Il mignolo

Angy deve arrivare in fondo alla strada e trovare 200 euro entro la mattina.


Salgo le scale dell'imbarcadero, l'albergo è a due passi e tutti dormono. Sono le sette del mattino e proseguo dannandomi l'anima a maledire la mia insonnia mattutina, chissà perché poi ho la presunzione di svegliarmi da uno stato ristoratore quando in realtà forse è solo l'inconscio che mi desta e mi salva da inutili incubi, riflettevo mentre ordinavo un caffè al bar. Tu guarda il lato positivo della cosa. Mi hanno insegnato. Intanto prendo posto sulla terrazza, tavolini, sedie, posacenere ed un paesaggio mozzafiato, con la cima delle Alpi innevata accarezzata dal sole appena sorto. Non so se mi spiego, è tutto maestoso, lo scenario, il caffè caldo ed il silenzio della solitudine. Mi ritrovo in una stato di contemplazione, l'imperfetto che osserva la perfezione e ne viene assorbito. A parte Angy. Non l'avevo neppure notata ma vengo richiamata da risa sguaiate e da parole che assomigliano più a schiamazzi, con versi che sanno di triste e non hanno nulla di comico. Sul tavolo davanti a lei un bicchiere di vino. Lo sorseggia mentre è al telefono. Si siede, si alza, si risiede, non ha pace. Blatera con qualcuno. È ubriaca. Presa da un mostruoso cinismo e parlando al vuoto scommetto sulla mia sorte imminente - vuoi vedere che finita la telefonata attacca un pippone anche a me? Ma no...-. Infatti. La filippica è durata circa venti minuti, ebbene sì detestavo l'idea di abbandonare quel paradiso in terra.