Il mignolo

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7:58. Sveglia da tre ore e praticamente in ritardo. Seduta comodamente nel sedile della mia auto a fissare la nebbia che confonde cielo e terra al di là del vetro e non risparmia pensieri. Perché io ci parlo con la nebbia. Trenta secondi mi ripeto, poi scendo, lo prometto all'orizzonte che non c'è ma percepisco. Sbuffo, mi picchietto il labbro superiore, poi nascondo le labbra con la mano. No, non ci parlo, io ci penso, la respiro, ma non mi esprimo al freddo vuoto. Arrivano auto e si affiancano alla mia, ancora 10 secondi, lo giuro e vado all'accettazione. Perché poi parlo anche con i pioppi che incorniciano il grigio spettrale della mattina e devo finire il discorso con loro, e devo ribadire il dissenso, il fastidio, ma loro muti se ne stanno indifferenti verso l'alto. La gente scende, 5 secondi, sul serio, mi sgranchisco le ossa, ci provo. Perché parlo anche alle mie ossa, io. - Fate le brave e sorridete, dite cis...-