iltuffomancato

Anoressia Tutto come un'abisso


Così ci si sente, come in un abisso, come se un vortice ti risucchia e tu hai perso il controllo della situazione, stai lì a guardare e invece di poggiare i piedi a terra, perchè vuoi farlo, sprofondi in un vortice, lento, che ti risucchia pianissimo, te ne accorgi, ogni tanto scorgi una mano che ti vuole prendere ma fai finta di non vederla. Questo è quello che succedeva, non volevo che qualcuno mi portasse con i piedi per terra, che mi ricominciasse a far vivere, equivaleva ad ingrassare, tornare indietro, come avrei potuto permettere di rovinare tutto il mio lavoro?? come potevo dare la possibilità a qualcuno di aiutarmi? in realtà era questo quello che stavo facendo. Iniziò così il calvario, gli svenimenti erano sempre più frequenti, erano quasi giornalieri, non riuscivo più a stare in piedi, stavo lentamente morendo, dentro lo ero già, non provavo dispiacere per le lacrime di mia madre, ma solo fastidio, non mi importava degli sguardi dei miei cari amici, della loro volontà di starmi vicino, vogliono solo farmi tornare quella che ero prima ed io non lo voglio, questo pensavo....Le visite al pronto soccorso si fecero quasi giornaliere, la sera crollavo a terra, cadevo di peso, le mie ginocchia erano livide, il mio bacino evidente, le ossa si contavano, ma nonostante questo, il mio specchio rifletteva sempre un'immagine che a me non piaceva, tonda, con il mio grande seno e la vita arrotondata, ma era quello che i miei occhi vedevano...non era quello che ero davvero. Ormai ero arrivata a 42 chili dai miei 76, nonostante questo, io ero sempre quella di un anno prima, era quello che io vedevo e non mi importava dei commenti di mia madre, del suo dolore, io dovevo vedermi come volevo, non ci sarei mai riuscita, ma chi lo capiva?? il mio cervello era in un'altra dimensione. Una notte, il malessere fù più brutto e forte del solito, pensavo di morire, in realtà stavo morendo, lentamente, qualcuno mi dava per spacciata...e non aveva tutti i torti. Durante questa visita al PS dove ogni volta mi reidratavano con una flebo e mi rispedivano a casa, chiamarono un medico, che ricordo ancora....parlammo tanto, ed io piansi, ci sapeva fare, aveva davvero capito cosa stava succedendo ed andò dritto al dunque, in dieci minuti mi fece vomitare tanti di quei pensieri che non sapevo neppure io di avere, uscimmo dalla stanza, dove c'era mia madre ad aspettarmi, lui mi mise una mano su una spalla, e rivolgendosi a mia madre disse "signora, sua figlia è depressa, ha bisogno di aiuto, la porti in un centro, dove troverà questo medico..." Dopo una settimana, mi ritrovai seduta davanti ad un uomo che non conoscevo a cui avrei dovuto confidare le mie cose più intime e a cui avrei dovuto dar conto di quanto avevo fatto fino a quel momento. Ma come avrei potuto raccontare del mio lavoro?? non era ancora finito, non potevo mica svelare il segreto ....io pensavo stupidamente che nessuno avesse potuto capire e interferire...e invece...proprio lui mi aiutò a risorgere. Uscii da quell'ambulatorio con un foglio ripiegato tra le mani, mia madre era lì ad aspettarmi, c'era una sfilza di robaccia da prendere....era iniziato il calvario, la sofferenza e la lotta tra il mio desiderio di continuare il mio lavoro, e la volontà di chi mi circondava di vedermi risorgere. Le sedute iniziarono a essere settimanali, ma non potevamo più continuare ad incontrarci in quella struttura, ma in una privata, dove ogni volta avremmo dovuto pagare, ed io pensavo...."stiamo pagando una persona che stà rovinando tutto il mio lavoro, tutto quello che io fino ad ora ho fatto....non è possibile". Lo odiavo, odiavo chi mi aveva portato lì, odiavo i miei amici, non volevo che nessuno mi commiserasse, io non volevo essere guardata con occhi diversi, ero diventata quella "Franceschina", piccola, tanto piccola da esser contenuta nel palmo delle loro mani. Ma questo a nessuno piaceva, nessuno capiva quanto fossi orgogliosa di mostrare le mie ossa, e le mie occhiaie...io lo ero!! avevo quasi raggiunto quello che doveva essere il mio lavoro, ma non bastava, dovevo riprendere il controllo, pensavo stupidamente......dovevo "tenermi in piedi", non prendere quella robaccia che mi faceva rilassare e non pensare, che mi distoglieva dal mio "lavoro", che mi faceva mangiare! io non potevo! ma soprattutto non volevo!!!