Quella mattinata non prometteva né buone vendite né piaceri spirituali, tanto meno amori fatali, del tipo che non lasciano scampo ad alcun briciolo di raziocinio, che assorbono la volontà di vivere, senza la misteriosa malia amorosa, che t’infetta, come un contagio. La seducente forestiera era venuta in città per comprare marmi, necessari al restauro di quelli preziosi della sua villa rinascimentale su una collina della Val D’Orcia. Il suo profumo si mescolava con l’odore stantio di cera sui mobili vecchi, con quello esterno che proveniva dalle fognature, decrepite come le case.Esclamò sorpresa: – Oh… -, di fronte all’angelo in legno colorato che tenevo sopra un cassettone, illuminato da un faretto. – ha la stessa grazia della madonna senese che ho in casa -.L’adorai, perché mi dava subito l’opportunità di fare bella figura infiocchettando il discorso con la lingua armoniosa della storia dell’arte.Risposi rapido: – Anche lui è senese, quest’opera viene attribuita a Francesco di Valdambrino, un artista gotico che scolpiva già le figure nella bellezza formale del “Quattrocento”-, felice di parlarle di un argomento che ci accomunava, nella valutazione estetica di due opere d’arte simili, favorendo un’intesa intellettuale, prolungando il piacere di guardala senza imbarazzo, Ma, il vecchio architetto si irritò, non sopportò un minuto di più di sentirsi escluso da un dialogo che l’appartava, che percepiva come il nascere di un’intesa quasi amorosa tra persone giovani. Il “maledetto stronzo”, spezzò subito il nostro dialogo, richiamandola ad altri impegni urgenti. Disse con una voce di cartavetra: - Le ricordo che siamo già in ritardo, ci stanno già aspettando nella marmoteca della ditta… -. .Pronunciò un nome che a me non diceva niente. Lei, arrossì, come per un rimprovero: – Oh si, è vero. Mi scusi ma devo andare, la ringrazio della sua gentilezza, tornerò a trovarla -.Uscì in fretta, dopo una lieve stretta di mano, portandosi via una dose massiccia delle mie illusioni.Circa dopo quasi dieci anni m’aveva rintracciato, pescandomi in un paese sopra la collina, abitato da poche famiglie, una strada da percorrere tortuosa, tra ulivi e cipressi, che finiva in una piazzetta, quasi una terrazza sulla pianura e il mare sconfinato. Non un sito di transito, ma un luogo per dimenticare ed essere dimenticati. Nell’’arco di quegli anni consumati, avevo chiuso il negozio, liquidato le pendenze commerciali e sentimentali, trasferendomi alla chetichella sulla collina, per vivere all’inizio del paese, in una casa restaurata.Un pomeriggio qualsiasi, Nicola, il proprietario della locanda paesana, venne ad avvertirmi: - Una signora chiede di te al mio telefono -. Io, non avevo l’apparecchio fisso, solo a qualche raro parente o amico, avevo dato il numero del mio cellulare. M’avviai inquieto e incuriosito alla locanda, Invece, la sua voce subito mi confortò, la riconobbi appena flautò: - Diversi anni fa ammirai nel suo negozio un angelo in legno policromo di scuola senese , mi piacque tanto che le promisi di tornare a farle visita. Ahimè, la vita spesso ci coinvolge in altre vicende, ci fa prendere altre strade e dimenticare le promesse. In terribile ritardoi le chiedo se possiede ancora l’angelo e se é disposto a venderlo-.Si, l’angelo stava vegliando sul mio sonno, sopra il cassettone della mia camera da letto. C’ero affezionato e l’avrei ceduto a malincuore, ma quei soldi mi facevano maledettamente comodo, rinforzando le mie non fastose rendite economiche. Cercai di impostare nella voce un tono neutro, sperando che nascondesse l’emozione che stava subentrando all’iniziale sorpresa: - Ho qui con me l’angelo, a lei lo cederò volentieri. Spero che non le sarà scomodo arrivare al paese? -.Non si preoccupi, sono alloggiata nei paraggi, ci vedremo domani in mattinata -. Seguirono i saluti, modulati da una voce aggraziata.L’amico locandiere domandò: - Va tutto bene? -, nelle sue parole c’era un tono apprensivo. Lo rassicurai: - Grazie Nicola, è tutto okay –In casa, mentre tentavo di dare un ordine civile alle stanze, in attesa d’incontrarla, riflettei, senza stupirmi, per com’era stato facile per lei stanarmi nel mio anonimo esilio, addirittura in un’altra regione. Un mistero non difficile da sbrogliare, quando un destino può casualmente incrociare con quello di una ricca e nobile signora, che, abitualmente riceveva nella villa di famiglia, ministri e ambasciatori. Una scoperta causale, fatta dal