IlRegnoDegliElfi

Sergej Esenin


Sergej Esenin, figlio unico di genitori contadini, rimane l'esponente piu' importante della cosidetta scuola dei "poeti contadini". Nei suoi versi traspare sia il mondo rurale della Russia di inizio secolo, esaltando le bellezze della campagna e l'amore verso gli animali, sia la sua vita da alcolista e frequentatore di bettole e bordelli. L'incontro con la già famosa ballerina Isadora Duncan sarà determinante anche per le sue ispirazioni poetiche oltre che per le sue vicissitudini. E' una relazione molto tormentata e difficile, capaci anche di clamorose stravaganze come quella volta a Parigi dove furono cacciati da un albergo perchè lei ballava nuda mentre lui recitava versi. Era, come diceva Branduardi, metà lupo e metà agnello, violento e aggressivo ma al tempo stesso persona profonda e sensibile. Mori' suicida, almeno questa è la tesi ufficiale, ma probabilmente venne "suicidato". All'alba del 27 dicembre 1925 si trovava nella stanza dell'albergo Angleterre, mancava l'inchiostro e per scrivere Congedo usò il proprio sangue, la sera stessa si impicco' al tubo di riscaldamento. In Italia una poesia del 1920, la "Confessione di un teppista", autobiografica, è diventata nel 1976 un best-seller popolare, nella traduzione di Renato Poggioli, come canzone musicata e cantata da Angelo Branduardi, tradotta con "Confessioni di un malandrino".Confessione di un teppistaNon a tutti è dato cantare,E non tutti possono cadere come una melaSui piedi degli altri.Questa è la più grande confessione,Che mai teppista possa rivelarvi.Io porto a bella posta la testa spettinata,Lume a petrolio sopra le mie spalle.Mi piace illuminare nelle tenebreL’autunno spoglio delle vostre anime.E mi piace quando una sassaiola di insultiMi vola contro, come grandine di rutilante bufera,Solo allora stringo più forte tra le maniLa bolla tremula dei miei capelli.È così dolce allora ricordareLo stagno erboso e il suono rauco dell’ontano,Che da qualche parte vivono per me padre e madre,Che se ne fregano di tutti i miei versi,E che a loro sono caro come il campo e la carne,Come la pioggia fina che rende morbido il grano verde                                                                            [a primavera.Con le loro forche verrebbero a infilzarviPer ogni vostro grido scagliato contro di me.Miei poveri, poveri contadini!Voi, di sicuro, siete diventati brutti,E temete ancora Dio e le viscere delle paludi.O, almeno se poteste comprendere,Che vostro figlio in RussiaÈ il più grande tra i poeti!Non vi si raggelava il cuore per lui,Quando le gambe nudeImmergeva nelle pozzanghere autunnali?Ora egli porta il cilindroE calza scarpe di vernice.Ma vive in lui ancora la bramosiaDel monello di campagna.Ad ogni mucca sull’insegna di macelleriaDa lontano fa un inchino.E incontrando i cocchieri in piazza,ricorda l’odore del letame dei campi nativi,Ed è pronto a reggere la coda d’ogni cavallo,come fosse uno strascico nuziale.Amo la patria!Amo molto la patria!Anche con la sua tristezza di salice rugginoso.Adoro i grugni infangati dei maialiE nel silenzio della notte, la voce limpida dei rospi.Sono teneramente malato di ricordi infantili,Sogno delle sere d’aprile la nebbia e l’umido.Come per scaldarsi alle fiamme del tramontoS’è accoccolato il nostro acero.Ah, salendo sui suoi rami quante uova,Dai nidi ho rubato alle cornacchie!È lo stesso d’un tempo, con la verde cima?È sempre forte la sua corteccia come prima?E tu, mio amato,Mio fedele cane pezzato?!La vecchiaia ti ha reso rauco e ciecoVai per il cortile trascinando la coda penzolante,E non senti più a fiuto dove sono portone e stalla.O come mi è cara quella birichinata,Quando si rubava una crosta di pane alla mamma,e a turno la mordevamo senza disgusto alcuno.Io sono sempre lo stesso.Con lo stesso cuore.Simili a fiordalisi nella segale fioriscono gli occhi nel viso.Srotolando stuoie d’oro di versi,Vorrei dirvi qualcosa di tenero.Buona notte!A voi tutti buona notte!Più non tintinna nell’erba la falce dell’aurora…Oggi avrei una gran voglia di pisciareDalla mia finestra sulla luna.Una luce blu, una luce così blu!In così tanto blu anche morire non dispiace.Non m’importa, se ho l’aria d’un cinicoChe si è appeso una lanterna al sedere!Mio buon vecchio e sfinito Pegaso,M’occorre davvero il tuo trotto morbido?Io sono venuto come un maestro severo,A cantare e celebrare i topi.Come un agosto, la mia testa,Versa vino di capelli in tempesta.Voglio essere una vela giallaVerso il paese per cui navighiamo.(Traduzione di Massimo Rossi)