Mala tempora currunt

La parata ed il goal


Il 7 novembre, a Mosca, era il giorno della parata militare sulla piazza Rossa, celebrativa della Rivoluzione d'ottobre.Le cronache narrano che, nell'ultima occasione in cui si tenne, nel 1990 la partecipazione popolare toccò il suo punto più basso.I moscoviti infatti, tranne quelli in possesso dell'introvabile biglietto, erano tutti davanti al televisore per seguire il big match di Coppa dei Campioni ovvero la gara di ritorno fra lo Spartak Mosca ed il Napoli di Diego Maradona in programma quel pomeriggio allo stadio "Lenin".Il match, combattutissimo ed aperto fino all'ultimo, si concluse ai calci di rigore ed i padroni di casa riuscirono nell'impresa di eliminare l'allora fortissima compagine partenopea.Oggi a Mosca, al posto della vecchia parata di sovietica memoria, c'è una sfilata in cui chi vuole vedere falce&martello deve sorbirsi un millennio di storia russa: da Aleksandr Nevskij a Pietro il Grande passando per Ivan Groznyj; ma, a tenere banco sui media russi, è l'Italia che offre diversi spunti dopo la giornata di ieri.Da un punto di vista calcistico non c'è molto da dire: se un tempo la squadra del ministero degli interni era in grado di eliminare il Napoli di Maradona, oggi basta ed avanza l'Udinese di Quagliarella per espugnare il monumentale stadio moscovita.Oltre alla doppietta dell'attaccante ex-doriano, tuttavia, è da rimarcare l'obiettivo, il goal per dirla all'inglese, annunciato dalcapo del governo italiano durante la conferenza stampa congiunta.Invece, sui media italiani, il dibbbatttito si è concentrato sull' "Obama bello e abbronzato" tralasciando tutto il resto.Eppure questa trasferta moscovita ha proposto diversi temi interessanti, tutti inevitabilmente passati in cavalleria.Il leitmotiv di questo incontro è stata l'economia: in primis quella reale.Quel poco che resta dell'industria italiana dà un importante segno di vita con la chiusura di accordi che riguardano ENEL, Pirellie FinMeccanica; che vanno ad aggiungersi alla solidissima collaborazione già esistente fra ENI e GazProm, alla collaudata presenza FIAT oltre alle diverse aziende del lusso del meidinitali, da sempre apprezzate dai (pochi) boiardi a piede libero.Grazie a questi accordi l'Italia punta a divenire il primo partner commerciale della Russia, posizione attualmente occupata dalla Germania.A questo proposito è necessario ricordare come i rapporti fra Moscae Berlino si siano improvvisamente deteriorati per la posizione assunta dal cancelliere tedesco sulla crisi caucasica di quest'estate: Angela Merkel si schierò al fianco di Saaksvili e, da quel momento, l'export tedesco in Russia ha invertito il suo trend.Un vuoto che il premier italiano è riuscito a colmare ed ecco ENEL sostituire E-On, Pirelli prendere un posto che sarebbe stato di Die Continental, FinMeccanica fare altrettanto nei confronti di ThyssenKrupp e FIAT rimpiazzare VolksWagen.Un risultato che è frutto della posizione tenuta dal governo italiano sulla questione caucausica: mediando dall'interno dell'UE edandando incontro ai maldipancia della parte più filoatlantica del proprio elettorato e degli alti esponenti del PDL.Per l'occasione, sui media occidentali, venne rispolverato il cliché dell'Italia alleato inaffidabile per definizione, che comincia le guerre da una parte e le finisce dall'altra: un segnale di nervosismo dovuto al fatto che, fin da allora, si intuiva il finale andato in onda ieri.Resterebbe da capire se Berlusconi sia, alla prova dei fatti, assai meno filoatlantico di coloro che lo sostengono e lo votano o se, semplicemente, abbia assunto -opportunisticamente- una posizione in cui non crede sol perché ne ha intuito per tempo il formidabile potenziale economico.Tuttavia, ciò che conta davvero, è che l'Italia abbia espresso una posizione coerente con il proprio interesse nazionale anche se la cosa non sarà piaciuta al presidente statunitense bello o brutto, abbronzato o non abbronzato, repubblicano o democratico, del Texas o dell'Illinois.Un altro aspetto dell'economia al centro dell'incontro di ieri è stata la crisi finanziaria, che, in Russia