TRIESTE - È uno degli appuntamenti portanti del cartellone altripercorsi dedicato alle nuove istanze del teatro contemporaneo, Il sentiero dei passi pericolosi di Michel Marc Bouchard.... Prodotto dal Nuovo Teatro Nuovo di Napoli, lo spettacolo si avvale della regia da Tommaso Tuzzoli, regista poco più che trentenne, talentuoso ed emergente, assolutamente incisivo ed essenziale nel linguaggio scenico.
I tesi confronti verbali fra Victor, Ambroise e Carl – i fratelli al centro dell’opera di Bouchard – si traducono infatti in scontri fisici nella koiné recitativa a cui Andrea Capaldi, Andrea Manzalini, Silvio Laviano – questi i nomi dei tre interpreti – sono giunti attraverso una preparazione intensa, che è passata tramite un attento lavoro sull’improvvisazione e addirittura un training di boxe. L’assunto dell’autore, secondo cui il passaggio dalla vita alla morte è il momento estremo in cui poter guardare la verità dentro e fuori di noi, senza mistificazioni o filtri di sorta, si sostanzia in una messinscena costruita sul sottile confine fra morte e vita: la dimensione è infatti misteriosa al punto che i tre fratelli potrebbero essere già morti, e rivivere episodi del loro passato attraverso déjà-vu chiarificatori.
La trama de Il sentiero dei passi pericolosi (che porta come sottotitolo Una tragedia stradale) vuole che essi si riuniscano per compiere un viaggio: uno di loro sta infatti andando a sposarsi. La vita reale li attende, ma invano: incorrono infatti in un incidente automobilistico e restano prigionieri per sempre d’una foresta, nello stesso punto “pericoloso” dove quindici anni prima erano stati testimoni (volutamente inerti?) della morte per annegamento del loro padre. Un padre artista, poeta, ebbro… presenza ingombrante e ossessiva di cui hanno avuto la tentazione di liberarsi, ma che rappresentava per loro – lo capiranno troppo tardi, dopo averlo abbandonato ai flutti e aver vissuto anni nel senso di colpa – l’unica via di fuga dall’omologazione.
E davanti al loro “ultimo sentiero” ecco i tre fratelli dialogare, finalmente senza veli, in merito a questo misfatto condiviso e ad altre dolorose ombre dei loro profili e dei loro rapporti.
Carl – che avrebbe dovuto sposarsi – è il più giovane e quello che ha maggiori ambizioni a inserirsi in un ambito piccoloborghese: è commesso in una grande centro, “paradiso” del consumismo del Québec. Ambroise, gallerista ed esteta, è omosessuale e in passato ha avuto un’insana attrazione per il fratello piccolo: nelle sue battute dissacranti è da cercare il punto di vista dell’autore. Infine Victor, il maggiore, apparentemente un semplice taglialegna, ma in realtà il personaggio più misterioso e complesso, a cui è affidato il compito d’innescare il meccanismo drammatico delle rivelazioni.