AMLETO A VERONA DIMENTICA I SUOI DUBBI E' Il dramma delle nostre insicurezze, delle nostre ansie e paure, dei nostri dubbi. È Amleto uno specchio infrangibile dentro il quale ognuno si guarda e crede di riconoscersi. È Amleto, il capolavoro che ha subito le letture più diverse e singolari. Dal Teatro Romano di Verona dove ogni estate é il nome del gran bardo che trionfa (si festeggia quest’anno il sessantesimo Festival shakespeariano) mancava da diverse stagioni. Vi ritorna in una edizione che fa leva su nomi di attori di forte popolarità. Da Franco Branciaro a Silvio Orlando e, nel ruolo del titolo, l’aitante e biondo Alessandro Preziosi, star televisiva che è anche produttore dello spettacolo. A mettere in scena è Armando Pugliese . Regista che conosce bene le regole del mestiere e che propone uno spettacolo che non manca di trovate interessanti. Di felici soluzioni, in alcuni momenti formalmente e visivamente bello, anche se non manca di qualche incongruenza, decimato com’è dai molti tagli: fugace l’apparizione dello spettro ed eliminato Fortebraccio (un errore). Uno spettacolo (la versione quella di Montale) che corre via rapido, con taglio quasi cinematografico. Anche se poi tutto rimane in superficie, con valore meramente illustrativo, e dunque assenti letture significative. L’azione ambientata (scenografia di Andrea Taddei) in un grande spazio neutro che si arreda disinvoltamente man mano che scorre l’azione. Vari stili come i costumi, che si assemblano. Grandi armadi barocchi, sedie e divani biedermeir come si trattasse di una commedia borghese, e un lettino da clinica psichiatrica sul quale all’inizio (poi scomparirà) vediamo struggersi un giovanotto, Amleto, nostro contemporaneo, tutto di bianco vestito come il mitico Gérard Philippe nel kleistiano Principe di Homburg. Addosso ha quel malore interiore che si porterà fino alla fine. Un Amleto per il quale Alessandro Preziosi si spende con generosità. Sulla scena a muoversi scattante e veloce, sicuro come un vecchio mattatore dell’800. Le preziose frasi scespiriane a scivolar via dalla sua bocca senza una vera sostanza. Un Amleto che rivela una sorta di cinismo e a cui però viene a mancare quel dubbio, quella malinconia, quel mistero, insomma quella intelligenza disperata che è solo dei veri e autentici protagonisti. A rivelare ben altra classe è Franco Branciaroli che restituisce un re Claudio che risulta quasi un deuteragonista. Più che crudele, beffardo e subdolo. Giocato su quelle sue straordinarie qualità vocali dove anche una semplice battuta lascia un segno. Piuttosto marginali risultano invece le presenze di Carla Cassola e Silvia Siravo, rispettivamente la Regina e Ofelia. Mentre spicca, in un cast parecchio mediocre, un Silvio Orlando che però tende ad eccessivamente caratterizzare il suo Polonio, avvolgendolo in una buffoneria che risulta talora eccessiva. The rest is silence come direbbe il poeta. Un cast di richiamo al Teatro Romano per l’apertura del festival shakespeariano: Franco Branciaroli, perfido re, ruba la scena al protagonista Alessandro Preziosi, bravo, ma superficiale di Domenico Rigotti - 3.7.08 - edicola.avvenire.it
RECENSIONE!
AMLETO A VERONA DIMENTICA I SUOI DUBBI E' Il dramma delle nostre insicurezze, delle nostre ansie e paure, dei nostri dubbi. È Amleto uno specchio infrangibile dentro il quale ognuno si guarda e crede di riconoscersi. È Amleto, il capolavoro che ha subito le letture più diverse e singolari. Dal Teatro Romano di Verona dove ogni estate é il nome del gran bardo che trionfa (si festeggia quest’anno il sessantesimo Festival shakespeariano) mancava da diverse stagioni. Vi ritorna in una edizione che fa leva su nomi di attori di forte popolarità. Da Franco Branciaro a Silvio Orlando e, nel ruolo del titolo, l’aitante e biondo Alessandro Preziosi, star televisiva che è anche produttore dello spettacolo. A mettere in scena è Armando Pugliese . Regista che conosce bene le regole del mestiere e che propone uno spettacolo che non manca di trovate interessanti. Di felici soluzioni, in alcuni momenti formalmente e visivamente bello, anche se non manca di qualche incongruenza, decimato com’è dai molti tagli: fugace l’apparizione dello spettro ed eliminato Fortebraccio (un errore). Uno spettacolo (la versione quella di Montale) che corre via rapido, con taglio quasi cinematografico. Anche se poi tutto rimane in superficie, con valore meramente illustrativo, e dunque assenti letture significative. L’azione ambientata (scenografia di Andrea Taddei) in un grande spazio neutro che si arreda disinvoltamente man mano che scorre l’azione. Vari stili come i costumi, che si assemblano. Grandi armadi barocchi, sedie e divani biedermeir come si trattasse di una commedia borghese, e un lettino da clinica psichiatrica sul quale all’inizio (poi scomparirà) vediamo struggersi un giovanotto, Amleto, nostro contemporaneo, tutto di bianco vestito come il mitico Gérard Philippe nel kleistiano Principe di Homburg. Addosso ha quel malore interiore che si porterà fino alla fine. Un Amleto per il quale Alessandro Preziosi si spende con generosità. Sulla scena a muoversi scattante e veloce, sicuro come un vecchio mattatore dell’800. Le preziose frasi scespiriane a scivolar via dalla sua bocca senza una vera sostanza. Un Amleto che rivela una sorta di cinismo e a cui però viene a mancare quel dubbio, quella malinconia, quel mistero, insomma quella intelligenza disperata che è solo dei veri e autentici protagonisti. A rivelare ben altra classe è Franco Branciaroli che restituisce un re Claudio che risulta quasi un deuteragonista. Più che crudele, beffardo e subdolo. Giocato su quelle sue straordinarie qualità vocali dove anche una semplice battuta lascia un segno. Piuttosto marginali risultano invece le presenze di Carla Cassola e Silvia Siravo, rispettivamente la Regina e Ofelia. Mentre spicca, in un cast parecchio mediocre, un Silvio Orlando che però tende ad eccessivamente caratterizzare il suo Polonio, avvolgendolo in una buffoneria che risulta talora eccessiva. The rest is silence come direbbe il poeta. Un cast di richiamo al Teatro Romano per l’apertura del festival shakespeariano: Franco Branciaroli, perfido re, ruba la scena al protagonista Alessandro Preziosi, bravo, ma superficiale di Domenico Rigotti - 3.7.08 - edicola.avvenire.it