ha colpito particolarmente duro.La tempesta finanziaria, infatti, da queste parti è cominciata dopo il conflitto russo-georgiano.Nel giro di 3 mesi l'indice PTC ha perso quasi il 70% del suo valore precipitando da 2.200 a meno di 700 punti e, nella bufera, sono finiti anche i titoli di stato ed il rublo.L'indice della borsa di Mosca è composto da titoli del settore minerario e dell'industria pesante; tuttavia il più conosciuto è laGazProm, l'onnipotente monopolista oil, che è precipitata dai quasi 400 miliardi di $ di capitalizzazione di 3 mesi fà ai 100 attuali.Aggiungendo a tutto ciò il dimezzamento del prezzo del petrolio dai massimi estivi dovremmo concludere che Putin e Medvedev sono ormai al verde ed alla canna del gas.Le realtà, invece, è assai diversa da ciò che appare.La prima cosa da sottolineare è che durante l'epoca Eltsiniana gli odierni prezzi da saldo moscoviti avrebbero innescato una campagna acquisti finanziata dalla "Premiata Stamperia Bernanke" con cui mettere le mani sulle immense risorse naturali russe, mentre oggi la prima fase del ribasso (i primi 2 mesi perchè ad ottobre il ribasso è stato generale e non solo russo) è sembrata una banale ritorsione finanziaria visto l'epilogo della crisi caucasica.Il dimezzamento del prezzo del petrolio ha impatto estremamente limitato (così come lo ebbe il precedente rialzo) sulle casse dello stato perché il suo export petrolifero avviene attraverso la firma di accordi diretti con gli stati importatori ad un prezzo prestabilito bypassando il mercato e le sue isterie rialziste/ribassiste.Invece, ad essere messi in grave difficoltà dalla crisi, sono soprattutto i boiardi che sono riusciti (finora) ad evitare il carcere o l'esilio e che si trovano tutti indebitati verso il sistema bancario con un patrimonio che i recenti ribassi hanno pesantemente intaccato.La loro unica via di uscita appare, pertanto, una cessione dei loro assets attraverso la quale rientrare dalle loro esposizioni: si prepara, di conseguenza, un nuovo giro di vite -stavolta un po' più soft- da parte del governo russo e se, nell'era Putin, erano già rientrate sotto il controllo statale oils, media e telecoms, Medvedev si accinge a completare il lavoro iniziato del suo predecessore.Tutt'altra musica viene suonata in occidente dove le nazionalizzazioni in arrivo per le banche in difficoltà hanno tutt'altro scopo: un intervento volto a tamponare le falle di bilancio che verranno alla luce con il denaro dei contribuenti.Non è altro che l'applicazione -in salsa bancaria e su scala planetaria- della vecchia ricetta, tanto cara alla FIAT, della privatizzazione degli utili e della socializzazione delle perdite: fino a ieri le banche producevano utili eccezionali senza guardare troppo per il sottile (subprime, derivati, CDS...) e respingevano ogni proposta di regolamentazione quale intollerabile ingerenza; oggi che ci sono da coprire voragini di bilancio nascoste o conclamate viene invocata la nazionalizzazione salvifica; domani, ad emergenza superata (sempre ammesso che la si superi) torneranno paladini di quel liberismo che hanno recentemente gettato alle ortiche.La FIAT utilizzava il ricatto occupazionale e la sua moral suasion mediatica per imporre al governo la cassa integrazione con cui alleggeriva i suoi bilanci dalla voce "costo del personale" ed anche le banche, con gli stessi metodi, non avranno problemi per raggiungere il loro scopo.D'altronde che da noi i boiardi non se la passino male lo dimostra il séguito che ha accompagnato l'inquilino di palazzo Chigi nella sua trasferta moscovita...Memorabile, in questo senso, la performance di MTP: protagonista di una lunga intervista alla TV di stato russa in cui il marito di Afef illustrava i vantaggi della joint-venture per la produzione di pneumatici appena firmata.Così, dopo aver pagato per decenni per salvare industrie decotte, all'italico Pantalone vengono accollate anche le sorti delle banche nonostante Profumo non abbia né la erre moscia né la classe di Gianni Agnelli: non c'è proprio nulla da stupirsi se qui da noi, al massimo, i media si occupano dell'abbronzatura di Obama.