Il mignolo

La (mia) cura.


Devo dire grazie al mio lavoro: perché mi riempie di speranza ogni giorno, ed esco con il sorriso. Devo dire grazie ad Ulisse, per quell'angolo dai muri bianchi che oggi ha condiviso con me, per la sua mano leggera sulla mia, che è stata reciproca, perché la cura non è mai a senso unico e se -tu sei qui accanto a me vuol anche dire che io sto facendo altrettanto-. Per la sua tristezza e la sua giovinezza segnata da una sorte crudele e per la cruda realtà. Per il libro che ha sempre con sé, e lo legge e lo rilegge all'infinito sperando di arrivare alla fine. Ma la fine non c'è mai. Devo dire grazie a Eleonora che mi abbraccia e mi chiede perché non rimango, perché mi aspetta altro lavoro, ma lei mi fa stare bene e mi fa sorridere, con il suo sincero affetto. Devo dire grazie a Mirte, che mi chiede sempre come stanno le bimbe e dice che sono proprio carine anche se non le ha mai viste. Ma questo non lo sa. Che le chiedo come ha passato la notte, che so essere stata disastrosa, e lei dolcemente mi dice -molto bene-. E mi fa capire che i mostri della notte durante il giorno non esistono. Devo dire grazie Mohamed, che nonostante la mia perseveranza nel buttarlo giù dal letto ogni mattino, quando ci sono, lui rimane fedele alla sua linea -sono depresso quindi mi comporto da depresso e quindi sto a letto- ma non mi ha ancora mandata a quel paese. Quando mi avvicino a quel letto, solo al suo, la penombra sembra essere in sintonia con il suo stato d'animo e la sua disarmante coerenza.Devo dire grazie anche al silenzio della scrivania e della burocrazia, dell'istituzione e di qualche corridoio che ogni tanto imbocco e percorro, quando proprio non c'è niente da sorridere ma solo una lontananza che mi spaventa.Devo dire grazie anche alle parole che non ci sono più, mentre vado al lavoro ed esco, mentre sto guidando, mentre sto mangiando.