barbiere, buttando uno sguardo distratto in una rivista di gossip che pubblicava i fasti ambientali di famiglie nobili toscane, con vigne a perdita d’occhio e cipressi di contorno. La mia dama del cuore, vi era fotografata in abito lungo, accanto ad una credenza del seicento, con sopra, appunto, una madonna lignea. Arrivò frastornata e sudata, sul finire della mattinata: - Ho sbagliato due volte la strada -, si lamentò con irritazione. Ma presto recuperò un sorriso: - Bello qui, il posto, forse un pochino remoto. Il caldo in pianura è opprimente l’aria condizionata nell’auto, improvvisamente ha smesso di funzionare –.. Venga, la mia umile casa è a pochi passi, potrà rinfrescarsi e ammirare l’angelo: Dopo, se mi permette vorrei invitarla a pranzo. Il mio amico Nicola ci aspetta nella sua locanda -.Uscì d ocinque centimetri-,precisai.- Circa come la mia Madonna, staranno bene insieme. Quanto chiede?-.Le rivelai il prezzo, tenendomi un po’ al di sotto della valutazione corrente diun’opera quasi museale.- Possiamo arrotondare a cifra pari? -.Sapevo che insistendo nella mia richiesta avrebbe pagato l’importo intero, ma lei aveva rispettato la promessa di tornare, anche se col ritardo di quasi dieci anni. La cifra era grossa, potevo farle lo sconto di un paio di migliaia d’euri, non avrebbero cambiato la mia vita in peggio. Come desidera -, concordai, - ora possiamo andare a pranzo? -. Nicola diede il meglio di se come anfitrione, fu discreto ma sollecito nel servizio, ci consigliò il suo vino migliore, quello che teneva di riserva per l’uso personale, usò verso di me un tono rispettoso, per far capire all’ospite quanto mi stimasse. L’avrei ringraziato dopo, in separata sede. Purtroppo il pasto non durò a lungo, l’ora del distacco si avvicinava, ed era inutile prolungare dopo il dolce quell’atmosfera di parole, di profumi di cucina che, a pranzo finito, a poco a poco si sarebbero raffreddati e inacidendo gli aromi.Eppure, ero fiducioso che gli dei pagani del paese m’avrebbero aiutato ad amarla. Li sentivo intorno a me senza vederli. Cerano ancora gli ultimi dettagli sul pagamento e il trasporto dell’angelo da definire tra le mura della mia casa. Ancora, il nostro tempo non era esaurito.
L'Angelo Senese
Quella mattinata non prometteva né buone vendite né piaceri spirituali, tanto meno amori fatali, del tipo che non lasciano scampo ad alcun briciolo di raziocinio, che assorbono la volontà di vivere, senza la misteriosa malia amorosa, che t’infetta, come un contagio. La seducente forestiera era venuta in città per comprare marmi, necessari al restauro di quelli preziosi della sua villa rinascimentale su una collina della Val D’Orcia. Il suo profumo si mescolava con l’odore stantio di cera sui mobili vecchi, con quello esterno che proveniva dalle fognature, decrepite come le case.Esclamò sorpresa: – Oh… -, di fronte all’angelo in legno colorato che tenevo sopra un cassettone, illuminato da un faretto. – ha la stessa grazia della madonna senese che ho in casa -.L’adorai, perché mi dava subito l’opportunità di fare bella figura infiocchettando il discorso con la lingua armoniosa della storia dell’arte.Risposi rapido: – Anche lui è senese, quest’opera viene attribuita a Francesco di Valdambrino, un artista gotico che scolpiva già le figure nella bellezza formale del “Quattrocento”-, felice di parlarle di un argomento che ci accomunava, nella valutazione estetica di due opere d’arte simili, favorendo un’intesa intellettuale, prolungando il piacere di guardala senza imbarazzo, Ma, il vecchio architetto si irritò, non sopportò un minuto di più di sentirsi escluso da un dialogo che l’appartava, che percepiva come il nascere di un’intesa quasi amorosa tra persone giovani. Il “maledetto stronzo”, spezzò subito il nostro dialogo, richiamandola ad altri impegni urgenti. Disse con una voce di cartavetra: - Le ricordo che siamo già in ritardo, ci stanno già aspettando nella marmoteca della ditta… -. .Pronunciò un nome che a me non diceva niente. Lei, arrossì, come per un rimprovero: – Oh si, è vero. Mi scusi ma devo andare, la ringrazio della sua gentilezza, tornerò a trovarla -.Uscì in fretta, dopo una lieve stretta di mano, portandosi via una dose massiccia delle mie illusioni.Circa dopo quasi dieci anni m’aveva rintracciato, pescandomi in un paese sopra la collina, abitato da poche famiglie, una strada da percorrere tortuosa, tra ulivi e cipressi, che finiva in una piazzetta, quasi una