Il Mio Elfo

Il Mio Elfo è il mio mondo. Un mondo fatto di teatro, arte, musica e vita. Il mio mondo di attori, spettacoli, amici, bambini, viaggi e piccole avventure. IL mio Elfo è la mia grande passione, è IL TEATRO DELL'ELFO di Milano, il teatro del mio cuore. All'Elfo ho pianto, ho riso, mi son scordata preoccupazioni ed HO VISSUTO GRANDI EMOZIONI. All'ELFO ho conosciuto i miei più grandi amici, ho scoperto un mondo nuovo. All'Elfo dedico questo blog. Il mio primo ed unico blog. Cesonia.

 

TRA DIRE E FARE -GIORGIA.

 

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IL TEATRO DELL'ELFO

Dall'enciclopedia ENCARTA.... fondata a Milano nel 1972, la compagnia dell’Elfo si ritagliò fin dai suoi esordi uno spazio originale all’interno del panorama teatrale degli anni Settanta anche grazie all’allestimento di spettacoli come "1789: scene dalla rivoluzione francese, Pinocchio Bazaar, Le mille e una notte". Nel 1978, con l’acquisizione di una sala teatrale, la compagnia diede inizio a un nuovo corso, segnato dal grande successo di Sogno di una notte d’estate (1981), un’inedita versione musical-rock del testo di Shakespeare. Lo spettacolo costituì l’apice della crescita della compagnia, esperienza collettiva di un gruppo di registi e attori che vide in Gabriele Salvatores uno degli esponenti di maggior spicco. Negli anni successivi si affermarono nuove personalità registiche, come Elio De Capitani e Ferdinando Bruni, mentre il gruppo si dedicò alla scoperta dei migliori autori contemporanei; nacquero così Nemico di classe di Nigel Williams e Visi noti, sentimenti confusi di Botho Strauss, per la regia di De Capitani; Comedians di Trevor Griffiths, per la regia di Salvatores; Le lacrime amare di Petra von Kant di Rainer Werner Fassbinder, diretto da Bruni e De Capitani. Nel 1992 l’unione del Teatro dell’Elfo con il Teatro di Porta Romana diede vita a Teatridithalia. Portando al successo alcuni attori di primo piano della scena teatrale italiana, tra cui Paolo Rossi e Silvio Orlando, la compagnia proseguì la ricerca sulla drammaturgia contemporanea con gli allestimenti di testi di Brad Fraser, Steven Berkoff, Bernard-Marie Koltès, Yukio Mishima, Pier Paolo Pasolini, Giovanni Testori e Mark Ravenhill. In tempi più recenti, il rinnovato incontro con Shakespeare ha dato vita a una versione violentemente espressionista di Amleto, a una nuova edizione del Sogno (1997) e a una brillante rivisitazione del Mercante di Venezia (2003).
 

 

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Il camposanto di Ofelia Spavento

Post n°189 pubblicato il 14 Dicembre 2008 da Cesonia00
 

Per il ciclo “a Voce Alta”, tre serate per ascoltare storie
lunedì 15 dicembre 2008, ore 21.00

Il camposanto di Ofelia Spavento
di Rocco D’Onghia
Lettura scenica a cura di Cristina Crippa, Elio De Capitani,
Nicola Stravalaci, Stefania Yermoshenko
presso la Biblioteca Civica
via p. Giuliani, 1 – Monza
Per informazioni e iscrizioni: 039 382272

