ISOLECOMPRESETEATRO

NECROLOGI e GNOCCHI 4 FORMAGGI


Cosa significa tutto questo ?Niente a quanto pare.Teatro integrato o disintegrato ?Integrato da chi?Un Teatro a immagine e somiglianza degli operatori.Una attivita' tra le altre.O come dice Orioli l' Arte ha bisogno della Arte Terapia.Semmai è vero il contrario caro Walter.Se usciamo dal significato cosmico,mitico,rituale e ancestrale delle manifestazioni umane (chiamamole danza,canto,gesto,cerimonia e..Teatro )cosa rimane ?Adesso terapeutico,integrato,diversamente abile,pazienti psichiatrici mi fanno rivoltare le budella.Due ore la settimana fanno impallidire anche i maniaci del Training.Ci rivoltiamo nelle tombe e andiamo avanti con insofferenza dopo aver costruito (insieme a altri fuori di senno ) i decaloghi per il teatro delle differenze.Quello che non si deve fare risultò piu' interessante e prezioso del regolamento.Ma non lo facemmo perche' nessuno l' avrebbe mai fatto.Ma perche' sparare sulla Crocerossa ? Perdonatemi l' arroganza.Viva il volontariato.Il laboratorio,antro di orrori e misfatti.Il percorso,una palla.La vita una recita infinita.L' istituzione una truffa ben organizzata.I teatranti una falsa famiglia che organizza ogni sera il mercante in fiera senza premi per nessuno.La cura un miraggio che non ci appartiene.L' aspirina il miglior rimedio per il raffreddore.L' automobile il migliore amico dell' uomo. A chi decanta guarigioni miracolose e prese di coscienza rivoluzionarie con il Teatro dell' Oppresso diciamo che ne' esso ne' gli U2 o i Rolling hanno evitato la guerra in Bosnia.Nemmeno il Teatro Sociale ha evitato la caduta del Governo.Una volta un matto dopo aver fatto  un laboratorio di 3 mesi e la parte dell' Amleto e' guarito si e' sposato e ha comprato un bilocale alla periferia di una citta' qualsiasi.E allora ?Cosa significa tutto questo ?Vi scrivo un pezzo della Laura preso da Parmiggiani ( visto che essa non mi invia scritti per nutrire questo Blog )Certo parlo troppo ma come diceva Osho Rajneesh parlo per riempire questo silenzio tragico e poi se parlo io almeno voi state zitti e così ci risparmiamo il brainstorming,la discussione,il feedback e inutili parlamenti del nulla e mille altre cazzate.Vi saluto e buonanotte da Marigliano un tempo compromessa dai riti pagani di Leo de Berardinis e Perla Peragallo ora discussa discarica e da Manzoni Piero :non c'e' piu' nulla da dire.C'e' solo da vivere.Da esistere.IN SILENZIO A VOCE ALTA  (…)Quando parlo di silenzio non intendo il silenzio della mia voce, un silenzio rinunciatario, ma un silenzio dentro la forma della mia opera. Parlo del silenzio come di una materia.Considero il silenzio una presenza ed un gesto oggi necessari all’interno di un discorso sull’arte e, anche se potrà sembrare un paradosso, un modo di assumere una posizione. Il rifiuto e una reazione a quel linguaggio inaccettabile che fa del clamore, del gratuito e della superficialità il suo principale obbiettivo artistico.Considero quindi il silenzio un modo di rendere imprendibile il pensiero, un segno di fermezza, poiché silenzio non significa solo silenzio ma significa anche non concedersi e non concedere nulla.C’è l’esigenza che l’arte di oggi, in gran parte asservita alla moda, esca da molti compromessi e ambiguità, così come, invece di attardarci attorno ad obsolete e stanche formule stilistiche, dovremmo prendere innanzitutto coscienza di una nostra globale condizione tragica e sentirci piuttosto come condannati al rogo che chiamano attraverso le fiamme.Questo asservimento credo sia principalmente alla base della demoralizzazione attuale e riguarda, appunto, una forma di cultura che si sottrae al preciso dovere di essere tale.Mai come ora si è parlato tanto di cultura ma di una cultura che non coincide con la vita e che è fatta per dettare legge alla vita. Invece di identificarci con disinvoltura in quella che si potrebbe definire ‘cultura dell’ottimismo’, dovremmo forse riflettere e osservare, ad esempio, che il mondo ha fame e che non si preoccupa di questa sedicente cultura. La cosa più urgente non mi sembra l’ubriacarsi in una cultura dell’effimero la cui esistenza, per usare le parole di Antonin Artaud, non ha mai salvato nessuno dall’ansia di vivere meglio o dall’angoscia della fame, ma estrarre da ciò che crediamo sia davvero e profondamente la cultura o l’arte, idee la cui intensità e forza siano pari a quella della fame.(…)CLAUDIO PARMIGGIANI