MINICAOS IN LIBERTA'

Dice il saggio "La suprema ingiustizia diventa giustizia: l’utile del più forte"


Nel primo libro della Repubblica emerge il motivo per cui è necessario rifondare la città e la cultura della giustizia. Socrate si scontra in particolare con il sofista Trasimaco, che sostiene la piena legittimità del comportamento degli uomini di potere che fanno le leggi a proprio vantaggio: la sua tesi che la giustizia sia «l’utile del più forte» sembra inattaccabile proprio perché il più forte fa le leggi, che sono fonti di giustizia. Nel brano che proponiamo, Trasimaco risponde alle obiezioni di Socrate che sostiene l’obbligo per il governante di  prendersi cura dei sudditi, come fa un buon medico: beffardo, Trasimaco gli fa presente che il governante è bravo a prendersi cura dei cittadini come fa il  bovaro con le bestie, mirando a sfruttarle e ucciderle. La conclusione è che essere giusti, nel senso tradizionale, è una forma di stupidità. ------------Quando fummo giunti a questo punto del discorso, e fu chiaro a tutti che la definizione del giusto era stata rovesciata, Trasimaco, invece di rispondere, disse: «Dimmi, Socrate, una balia ce l’hai?».«Che cosa?» dissi io. «Non era meglio rispondere invece che fare questa domanda?»«Il fatto è» disse «che ti lascia colare il naso e non te lo soffia quando ne hai bisogno, tu che non sai neanche riconoscere il gregge dal pastore.»«Cos’è mai questo?» dissi io.«È che tu pensi che i pastori e i bovari cerchino il bene del gregge o dei buoi, e li ingrassino e li curino avendo di mira qualche altro motivo che non sia il bene dei padroni e il loro proprio. E così anche coloro che detengono il potere nelle città – quelli, intendo, che veramente comandano – tu ritieni che abbiano nei riguardi dei loro sudditi intenzioni diverse da quelle che si potrebbero nutrire verso il gregge, e che essi notte e giorno cerchino qualcos’altro che non sia precisamente ciò da cui possano trarre vantaggio.E sei così lontano dal capire qualcosa sul giusto e la giustizia, sull’ingiusto e l’ingiustizia, che ignori che la giustizia e il giusto sono in realtà un bene altrui – l’utile di chi è più forte e ha il potere –, ma invece un danno proprio di chi obbedisce ed è asservito; al contrario l’ingiustizia comanda sulla vera dabbenaggine dei giusti, e i suoi sudditi fanno l’utile di quello che è più forte, e servendolo rendono felice lui, ma non certamente se stessi.E bisogna osservare questo, o sprovvedutissimo Socrate, che l’uomo giusto ha sempre la peggio di fronte all’ingiusto: in primo luogo nelle imprese d’affari in cui l’uno e l’altro si associno, mai troverai, al momento dello scioglimento della società, che il giusto ha guadagnato più dell’ingiusto, bensì meno; poi nelle cose della città, quando vi siano tributi da pagare, a parità di ricchezza il giusto versa di più, l’altro di meno, ma quando c’è da ricevere, il primo non guadagna nulla, il secondo molto.E quando entrambi assumono qualche carica di comando, accade al giusto – se pure non è penalizzato da qualche multa – di trascurare i suoi affari privati lasciandoli andare in rovina, mentre non ricava alcun vantaggio dal suo ruolo pubblico, proprio perché è giusto, e inoltre si inimica i familiari e i conoscenti perché non vuole concedere loro alcun favore che violi il giusto; mentre tocca a chi è ingiusto proprio il contrario di tutto questo. Intendo appunto quello di cui parlavo ora, l’uomo capace di esercitare una soverchiante supremazia. Osserva dunque costui, se vuoi giudicare quanto più gli convenga privatamente l’esser ingiusto piuttosto che giusto.Ma lo comprenderai nel modo più rapido se ti spingerai al limite della perfetta ingiustizia, quella che porta chi la commette al massimo della felicità, chi la subisce e non la vuol praticare all’estrema sventura. È questa la tirannide, che non a poco a poco, con la frode e con la violenza sottrae i beni altrui – e sacri e profani, e privati e pubblici – ma d’un sol colpo.Quando uno è scoperto a commettere una qualsiasi di queste ingiustizie, singolarmente prese, è punito e coperto dal disonore più grande: sacrileghi, trafficanti di schiavi, svaligiatori di case, rapinatori e ladri sono chiamati i colpevoli di ciascuno di questi parziali misfatti. Ma quando un uomo oltre che delle ricchezze dei cittadini si impadronisce anche di loro stessi riducendoli in schiavitù, invece di questi nomi vergognosi vien chiamato felice e beato, non solo dai cittadini ma anche da tutti quanti apprendono che egli è giunto al colmo dell’ingiustizia. Perché quelli che biasimano l’ingiustizia lo fanno temendo non di compiere atti ingiusti, ma di subirli.Così, Socrate, l’ingiustizia – portata a un livello adeguato – è più forte, più degna di un uomo libero e di un padrone, della giustizia, e, come dicevo fin dal principio, il giusto consiste precisamente nell’utile del più forte, l’ingiusto in ciò che giova ed è utile a se stessi.»309 Platone, Repubblica, a cura di M. Vegetti, Milano, Rizzoli, 2006, libro I, 343a-344c, pp. 305-309 Fonte: http://online.scuola.zanichelli.it/lezionifilosofia-files/volume-a/u3/U3-L10_zanichelli_Platone.pdf