ConsulenzaFilosofica

Conoscenza filosofica e conoscenza tradizionale - XI -


Avendo l'anima tale natura, è possibile credere che essa, allontanandosi dal corpo, non si dissipi e non si annienti, come invece si crede; in ciò vi è la dimostrazione della differenza tra la conoscenza filosofica e la credenza tradizionale.Se essa si distacca dal corpo essendo pura, senza trascinarsi, per quanto possibile, appresso nulla di corporeo, avendo perseguito, durante il periodo di comunione con il corpo, durante la vita, l'esercizio di distacco concentrandosi in sé, cioè filosofando rettamente, preparandosi serenamente a morire, giungerà a cogliere ciò cui ha sempre aspirato, mantenendosi in un luogo a lei affine, puro, in quanto è purificata, privo di qualsiasi tipo di turbamento o possibilità di inganno o di fallo, ove potrà essere felice, libera dai mali umani; d'altra parte, un'anima che, dimentica della propria natura, si avvezzi alla comunione con il corpo, ed a questo si renda affine, dopo la morte, si distaccherà dal corpo impura, materializzata, avendo in vita, fuggito, per amore e dedizione ai piaceri del corpo, l'esercizio filosofico dell'intrattenimento del pensiero nell'invisibile, quindi, non potrà raggiungere un luogo puro ed immateriale, ma, gravata dall'acquisizione di materialità, precipiterà in una nuova incarnazione, per la sua stessa incapacità alla purificazione, come leggiamo nel, già considerato, passo 80b-81e del Fedone.Il processo di reincarnazione implica che le anime prendano forme simili ai costumi propri della vita precedente.È ipotizzabile che possano essere i più felici e possano andare nei luoghi migliori, coloro che praticarono la virtù civile e politica, la temperanza e la giustizia, nate dal costume e dall'esercizio, senza filosofia e senza conoscenza.Solo il filosofo potrà giungere al genere degli Dei, giunto ad abbandonare il corpo essendosi purificato completamente nell'esercizio dell'amore per il sapere; richiamando il genere degli Dei, il filosofo richiama, facendovi appello, la conoscenza tradizionale che l'uomo ha del divino, presentandolo, però, come nella filosofia lo si conosce, secondo quanto il passo 82b-c del Fedone dice: «ma al genere degli Dei non è concesso giungere a chi non abbia coltivato filosofia e non se ne sia andato dal corpo completamente puro, ma è concesso solamente a colui che fu amante del sapere» ed è per tale motivo che i filosofi si mantengono puri dalle passioni del corpo, dominandosi, senza abbandonarsi ad esse; coloro che hanno cura dell'anima non seguono l'opinione comune, non conoscendo dove possa portare, ma, pensando di non dover agire contro la filosofia e contro la liberazione e la purificazione che produce, si affidano ad essa, seguendo la via da essa segnata.Il filosofo, colui che ama e persegue il sapere, conosce che la comunione dell'anima col corpo, oltre lo stretto necessario alla vita, si riduce in un'uniformazione dell'anima al corpo, per tanto, in una negazione, in una dimenticanza della natura e della funzione dell'anima.L'anima che, accomunandosi ed assimilandosi, affinandosi al corpo, si riduce a partecipare, con esso, alle sue ricerche, giunge a considerare conoscenza ciò che viene percepito dal corpo, ed ad attribuire a ciò valenza di verità, quindi, validità, ritenendo di doversi conformare a questo, seguendolo comunque, secondo i suoi naturali cambiamenti, l'anima, dunque, diviene totalmente dimentica della sua possibilità di coglimento degli Esseri intelligibili ed immutabili, nel percorso di purificazione che potrebbe operare isolandosi dal corpo, se ad esso non si fosse asservita. È l'esercizio filosofico che perpetua la liberazione dell'anima dal corpo, per ovviare al pericolo che il male estremo dell'ignoranza colga l'anima, ed essa giunga a pensare vero ed a considerare valido ciò che è corporeo e materiale, occludendosi la possibilità di poter giungere all'Ade, ritrovando la valenza della propria specifica esistenza; infatti sommo male è, per l'anima, incontrare la morte, e, da questa, farsi cogliere impura, immettendosi, così nella necessità di incorrere nel circolo delle reincarnazioni, reiterando le male abitudini acquisite, precludendosi la possibilità di poter ben agire, giungendo a pensare, cioè, adeguandosi alla propria natura, quindi, l'anima del filosofo tende a procurarsi tranquillità dalle passioni, seguendo il retto pensiero e mantenendosi in esso, contemplando ciò che è vero e divino, lontano dall'opinione; il filosofo vivendo secondo questo esercizio affronta la morte, considerando che l'importante, cioè l'anima, il suo essere, potrà, finalmente liberata dai pericoli di falsità prodotti dalle passioni del corpo, giungere pura a ciò che le è affine e vivere nella beata conoscenza, secondo quanto possiamo leggere nel passo 82d-84b del Fedone.