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Millequattrocento operai messi in libertà

Post n°485 pubblicato il 14 Settembre 2013 da Lucien.Chardon

Alcune vicende sono come l’olio miscelato con il vino, rivelano una confusione mentale, una malafede, un’ipocrisia, un cattivo gusto difficilmente comprensibili dalle persone perbene, meglio dalla generalità delle persone, naturalmente portate ad operare il bene e a credere nella bellezza e nella giustizia.

Alcune vicende sono un concentrato di malafede e stupidità, sono così  indigeribili da  potere  trovare giusta collocazione in un testo destinato a raccogliere la narrazione di tutte le testimonianze  dell’imbarbarimento dell’odierna società, un libro  il cui titolo potrebbe essere “Stupidario anno …”.

Si tratterebbe di un’opera difficilmente collocabile nella letteratura ma utile a capire questa nostra società attraverso un ragionamento di tipo associativo diretto  a  cercare in fatti diversi, ma emblematici e  contrassegnati da stupidità e cattiveria, analogie, connessioni, cause ed effetti.

In questo mio ipotetico stupidario rientrerebbe di forza la grottesca vicenda dell’ILVA che è culminata in una frase stupida e cattiva, stigmatizzata giustamente dai sindacati, dai politici: “La società ha messo in libertà millequattrocento operai”.

Il fatto in sé è grave, migliaia di famiglie sul lastrico e precipitate nell’incertezza da un giorno all’altro,  la locuzione “messa in libertà” stupida, cattiva, insopportabile dalle persone normali che annettono alla parola libertà un significato tutt’affatto diverso a quello sotteso in quell’espressione idiota.

L’espressione “mettere in libertà” può adoperarsi quando  si restituisce al suo habitat naturale un animale tenuto in gabbia, non può pronunciarsi all’indirizzo di  chi viene privato del lavoro e dei mezzi di sussistenza per ragioni incomprensibili, alle persone normali.

La libertà è una conquista sociale, una cosa sacra…

 
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