggio;

2- deve riferirsi ai meriti della Sua dolorosa Passione.

“In quell’ora - dice Gesù - non rifiuterò nulla all’anima che Mi prega per la Mia Passione”
(Q. IV, p. 440).

3- Bisogna aggiungere ancora che l’intenzione della preghiera deve essere in accordo con la volontà di Dio, e la preghiera deve essere fiduciosa, costante e unita alla pratica della carità attiva verso il prossimo, condizione di ogni forma del culto della Divina Misericordia.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

CONTINUA

Post n°185 pubblicato il 12 Aprile 2015 da IOSONOLAVITA1

La recita della Coroncina deve essere così composta

All’inizio il Segno di Croce : Nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo

Segue:

1 Padre Nostro – 1 Ave Maria – Credo

sui grani del Padre Nostro o che sono comunque staccati dalla decina successiva si recita:

Eterno Padre, ti offro il Corpo, il Sangue, l’Anima e la Divinità del Tuo dilettissimo Figlio e Signore nostro Gesù Cristo in espiazione dei nostri peccati e di quelli del mondo intero.

sui grandi dell’Ave Maria si recita per dieci volte consecutivamente:

Per la sua dolorosa Passione, abbi misericordia di noi e del mondo intero.

dopo aver ripetuto la sequenza per 5 volte alla fine si recita per 3 volte consecutivamente:

Dio Santo, Dio Forte, Dio Immortale, abbi pietà di noi e del mondo intero

Si conclude la preghiera facendosi li segno della Croce: nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

L’ora della Misericordia

Nell’ottobre 1937 a Cracovia, in circostanze non meglio specificate da Suor Faustina, Gesù ha raccomandato di onorare l’ora della propria morte, che Lui stesso ha chiamato “un’ora di grande Misericordia per il mondo intero” (Q. IV pag. 440).

“In quell’ora -ha detto successivamente- fu fatta Grazia al mondo intero, la Misericordia vinse la giustizia” (Q V, pag. 517).

Gesù ha insegnato a Suor Faustina come celebrare l’ora della Misericordia e ha raccomandato di:

1- invocare la misericordia di Dio per tutto il mondo, soprattutto per i peccatori;

2- meditare la Sua passione, soprattutto l’abbandono nel momento dell’agonia e, in quel caso ha promesso la Grazia della comprensione del suo valore.

3- Consigliava in modo particolare: “in quell’ora cerca di fare la Via Crucis, se i tuoi impegni lo permettono e se non puoi fare la Via Crucis entra almeno per un momento in cappella ed onora il mio Cuore che nel SS.mo Sacramento è pieno di misericordia. E se non puoi andare in cappella, raccogliti in preghiera almeno per un breve momento là dove ti trovi” (Q V, pag. 517).

Gesù ha fatto notare tre condizioni necessarie perché le preghiere in quell’ora siano esaudite:

la preghiera deve essere diretta a Gesù e dovrebbe aver luogo alle tre del pomeriggio;

deve riferirsi ai meriti della Sua dolorosa passione.

“In quell’ora -dice Gesù- non rifiuterò nulla all’anima che Mi prega per la Mia Passione” (Q IV, pag. 440).

Bisogna aggiungere ancora che l’intenzione della preghiera deve essere in accordo con la Volontà di Dio, e la preghiera deve essere fiduciosa, costante e unita alla pratica della carità attiva verso il prossimo, condizione di ogni forma del Culto della Divina Misericordia.

Diffusione del culto della Divina Misericordia

Parlando delle forme di devozione alla Divina Misericordia don I. Rozycki menziona anche la diffusione del culto della Misericordia, poiché‚ anche a questa forma sono legate promesse. A tutti promette protezione materna durante l’intera esistenza e “tutte le anime che adoreranno la Mia misericordia e ne diffonderanno il culto (...) queste anime nell’ora della morte non avranno paura. La Mia misericordia le proteggerà in quell’ultima lotta” (Q. V, p. 508).

A tutti sono dirette dunque due promesse:

1- la prima riguarda la protezione materna in tutta la vita,

2- la seconda riguarda l’ora della morte.

