Il mignolo

In conclusione...


Che dire. Sono convinta che anche i miei oncologi abbiano un animo poetico. Lo notavo dal tono della voce, da come accarezzavano la fede al dito. Lo notavo dal loro scrutarmi e sentirmi la schiena e poi ricoprirla con i miei pigiami improbabili. Sono assolutamente convinta che le loro mani esprimessero delicatezza interiore e che l'acqua poi sulle stesse, ad una visita e l'altra, lavasse sgomento e un po' del nostro male. Credo fermamente che le loro spalle voltate e il loro parlarmi di schiena a volte potesse essere solo un nascondiglio, del quale non potevano fare a meno, e mi ci sono nascosta anch'io in mezzo alle loro scapole. Il loro sorriso e la loro tenacia nel sorreggerlo fossero eroiche manifestazioni di coraggio. La camminata lenta e rispettosa del silenzio, a fianco il mio letto. La porta socchiusa e il loro spirito curioso, avventuriero, ad un capezzale. Il non fermarsi e l'andare avanti, la ricerca e l'impegno, la nostra volontà coriacea che ci illuminava e reciprocamente restituivano, il nostro scambio di suoni, sempre uguali, aspettando Godot, la ripetizione delle azioni amate ed odiate ogni giorno e l'attesa di un particolare, un dettaglio che immancabilmente arrivava a ravvivarci una cellula, poi un'altra ed un altra ancora e lentamente diventava il nostro nuovo DNA. E loro ci accompagnavano così, con scarpe da ginnastica e a volte nuovi tagli di capelli, con targhe traballanti alle loro auto in alcuni casi davvero scassate. Molto scassate, ma sorprendentemente simpatiche.