Mala tempora currunt

Meglio mai che tardi


Abbiamo dovuto attendere un anno per ascoltare dalla viva voce di Marco Materazzi quale fosse la frase che rivolse a Zinedine Zidanescatenandone la furente risposta.Ne abbiamo dovuto attendere un altro per sentire, dalla voce dell'altro protagonista, che aveva avuto "Una reazione sbagliata".Identico il contesto (la presentazione alla stampa della propria biografia), diverso, e non poteva essere altrimenti, l'impatto mediatico e l'accoglienza del pubblico.La presentazione del libro "Una vita da guerriero" passò quasi inosservata, con i giornalisti francesi (ben più numerosi di quelliitaliani) a tempestare di domande lo stopper nerazzurro sul fattaccio di Berlino.Era la vigilia di Italia-Francia, valida per la qualificazione ad Euro2008, che Matrix avrebbe seguìto dalla tribuna indossando una maglia ruffiana "J love Paris" e ricordata solo per i sonori fischiall'indirizzo dell'inno francese da parte del pubblico di S. Siro.Oggi, invece, un Zinedine Zidane a 360° mobilita tutti i media francesi per esporre urbi et orbi il Zizou-pensiero: l'elezione di Obama, la crisi finanziaria, il razzismo, il doping, il terrorismo internazionale....Sesto fra cotanto senno -per dirla con il sommo poeta- arriva anche il turno di Marcò Materazzì, cui Zizou (senza mai nominarlo) dedicauna riflessione.Di scuse dirette non se ne parla, in compenso si dice pentito per quella reazione costata la seconda coppa del mondo ai bleus e che, al suo ritorno negli spogliatoi, trovò il vuoto ed il gelo.Quest'ultima è l'unica vera rivelazione: perchè, a suo tempo, ebbe dalla sua parte l'intera nazione sportiva e non.Al suo ritorno venne accolto come un eroe da un'osannante folla parigina, ricevuto all'Eliseo con tutti gli onori dal presidente Chirac, difeso a spada tratta sui media dove ogni responsabilità veniva attribuita al giocatore italiano mentre altri elementi della nazionale francese si scagliavano contro Materazzì senza risparmiare insulti e minacce.Nel compattissimo fronte francese i soli ad accennare una timida critica furono il telecronista di TF1 (il povero Thierry Gilardi che,durante la telecronaca, si permise di parlare di "leggerezza" e che, per questa ragione, venne accusato di intelligenza con il nemico) e "Le Monde" (l'unico giornale d'oltralpe a porre la questione dei 12 cartellini rossi accumulati in carriera dal centrocampista maghrebino in forza alla nazionale francese).Da questa parte, invece, Materazzi non smise mai -forse nemmeno per quella sera- di essere Macellazzi per i tifosi italiani; incassando,tuttalpiù, la solidarietà di una parte (nemmeno di tutta...) della tifoseria nerazzurra.Eppure, della finale di Berlino, Materazzi fu Hombre del partido -nel bene e nel male- come in poche altre occasioni è capitato.La sua partita cominciò con un intervento goffo su Malouda, generosamente convertito in calcio di rigore, trasformato -rischiando molto più del lecito- dal suo alter ego in maglia bianca.Sempre nel primo tempo Materazzì svettò sul suo futuro compagno (alla Pinetina ma non a cena, come si è premurò in séguito di farci sapere) Patrick Vieira fissando il punteggio sul definitivo 1-1.Durante i supplementari rispose a tono ad uno strafottente Zidane (nella sua biografia si dimentica di scriverlo ed i giornalisti francesi,che lo intervistano su tutto lo scibile umano si dimenticano di chiederglielo ma lo scambio di vedute che si concluse con il suo coup de boule venne cominciato proprio da lui) che abboccò con tutte le scarpe procurandosi il cartellino rosso che chiudeva anzitempo la sua carriera; dando così, mentre prendeva la via degli spogliatoi, le spalle alla coppa del mondo per un fotogramma che divenne l'immaginifico epitaffio per il sogno di vittoria dei francesi.Tirò, infine, il rigore decisivo (il secondo della serie, mentre Trezeguet lo sbagliò calciando, guardacaso, la fotocopia del rigore di Zidane di inizio partita).Insomma ce n'è abbastanza per poter tranquillamente affermare che, sans Marcò, una Francia presentatasi nettamente più in forma dell'Italia nella sera del rendez-vous decisivo avrebbe, senza troppiproblemi, portato a Parigi la seconda coppa del mondo....Tutto ciò, ça va sans dire, non gli fu sufficiente per guadagnare la