Un particolare invito Gesù rivolge ai Sacerdoti assicurando che “i peccatori induriti si inteneriranno alle loro parole, quando essi parleranno della Mia sconfinata misericordia e della compassione che ho per loro nel Mio Cuore” (Q. V, p. 504).

Gesù non definisce -oltre all’omelia- altri modi di diffusione del culto della Misericordia, dunque essi possono essere intesi abbastanza largamente. Essere apostolo della Misericordia di Dio significa innanzitutto dare testimonianza di vita nello spirito di fiducia in Dio e di misericordia verso il prossimo. Tale esempio ci ha lasciato Suor Faustina, esempio che attira gli altri alla fiducia totale in Dio infinitamente buono e onnipotente, e a fare atti di carità verso il prossimo.

L’Apostolato della Divina Misericordia

Il 27 giugno 1938 ha scritto nel Diario: “Il Signore mi ha fatto conoscere la sua volontà quasi in tre sfumature, pur essendo una cosa sola” (Q. III, p. 393). Così dunque questa “nuova congregazione” possiede come “tre forme”.

La prima è costituita dalle “anime isolate dal mondo/ che/ arderanno come vittime davanti al trono di Dio ed impetreranno la Misericordia per il mondo intero... Ed imploreranno benedizioni per i Sacerdoti e con la loro preghiera prepareranno il mondo per la venuta finale di Gesù”
(Q. III, p. 393).

La seconda ”sfumatura” sono le congregazioni che uniscono la preghiera agli atti di misericordia. “In modo particolare proteggeranno dal male le anime dei bambini (...) si impegneranno a risvegliare l’amore e la Misericordia di Gesù nel mondo pieno di egoismo”
(Q. III, p. 393).

La terza “sfumatura” deve essere costituita dalle persone che vivono fuori dai conventi. A questo gruppo “possono appartenere tutte le persone che vivono nel mondo”, che pregheranno e compiranno azioni di misericordia, almeno una al giorno. Pur non essendo “vincolati da alcun voto”, tuttavia “parteciperanno a tutti i meriti e privilegi della comunità” (Q. III, p. 393).

Come si deduce dalla descrizione di Suor Faustina, non si tratta di una congregazione in senso stretto, ma di una unica grande comunità di persone, di varie condizioni e vocazioni, che sono unite dal mistero della Divina Misericordia.

È una comunità di persone, che attraverso la pratica della devozione alla Misericordia Divina vive con lo spirito evangelico di fiducia e di Misericordia e cerca di realizzare i compiti che Gesù ha affidato a Suor Faustina: invocare la Misericordia di Dio per il mondo e proclamare in modo particolare questo mistero di Fede al mondo intero.

Gli stessi compiti -professare e proclamare la misericordia di Dio al mondo smarrito, fare opere di misericordia e invocare la pietà di Dio sull’umanità- sono stati affidati dal Santo Padre Giovanni Paolo II a tutta la Chiesa quando ha canonizzato Santa Faustina. Del resto la Chiesa ha vissuto questo spirito nei primi secoli della cristianità, di cui ci parlano gli scritti dei Padri della Chiesa.

Al centro della grande comunità di devoti e di apostoli della Divina Misericordia c’è la figura di Santa Faustina. Ella, in modo perfetto, ha realizzato nella sua vita lo spirito e i compiti che Gesù ha posto davanti a lei e alla “nuova congregazione”.

Grazie ad essa Suor Faustina ha raggiunto le vette della mistica ed è diventata un modello visibile della via alla santità e dell’apostolato per tutti coloro che sono attratti dal mistero di Dio e dal desiderio di rendere felici gli altri.

In Polonia e oltre i suoi confini molti Sacerdoti, molte congregazioni religiose e persone laiche si sono unite in diversi modi a questa grande comunità di devoti e apostoli della Misericordia di Dio.

Sono sorti e continuano a nascere nuovi istituti di vita consacrata, che si dedicano a tale scopo, gruppi di preghiera e quelli che all’orazione uniscono l’attività caritativa, vivendo nel mondo. Ci sono pure molte persone che non appartengono ad alcun gruppo, ma vivono lo spirito della devozione alla Divina Misericordia e in questo modo appartengono a quella grande comunità di devoti e apostoli della Divina Misericordia.

