In Xenetia

.22.


***Ho trovato un posto dove stare seduta tranquillae alzarmi ogni tanto nell’attesaespirare piano tutta l’aria del corporestare vuota ad aspettare che anche tu sia vuotoe neanche vuoto sarà abbastanza.* *Tutto ciò che muove salecome sapienza lungo vie esplorate dai santiche salamandre e caprioli conoscono molto beneda molto più tempoe che le cose praticano nel silenzio della loro natura e mai per caso.Qui le cose tendono a ciò che è bene per loroobbedienticome frecce scagliate verso il bersaglioe non starò a dire chi è l’arciere.* *Dov’e quel tetto di coppi e lamierae il muretto – gonfiato d’abbandonoil tornante la sorgente il sentieroi gesti dei campi le corse in salita il cielogonfio di navi ancorate?Tutto si alza in volute come da un bollitoresvanendo a spirale tutto tornaalla fonte sonora originaleper prendere forma memorabile.* *Siedo da anni nell’ansadove curvano i pensierisi congiungono e riavvianomi infilo nello spazio tra uno e l’altroallargo le gambe – divarico il tempotra la fine e il principiodella pausa prendo l’impronta.**“In questo testo si compone verso dopo verso la suggestione della sparizione come passaggio. È il mio canto stanziale che si fa parola nomade e apre, ingloba, sputa e riaccoglie al proprio interno. [...] La salvezza insita nella sua saggezza. Mi rivolgo e parlo direttamente a lui: al paesaggio. Invoco la sua forza, l’essenza fisiologica della vita, perché operi un risanamento. È un’invocazione ma è anche una lotta, un’imprecazione, un sacrificio affinché tutto sparisca e rinasca a nuova vita.”(Antonella Bukovaz)* * *non sto in piedi e la terra non mancaio però cerco un'altra materiaa sostenere la geografia che portotatuata sotto la pianta dei piedi*
del prato mi piace l'orlodove sfrangiano i cespugli al limitare del boscocome i pizzi di una sottovesteil vento li sollevain un frusciare di vespe*(ed. LietoColle)ogni giorno sgrano per le mie figlie un melogranone raccolgo le perle in due ciotolementre osservano impazientie imparano a contareda Tatuaggi* * **
 Se io fossi un viaggiatore inquieto e tu la mia casati traslocherei ad ogni partenzavorrei vedere cosa va persoe cosa pensato perduto ricompare.. . .  Draga moja danzo al tuo ritmosenza mai essere a casanei campi a cui Šiman risaliva la terrail bosco soffoca ai meli muschiatila voce fruttuosatesa ad arco la faggetal’idea aperta dovrebbe invadertiscatenarsi così intensamentetrasformarti da bersaglio in frecciama incaglio è l’antica nomadezza.Impasto mederjavkauova luštrik moko an mliekoper risentire l’unica voce che mi appartiene.*Voce voce voceho bisogno di vocecon la vocecercataparlata nella voce.È stata.Dove? Tam! Tam!Dajte mi glasglas glasE ora ètardie ora èdomani.Tam je bloali tamle... al taleekje? da Al limite* * *
Antonella Bukovaz(il cognome significa "colei che vive nei pressi del faggio".Bukev è faggio, bukva è libro)