Ilvanni

MADDALENA


INFINITO INCUBOTutto ebbe inizio nel 2008, quando il neurologo che aveva in cura Maddalena ci consigliò uno specialista del settore, e fu così che prese avvio quello che è un vero calvario.La mia funzione psichica riproduce immagini, lavora, elabora, immagazzina sensazioni che poi localizza con il trascorrere del tempo: il tutto viene custodito nell’attesa di una esplosione che verrà proiettata sulla tela.“Infinito  incubo” è il titolo dell’opera terminata nel 2016 ed è collegata alla mia amata consorte, la quale soffre del morbo di Parkinson, che da metà mattinata in poi è sopportabile, fino al primo pomeriggio, per sfociare di notte in un periodo burrascoso, con l’irrigidimento delle gambe e dei muscoli.Nei movimenti notturni ha bisogno di aiuto, trovandosi nella totale immobilità.I farmaci oppiacei recano scarso sollievo, ad eccezione della Cannabis, la quale, a differenza degli abituali lenitivi, rende meno disagevole il movimento degli arti inferiori.Nel corso degli anni, caratterizzati da una incessante tensione, non sono mai riuscito ad enucleare ciò che era compresso negli anfratti della mia psiche, ed in riferimento alla malattia suddetta si sono verificate in Maddalena frequenti perdite di equilibrio, con svenimenti, collassi, cadute, fortunatamente senza irreparabili conseguenze, ma nello scorso mese di agosto la situazione è degenerata con improvvisi annebbiamenti della coscienza ed assoluta rigidità delle membra, protrattisi per circa otto minuti, il che ha scatenato in me attimi di terrore, fino all’intervento degli operatori del 118.Maddalena si è ripresa ed io ho avvertito lo struggente bisogno di trasporre sulla tela in oggetto quella sconvolgente, devastante sensazione che mi ha messo in contatto con l’aldilà, con la presenza in primo piano della tetraggine di un teschio su cui sono conficcati chiodi arruginiti, ad esprimere un indicibile stato di sofferenza mai provato prima, accompagnato da maschere stravolte dal dolore, in un contesto di irrefrenabile disperazione esplosa come una tempesta cromatica dai meandri lungamente repressi negli scomparti della mia lacerata memoria.Vanni Novara