Speriamo che le persone coinvolte in questa opera siano sempre più numerose, poiché‚ il mondo ha bisogno di vivi testimoni di Dio e di mani unite nella preghiera per impetrare la misericordia, perché‚ -come ha detto Gesù a Suor Faustina- “l’umanità non troverà pace, finché‚ non si rivolgerà con fiducia alla Mia misericordia” (Q. I, p. 132).

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

LA' MI VEDRANNO

Post n°183 pubblicato il 06 Aprile 2015 da IOSONOLAVITA1

Lunedì dell'angelo

Andate ad annunciare ai miei fratelli
che vadano in Galilea: là mi vedranno.

Dal Vangelo secondo Matteo
(Mt 28,8-15)

In quel tempo, abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli. Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno». Mentre esse erano in cammino, ecco, alcune guardie giunsero in città e annunciarono ai capi dei sacerdoti tutto quanto era accaduto. Questi allora si riunirono con gli anziani e, dopo essersi consultati, diedero una buona somma di denaro ai soldati, dicendo: «Dite così: “I suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre noi dormivamo”. E se mai la cosa venisse all’orecchio del governatore, noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni preoccupazione». Quelli presero il denaro e fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questo racconto si è divulgato fra i Giudei fino a oggi. Parola del Signore

 Commento

Il pensiero ricorrente di ogni cristiano dopo la Resurrezione di Gesù dovrebbe concentrarsi su essa, piuttosto che su tantissime cose inutili che svuotano l’anima e confondono la testa. Forse la maggior parte ha già dimenticato quanto è avvenuto ieri, ha messo in un angolo della sfera dei propri interessi che Gesù è Risorto ed è sempre vivo.
È questo mistero la ragione della nostra Fede, è la vittoria del Signore sulla morte, sul peccato, sulla natura, sulle malattie, su tutto, che ci rende praticamente potenti. Ognuno di noi è potente quando compie la volontà di Gesù indicata nei Vangeli e crede fermamente che Lui è vivo e vero in mezzo a noi.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

INIZIA LA QUARESIMA

Post n°182 pubblicato il 18 Febbraio 2015 da IOSONOLAVITA1

MERCOLEDÌ DELLE CENERI

 

Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà

  Dal Vangelo secondo Matteo (6,1-6.16-18)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli.
Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità Io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità Io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità Io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà». Parola del Signore

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

classifiche

PADRE,
DAMMI IL DONO PIÙ BELLO

Padre, dammi il dono più bello, più grande, più prezioso che possiedi: Gesù.
Quando sono ammalato,
dammi Gesù, perché egli è la Salute.
Quando mi sento triste,
dammi Gesù, perché egli è la Gioia.
Quando mi sento debole,
dammi Gesù, perché egli è la Forza.
Quando mi sento solo,
dammi Gesù, perché egli è l’Amico.
Quando mi sento legato,
dammi Gesù, perché egli è la Libertà.
Quando mi sento scoraggiato,
dammi Gesù, perché egli è la Vittoria.
Quando mi sento nelle tenebre,
dammi Gesù, perché egli è la Luce.
Quando mi sento peccatore,
dammi Gesù, perché egli è il Salvatore.
Quando ho bisogno d’amore,
dammi Gesù, perché egli è l’Amore. 
Quando ho bisogno di pane,
dammi Gesù, perché egli è il Pane di vita.
Quando ho bisogno di denaro,
dammi Gesù, perché egli è la Ricchezza infinita. 
Padre, a qualsiasi mia richiesta, per qualsiasi mio bisogno, rispondi con una sola parola, la tua parola eterna : Gesù!

Don Serafino Falvo

 

 


 

Io sono mite
e umile di cuore.

Dal Vangelo secondo Matteo (11,28-30)

In quel tempo, Gesù disse: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mit
e e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». Parola del Signore

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tag

 
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
I messaggi e i commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963