riconoscenza dei tifosi italiani che ripresero ad insultarlo, come e più di prima, fin dall'inizio della stagione successiva.Del resto le uniche iniziative a sostegno del centrale azzurro furono un sito ("DifendiamoMaterazzi" oggi chiuso) ed una suoneria per cellulare mentre, fra gli sportivi, il solo Valentino Rossi prese unaposizione indossando la maglia numero 23 durante la cerimonia di premiazione del GP di Germania una settimana dopo.Fin da subito, sui forum e sui Blog, non fu raro vedere come, agli insulti dei tifosi francesi schiumanti di rabbia, si unissero quelli degli juventini, dei milanisti ed oggi, nei thread ancora aperti, anche quelli degli interisti visto l'inevitabile calo di rendimento nell'ultima stagione.A quasi 2 anni e mezzo di distanza dal raptus berlinese Italia e Francia continuano a dare il peggio della loro storia: da una parte la boria dei nobili decaduti alimentata da una sorta di autoipnosi che riproduce lo status di cose gradito che va a sovrascrivere la realtà dei fatti, dall'altra l'atavico desiderio di divisione che si unisce all'espressione di odio feroce per il nemico interno contro il quale diventa doveroso appellarsi allo straniero di turno.In questo senso la partita l'hanno vinta i francesi che, il giorno dopo la finale persa, raccolsero un assist di Calderoli per spostare il tiro sulle sue dichiarazioni e facendo passare in cavalleria un'impresa sportiva attesa da un quarto di secolo.Così, anzichè dare spazio alla vendetta sportiva consumata in maniera atrocemente sottile e beffarda (ai calci di rigore, ovvero nello stesso modo in cui vinsero loro nel 1998, e proprio per demerito di colui che, 2 anni prima, ci aveva puniti all'europeo) che l'Italia era riuscita a compiere si finì per parlare solo dell'esternazione dell'esponente leghista.Oltre a questo, sempre da parte francese, veniva alzato un polverone sulle parole dette da Materazzi che tirava subdolamente in ballo il razzismo: che, oltre ad essere argomento tabù per definizione, apriva la strada -pescando nei recenti regolamenti UEFA- alla richiesta di una revisione del risultato acquisito sul campo da parte francese.I tifosi italiani, dal canto loro, si ritrovarono uniti solo all'inizio dell'avventura per tifare contro la nazionale (milanisti e juventinila vedevano come espressione del sistema del dopo-calciopoli mentre interisti e romanisti temevano, in caso di successo al mondiale, un provvedimento troppo blando contro le squadre coinvolte) ed alla fine quando, come nella peggiore tradizione italiota, si salì tutti insieme appassionatamente sul carro del vincitore.Nel mezzo si diedero da fare, a turno, per crocifiggere i giocatori altrui: nel tritacarne finirono Buffon (la sua convocazione venne definita inopportuna per via delle scommesse), Cannavaro (che rilasciò un'intervista in cui difendeva Moggi ed un filmato di qualche anno prima che lo riprendeva mentre gli veniva praticata una flebo), De Rossi (gomitata alla seconda partita), Totti (che ancora stava pagando per lo sputo a Poulsen), Materazzi (indegno dell'azzurro per via dei suoi fallacci), Inzaghi (indegno della convocazione per via dei suoi tuffi in area avversaria)...Malgrado tutto questo (o proprio per questo) mi sembra giusto terminare ricordando come, a Berlino, a far centro dal dischetto ed a respingere la boria d'otralpe, furono un milanista (Andrea Pirlo), un interista (Materazzi), un romanista (Daniele De Rossi), uno juventino (Alex Del Piero) ed un palermitano (Fabio Grosso) in rappresentanza dell'intera provincia italiana -dall'Atalanta o dall'Udinese di oggi alla Pro Vercelli o all'Alessandria di ieri- esattamente come 5 secoli prima furono 13 cavalieri convenuti in quel di Barletta da ogni angolo d'Italia per pagar giusta mercede alla tracotanza francese: si chiami La Motte o Domenech poco importa.Per tutte queste ragioni, alle parole al vento di Zizou, risponderei con le parole incise sulla lapide posta a ricordo di quell'indimentibile giostra nel campo fra Corato e Barletta in cui la disfida ebbe luogo:XIII Febbraio MDIII in equo certamecontro tredici francesi, qui,tredici di ogni terra italiananell'unità nell'amore anticoe tra due invasori provaronoche dove l'animo sovrasti la fortunagli individui e le nazioni risorgono