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Conoscenza filosofica e conoscenza tradizionale - XIV -

Post n°21 pubblicato il 14 Luglio 2015 da laura.foggiato
 

In effetti, l'anima domina il corpo, opponendosi alle passioni di questo, ma, un'anima come armonia non potrebbe mandare suoni opposti alle sollecitazioni subite, ma adeguandosi ai suoi componenti, dovrebbe far seguito a quelli.

L'assurdità di tale conclusione fomenta l'insignificanza del pensare l'anima come armonia.

Il desiderio di conoscenza delle cause di generazione, di corruzione, di esistenza, porta il filosofo a rivolgere il suo interesse alla scienza definita indagine sulla natura, come leggiamo nel passo 95e-97b del Fedone, dove Socrate dice che, in gioventù, pensò di ritrovare, nello studio della scienza che indaga la natura, le cause di ogni cosa.

Lo studio degli elementi diviene oggetto di svariate teorie ritenute capaci di spiegare, di dare ragione dei processi di modificazione che interessano il mondo e l'uomo.

Nel già citato passo 99d-101d del Fedone leggiamo che tale ricerca induce il filosofo a constatare di non sapere più con chiarezza nemmeno ciò che, prima di tali studi, considerava certo, con una discreta convinzione, ed a respingere, dunque, tale indagine tentando di crearne o di trovarne un'altra.

Il filosofo, ricercando la causa di ciascuna cosa, la causa della generazione, della corruzione e dell'esistenza, ricerca, per ciascuna cosa, la condizione migliore d'essere, di patire, d'agire.

Sulla base di tale ragionamento, la ricerca deve svolgersi circa l'eccellente e l'ottimo, ma anche circa il peggio, dato che esiste un'unica scienza circa il meglio e circa il peggio.

È spiegazione sufficiente la ragione del meglio nell'azione e nella passione.

Ma la comune considerazione imputa la causalità ai mezzi mediante i quali la causa trova compimento, definendo gli elementi quali cause dei fenomeni, ritenendo che senza gli elementi i fenomeni stessi non si potrebbero verificare e, per quanto questo punto sia effettivo, il ragionamento che su esso si basa, è superficiale, dato che manca di considerare la reale causa dell'azione che si identifica con la scelta intelligente del meglio.

Il filosofo teme che, servendosi dei sensi nell'indagine sulle cose, possa provocare danno alla propria anima, ritenendo, per tanto, meglio condurre la ricerca nella logicità del pensiero e, in essa, valutare la verità delle cose indagate.

La progressione della ricerca esiste sulla considerazione del ragionamento che sembra più solido, nel giudicare vero ciò che concorda con tale ragionamento.

Le cose vagliate nel ragionamento non devono essere considerate immagini più di quelle ricercate nelle sensazioni.

Il ragionamento si alimenta nell'esistenza degli Enti in sé e, da qui, indaga la causa dell'immortalità dell'anima.

L'esistenza di cose denominate in un dato modo, in base al riscontro di date caratteristiche, dipende esclusivamente dalla partecipazione di tali cose all'ente di cui sono propri specificamente nome e caratteri, sensibilmente riscontrabili nelle cose.

Un oggetto bello esiste perché partecipa dell'Idea di bello, cioè della Bellezza in sé.

A ragione di ciò, le varie cause addotte naturalisticamente non trovano motivo di comprensione nel filosofo.

La caratterizzazione di ogni cosa è tale per partecipazione alla peculiare essenza di ciascuna Realtà.

Il ragionamento può produrre pensiero e discorso dopo l'esaurimento dell'analisi di tutte le possibili conseguenze da esso derivabili per vagliarne il reciproco accordo o la contraddizione; di qui, nell'esposizione, sarà necessario porre il prodotto del ragionamentodeducendo da questo l'argomentazione, evitando, in tal modo, di confondere il principio con le conseguenze derivate, nella possibilità di coglimento dell'Essenza.

Posta l'esistenza delle Idee e la partecipazione delle cose alle Idee, dalle quali le cose stesse traggono in nome, è necessario constatare che un'Idea in sé non possa accogliere il proprio contrario, ma che lo fugga, o, perisca, ma che non possa, accogliendo il contrario, divenire altro da ciò che è.

 

Ora il ragionamento non verte sulla reciproca generazione di cosa contraria in cosa contraria, ma sull'impossibilità che il contrario in sé possa, modificandosi, accogliere altro rispetto a se medesimo; l'Idea in sé si mantiene perennemente uguale a se stessa; ciò si verifica anche per la cosa che, partecipando dell'Idea, ne ha la forma; i contrari in sé non si possono accogliere reciprocamente, come, d'altra parte, non lo possono fare le cose che, pur non essendo tra loro contrarie, hanno in sé i contrari, non potendo accogliere, cioè, l'idea contraria a quella che è in esse; quindi, giungendo tale Idea contraria o periscono o si allontanano.

 
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