Il mignolo

Giulia


Se qualcuno la vedesse sentirebbe una pena infinita. Senza vergogna, sarebbe la sensazione più umana che si potrebbe sperimentare di fronte a lei. Poi un vuoto assoluto sulle labbra ed una gola strozzata da tanti pensieri e parole che in alcuni frangenti non potrebbero emergere. E' meglio così, sarebbe la sintesi di tutto, mentre la figlia la guarda con occhi carichi di affetto e di speranza, compassionevoli e storditi da un lutto inesorabilmente imminente. Giulia ha smesso di mangiare e sta facendo morire il suo corpo. Nell'ambiente, fra di noi, vige una strana leggenda: Quando un paziente smette di  nutrire il suo corpo e idratarlo è perduto, esprime il volere di andarsene e ci riesce. Questo la figlia non lo sa, non è cinismo, ma l'alone sotto gli occhi, il respiro faticoso, le labbra appena schiuse per lasciar passare solo qualche sibilo in risposta a domande, stupide, troppo stupide cazzo, non lascia presagire altro. Questo è il lusso di essere fuori ed io invece ero lì davanti a loro. Il labbro della figlia era sforzato in un accenno di sorriso, tradito dal tremore delle labbra. Io in silenzio come una cretina che mi dannavo per trovare qualcosa da dire. Dovrei sapere cosa dire, eppure a volte l'unica cosa che riesco a fare è stare in silenzio. Tutto questo mi fa letteralmente impazzire. Rimaniamo sole io e Giulia, finalmente riesco a farle una carezza sulla fronte e ad aprire bocca. -Sei stanca Giulia? Puoi dormire se vuoi- -Stai qui con me?- -Sì- . Sto pronunciando delle parole assurde. Non ci credo che siano uscite davvero. Eppure sì, le ho proprio detto che poteva andarsene se lo voleva, che era tutto a posto e sarei rimasta lì a farle compagnia. Mi viene una vertigine che quasi ho bisogno di sedermi, mi sento frastornata dall'estremo, dal limite superato. Ho fatto uscire l'indicibile, l'incredibile, l'inaudibile.