Il Mio Elfo

OSSA ROTTE


.OSSA ROTTEUn lamento ossessivo, ripetuto “rotte…rotte, rotte, rotte, rotte….ossa rotte…rotte, ossa rotte…….…rimane in testa quando ti alzi e te ne vai. Come rimane sulla pelle la sensazione di aver assistito ad un doloroso processo di iniziazione, ad un atto di creazione dell’uomo, al suo plasmarsi, ad una ricerca, ad un percorso vissuto attraverso la caduta, la sofferenza, la redenzione. Come il dolore che porta alla morte e la rinascita alla vita per mezzo di un rigenerante battesimo purificatorio.Uno spettacolo di ricerca, uno spettacolo dalle tonalità forti, come non sono abituata a vederne. Avvolgente, multiforme, recitato come in un cubo: davanti, dietro, sui fianchi, in alto, in basso. E noi, circondati, spiazzati ogni volta, veniamo assaliti dalle immagini e del tutto meravigliati, curiosi assistiamo a piccole, profonde e continue epifanie. Un percorso di sofferenza, dicevo. Un bildungsroman. L’ho vissuto così. Mi ha mostrato una sorta di percorso formativo dall’età giovane all’età adulta. Una sofferenza interiore ed esteriore che inizia con un’assenza di movimento, una morte apparente in cui altri diventano responsabili dei nostri gesti, plasmandoli, come in un teatro di pupazzi. La ricerca di vita diventa poi ricerca del piacere estremo, e dell’oblio: una calata nel mondo multiforme degli eccessi: cocaina presa in gruppo, esibizionismo, ricerca d’amore facile, violenza fisica, illusioni di onnipotenza, necessità di salvezza. Tentazioni, stravaganze, estremismi sessuali, canti sensuali che attraggono, adescano. Mi sono rimaste dentro alcune immagini forti: l’uomo che si crede Dio e la ragazza che lo segue, si fa piccola, lui la regge in braccio ed insieme si lanciano nel vuoto, un’onirica visione di onnipotenza contrapposta alla rassegnazione di una piccola creatura sperduta. L’esibizionismo erotico della donna bionda, bellissima, stretta in un impermeabile che apre convulsamente sussurrando “basta, basta basta”, la donna-mantide che attrae e poi uccide le sue prede. La follia collettiva dei balli, il travestito ammiccante e sensuale che lancia parole in spagnolo come fossero anatemi contro di noi per attirarci tra le sue mani, e poi canta in un playback sensuale “un ano de amor”, con il suo reggicalze, i guanti lucidi, i tacchi a spillo, le calze a rete ed i sonagli. Come se dicesse “vieni…vieni…vieni, vieni da me”; come fosse il richiamo di una sirena.E poi la festa in gruppo, alle nostre spalle, spiata dalle finestre di una casa; tutti i ragazzi giovani ed eleganti che ballano, ed insieme ai colori scuri, al bianco ed al nero escono le paure, le ossessioni “io ho paura del buio, io ho paura della morte, io ho paura degli scarafaggi, io ho paura…io ho paura…..”Ed ancora la donna bambina, in vestaglia, annientata dal suo amore che non è amore. La donna frustrata, impazzita dal suo sentirsi in gabbia, prigioniera dell’apparenza che nasconde dolore. Un monologo straziato e straziante, un rendersi nudi, completamente nudi per poi scappar via, ridendo. La ragazza sola, spenta, il suo monologo senza vita e senza passione, il salto dalla finestra.Tutti soffrono e si annientano in questo gioco desolato, in una sorta di Waste Land, immobile o provocante, rassegnata o eccessiva..Rimane e l’attesa dell’acqua purificatrice che arriva dall’alto, l’accoglierla sulla testa, sul corpo, sui sensi stanchi come un sollievo. Rimane la consapevolezza di aver raggiunto la fine del percorso, di essersi calati nel profondo per riemergere in una rinascita gioiosa.E come Popof, il soldato maldestro, che affonda gli stivali in mezzo al gelo, percorrendo lande fredde; come il soldato che resta indietro, da solo e rotolando nella neve raggiunge il suo fiume, il percorso si compie. Ed è come un festoso e vincente ritorno a casa.Sono poco più di una decina, gli attori di questo spettacolo, tutti giovani. Non sono attori affermati, non ancora. Ma sono attori che hanno saputo trasmettere quello che a volte chi è “arrivato”, “formato” non riesce a dare. La passione. La passione, la gioia, il coinvolgimento della creazione. Aver dato vita, dal nulla, ad uno spettacolo così totale è stato un piccolo miracolo. L’esplosione di gioia finale è stata un miracolo.Aver mostrato tanto, aver avuto il coraggio, aver osato farci vivere questa esperienza è stato davvero immenso. Nomino solo due persone, tra tutte e come tutte ugualmente brave, perché mi hanno colpito tantissimo. Alessandra D’Innocenzo e Daniele Gianotti. La prima perché è riuscita ad interpretare ruoli molto diversi, a cambiare sempre espressione, a coinvolgere, ad essere algida e spietata, ad essere dolorosa, straziante, a spogliare anima e corpo davanti a noi, attoniti. Bravissima, spero continuerà nella sua strada nel teatro. Il secondo - Daniele – perché è bravissimo e vederlo recitare è stata un’emozione grandissima. Un fratello con cui ho condiviso anni ed anni di teatro, di commenti, di emozioni da spettatori fedeli. Ed ora me lo ritrovo al di là della barricata. I suoi movimenti sensuali, il suo essere conturbante, il suo sguardo intenso, pungente, penetrante, mi perseguiteranno a lungo. E da ora in poi il suono dei sonaglini al vento mi ricorderà di questa bella serata, mi farà pensare a lui e mi porterà allegria.“Nella steppa sconfinataa 40 sotto 0sono fermi in mezzo al gelo i cosacchi dello zar.Ma Popof così tondo che faràrotolando nella neve fino al fiume arriverà”
-------------------------------------------------------------------ANIMANERA: "OSSA ROTTE"Casa Morigi, via Morigi 8 Laboratorio condotto da: Natascia Curci e Antonio Spitaleri Con: Alexandra Albano, Claudia Bucur, Valentina Balzani, Semira Belkhir, Sonia Campagna, Andrea Cappelletti, Nazario Cameli, Alessandro Cevasco, Alessandra D'innocenzo, Francesca Ferrante, Daniele Gianotti, Massimo Maestroni, Alessandro Schiano