Il mignolo

A cuore aperto. Non c'è ancora una fine, per fortuna.


Al suo rimprovero mi ritrovo ad osservare il mio orologio perplessa. Non è tardi, quanto tempo mi sarò soffermata ad osservare quell'abbraccio sentendo acqua fluire? Trenta secondi, non di più. Eppure lo vivo ogni giorno, adesso costantemente. C. freme, trema. Il suo corpo si è fermato a virgulto. Non so come faccia a stare in piedi, ma prosegue con il caffè senza zucchero e le sue risate isteriche. Io invece ho bisogno di zuccheri, di sole, di fumare, di calore e di estate, girando il caffè nella tazzina. Usciamo. Le altre due che ci hanno raggiunto sono invisibili, se le guardassi vedrei la facciata di S. Apollinare, le loro voci a pochi centimetri mi sembrano un eco incomprensibile distante anni luce. Non ci penso, non voglio distrazioni. Un'altra risata isterica da parte sua mentre mi racconta un aneddoto che dimentico all'istante. Voglio arrivare la. Lo voglio subito, pioggia di merda. Si aprono le porte, dirigo lo sguardo al tavolo di lavoro dietro al quale saremo squadra, dopo sveglie puntate all'alba, ore notturne a inviare posta, intuizioni improvvise all'una, alle due, a cercare il termine adatto, a costruire strutture progettuali efficaci, puntuali, fluide ed in sintonia con dieci storie. I miei compagni. A motivarle, a ragionarle, a scrivere poi - lo so è tardi, ma ci sei? Ho bisogno di un'opinione- e sentire all'istante il telefono vibrare - lo sai che non dormo mai, dimmi-. E avvertire un immenso piacere dissolvere l'ansia, realizzando di essere solo a metà strada.