terrazza sulla pianura e il mare sconfinato. Non un sito di transito, ma un luogo per dimenticare ed essere dimenticati. Nell’’arco di quegli anni consumati, avevo chiuso il negozio, liquidato le pendenze commerciali e sentimentali, trasferendomi alla chetichella sulla collina, per vivere all’inizio del paese, in una casa restaurata.Un pomeriggio qualsiasi, Nicola, il proprietario della locanda paesana, venne ad avvertirmi: - Una signora chiede di te al mio telefono -. Io, non avevo l’apparecchio fisso, solo a qualche raro parente o amico, avevo dato il numero del mio cellulare. M’avviai inquieto e incuriosito alla locanda, Invece, la sua voce subito mi confortò, la riconobbi appena flautò: - Diversi anni fa ammirai nel suo negozio un angelo in legno policromo di scuola senese , mi piacque tanto che le promisi di tornare a farle visita. Ahimè, la vita spesso ci coinvolge in altre vicende, ci fa prendere altre strade e dimenticare le promesse. In terribile ritardoi le chiedo se possiede ancora l’angelo e se é disposto a venderlo-.Si, l’angelo stava vegliando sul mio sonno, sopra il cassettone della mia camera da letto. C’ero affezionato e l’avrei ceduto a malincuore, ma quei soldi mi facevano maledettamente comodo, rinforzando le mie non fastose rendite economiche. Cercai di impostare nella voce un tono neutro, sperando che nascondesse l’emozione che stava subentrando all’iniziale sorpresa: - Ho qui con me l’angelo, a lei lo cederò volentieri. Spero che non le sarà scomodo arrivare al paese? -.Non si preoccupi, sono alloggiata nei paraggi, ci vedremo domani in mattinata -. Seguirono i saluti, modulati da una voce aggraziata.L’amico locandiere domandò: - Va tutto bene? -, nelle sue parole c’era un tono apprensivo. Lo rassicurai: - Grazie Nicola, è tutto okay –In casa, mentre tentavo di dare un ordine civile alle stanze, in attesa d’incontrarla, riflettei, senza stupirmi, per com’era stato facile per lei stanarmi nel mio anonimo esilio, addirittura in un’altra regione. Un mistero non difficile da sbrogliare, quando un destino può casualmente incrociare con quello di una ricca e nobile signora, che, abitualmente riceveva nella villa di famiglia, ministri e ambasciatori. Una scoperta causale, fatta dal barbiere, buttando uno sguardo distratto in una rivista di gossip che pubblicava i fasti ambientali di famiglie nobili toscane, con vigne a perdita d’occhio e cipressi di contorno. La mia dama del cuore, vi era fotografata in abito lungo, accanto ad una credenza del seicento, con sopra, appunto, una madonna lignea. Arrivò frastornata e sudata, sul finire della mattinata: - Ho sbagliato due volte la strada -, si lamentò con irritazione. Ma presto recuperò un sorriso: - Bello qui, il posto, forse un pochino remoto. Il caldo in pianura è opprimente l’aria condizionata nell’auto, improvvisamente ha smesso di funzionare –.. Venga, la mia umile casa è a pochi passi, potrà rinfrescarsi e ammirare l’angelo: Dopo, se mi permette vorrei invitarla a pranzo. Il mio amico Nicola ci aspetta nella sua locanda -.Uscì d ocinque centimetri-,precisai.- Circa come la mia Madonna, staranno bene insieme. Quanto chiede?-.Le rivelai il prezzo, tenendomi un po’ al di sotto della valutazione corrente diun’opera quasi museale.- Possiamo arrotondare a cifra pari? -.Sapevo che insistendo nella mia richiesta avrebbe pagato l’importo intero, ma lei aveva rispettato la promessa di tornare, anche se col ritardo di quasi dieci anni. La cifra era grossa, potevo farle lo sconto di un paio di migliaia d’euri, non avrebbero cambiato la mia vita in peggio. Come desidera -, concordai, - ora possiamo andare a pranzo? -. Nicola diede il meglio di se come anfitrione, fu discreto ma sollecito nel servizio, ci consigliò il suo vino migliore, quello che teneva di riserva per l’uso personale, usò verso di me un tono rispettoso, per far capire all’ospite quanto mi stimasse. L’avrei ringraziato dopo, in separata sede. Purtroppo il pasto non durò a lungo, l’ora del distacco si avvicinava, ed era inutile prolungare dopo il dolce quell’atmosfera di parole, di profumi di cucina che, a pranzo finito, a poco a poco si sarebbero raffreddati e inacidendo gli aromi.Eppure, ero fiducioso che gli dei pagani del paese m’avrebbero aiutato ad amarla. Li sentivo intorno a me senza vederli. Cerano ancora gli ultimi dettagli sul pagamento e il trasporto dell’angelo da definire tra le mura della mia casa. Ancora, il nostro tempo non era esaurito.