Imiei2centesimi

La Morte... che pena!!!!


 di Otta von BassEra il 30 dicembre 2006 quando l’Italia si svegliava con la notizia dell’impiccagione dell’ex dittatore Saddam Hussein, condannato da un tribunale speciale iracheno per crimini contro l’umanità, tra i quali ricordiamo, nel ventennio che va dal 1973 al 2003, soprattutto la repressione compiuta nei confronti della popolazione curda in Iraq, un vero e proprio genocidio se consideriamo la strategia studiata per eliminare gli appartenenti a questa etnia (vedi l’utilizzo delle armi chimiche).Sebbene all’epoca lo scalpore suscitato da questa morte fece il giro del mondo e in molti polemizzarono per la decisione, a distanza di quattro anni cosa è cambiato a proposito della pena di morte? Il 18 dicembre 2007 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha votato per una moratoria universale della pena di morte in tutti i paesi che appartengono all’ONU; non si tratta di un’abolizione vera e propria della pena capitale, che infatti non verrà cancellata dalle legislazioni delle nazioni che ancora ne fanno uso, ma è un passo avanti verso l’abolizione totale di tale pratica barbara, poiché la proposta è stata ratificata con 104 voti a favore, 54 contrari e 29 astenuti.  Al giorno d’oggi sono sempre più numerosi i gruppi che si battono contro la pena di morte in nome dei diritti umani, come Amnesty International, organizzazione già vincitrice del Premio Nobel per la pace (1977) e del Premio delle Nazioni Unite per i diritti umani (1978), o l’associazione italiana Nessuno tocchi Caino.  Al di là delle motivazioni religiose, la pena di morte può considerarsi sbagliata per diversi motivi: lo stato che ricorresse a tale punizione compierebbe di per sé un omicidio e un “furto” poiché la vita del condannato non è di sua proprietà e costituirebbe un esempio negativo per il cittadino, che si sentirebbe maggiormente legittimato a uccidere, diventando la vita umana meno intoccabile.Esiste inoltre la possibilità d’errore da parte del tribunale, qualora condannasse a morte un innocente questi non potrebbe essere riportato in vita e qualsiasi risarcimento sarebbe incomparabile alla perdita della famiglia. Un discorso simile si può fare parlando dei familiari di un’eventuale vittima: comprendo l’odio e la voglia di vendetta nei confronti di chi ci ha portato via una persona amata, ma così facendo ci abbasseremmo allo stesso livello dell’assassino e il nostro caro non ritornerebbe comunque da noi.Molto meglio, a mio parere, condannare chiunque, anche i colpevoli degli omicidi più efferati, a una lunga condanna in carcere, durante la quale abbia modo di rendersi utile svolgendo lavori per la società, seguito da un personale specializzato che possa aiutarlo nella riabilitazione e nella redenzione.