Ofelia è una “donna di mafia”. Indurita, spigolosa. Anche quattro dei suoi sei figli erano “uomini d’onore”, ma hanno in qualche modo sgarrato e sono stati uccisi. La madre vuole i corpi, per seppellirli e sfogare su una tomba il suo pianto. Un bisogno antico, primario e misterioso. Non si dà pace, prega, si inginocchia, scongiura. Non ottiene nulla. Un sogno la spinge nella fogna. Lucida e folle a un tempo allestisce con fiori e fotografie il suo personale cimitero, un luogo di confine col regno dei morti.
Suo marito Aniceto, vecchio comunista deluso e impaurito, incapace di combattere per le sue idee, la accompagna, attonito, preoccupato dall’imprudenza della moglie.
Nel suo vagabondare irrequieto lungo il canale della fogna, la donna scopre casualmente la prigione dove è rinchiuso un giudice rapito dalla mafia e nascosto in una specie di gabbia sotto una pescheria. La donna lo conforta, gli passa del cibo, gli parla, lo ascolta. Ma rifiuta con determinazione di esporsi per salvarlo.
L’uomo, prossimo alla morte, ripercorre squarci della propria vita, dell’infanzia, della giovinezza. Momenti teneri e drammatici, sogni, battaglie, fino all’ultima, fatale imboscata.
Ofelia contrappone i propri ricordi, le proprie paure. Dov’è lo stato, a chi può rivolgersi una donna come lei? –Siamo gente perduta, gente abbandonata. Se fossi nata maschio anch’io li avrei sbattuti in fondo a un pozzo i pazzi come te, perché sono solo d’ostacolo, e non possono cambiare nulla della follia del mondo-.
In quella anticamera del regno dei morti, si incontrano e si contrappongono due esperienze, due vite, due concezioni del mondo radicalmente distanti eppure indissolubilmente legate.
Ofelia –(…) quando non sapevamo dove sbattere la testa quegli uomini si sono mostrati benevoli nei nostri confronti; quando i ragazzi erano in prigione mai ci è mancata la protezione e il denaro per andare avanti alla meglio. Prima dov’eri tu con le tue auto blu e con la tua vita agiata? Avrei mai potuto parlarti se tu non fossi rinchiuso in questa lurida prigione, sceso anche tu nell’inferno dove io vivo abitualmente?
Prigioniero – (…) Chi sono i più forti in questa città? Quelli che per una parvenza di tranquillità, per un poco di protezione accampano diritti sulla vostra lingua, sui vostri occhi, sulle vostre orecchie. Pretendono l’osservaza delle regole e l’obbedienza a tutti gli ordini. Ordini facili da eseguire al principio. Magari solo un voto chiedono. Ma inseguito potranno esigere il tradimento di un amico o la consegna di un parente. (…) E’ possibile non vi accorgiate che quei padreterni a cui baciate le mani e chiedete favori, proprio quelli hanno tutto il vantaggio a far sì che non cessi la vostra miseria, che la guerra non abbia mai termine perché voi rappresentate, allo stesso tempo, le armi e il bottino? Se consideri amici i miei nemici, consideri nemica te stessa.
La conclusione della storia è dura, ma apre un varco al mutamento.
Scritto da Rocco D’Onghia nel ’93 sull’onda dell’emozione per le morti di Falcone e Borsellino, Il camposanto di Ofelia Spavento è un testo incisivo, concreto e visionario insieme, che ci sembra importante proporre oggi. Per ribadire insieme il bisogno della partecipazione, della capacità di reagire. Perché nulla di ciò che qui si racconta ha avuto a oggi termine o soluzione. Per continuare a parlarne.
Cento di questi giorni, biblioteca.

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Un blog di: Cesonia00
Data di creazione: 19/04/2008
 

 

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GLI ELFI NELLA MITOLOGIA

I mitologi della scuola germanica sostengono che gli Elfi non siano altro che le raffigurazioni simboliche degli elementi naturali del fuoco, dell'aria, dell'acqua e della terra. Sembra che gli elfi siano in grado di trarre la loro essenza da questi quattro elementi (sidifferenziano morfologicamente secondo l'appartenenza ai quattro elementi naturali).Dal gran numero di racconti popolari sono stati narrati come esseri socialmente organizzati, considerati come un popolo vero e proprio che viveva e agiva grazie alle proprietà degli elementi naturali. Gli elfi sono amici del genere umano, di indole indipendente e molto fiera, tra le loro caratteristiche vi è quella di indossare una cintura magica che consentirebbe di diventare invisibile, oggetto di alto valore simbolico nelle credenze non solo popolari ma anche colte delle genti europee dell'antichità. La razza della luce per eccellenza, sono ottimi arcieri e buoni maghi.
 

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