In Xenetia

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*Antonio (Toti) Scialoja. Artista poliedrico conosciuto soprattutto per la sua opera pittorica,  la cui propensione artistica si manifesta assai presto nell'esercizio della poesia, del disegno e dell'illustrazione. Interrotti gli studi in giurisprudenza, nel 1937 decide di dedicarsi esclusivamente alla pittura. Abbandonati i modi espressionisti degli anni Quaranta, la pittura di Scialoja attraversa una brevissima stagione neocubista per poi divenire definitivamente astratta. Nel 1957 Scialoja elabora la sua particolare tecnica dello "stampaggio", con la quale dà figura alle "impronte", una delle forme maggiori dell'arte astratta europea dei tardi anni Cinquanta e Sessanta.Scialoja è stato, oltre che pittore, scrittore, scenografo, docente, ma soprattutto un poeta innovativo e singolare nel panorama della poesia italiana del Novecento. Lo si può definire un giocoliere di parole: la parola, nucleo originario, elemento di base su cui si costruisce il componimento poetico, torna ad essere protagonista con la sua opera.*Di giorno quando i gatti sono intensipensi che il loro pelo offuschi i sensi.Di notte quando i gatti sono immensisi ricopre di pelo quel che pensi.Chi mette la mosca per escadimostra che losca è la pesca:se infatti la lasca ci cascac'è caso che a sera finiscanon lasca ma labile lisca.Cerco l'ago nel pagliaiocerco l'ego nel migliaiocerco l'ergo nel bisbigliocerco l'agro nell'intrugliocerco il largo nel risvegliocerco il drago nel vermiglio. In mezzo ai rovi a Ninivevisitiamo rovinesono bianche le spinebianche in alto le nuvole.Non cade neve a Ninivenon arrivano navitu che puoi farlo vivinele inanità soavi.Da "La mela di Amleto", 1984*
Scialoja ama logorare le parole e, allo stesso tempo, ama effettuare il processo inverso: usa parole logore, svilite dall'uso quotidiano e dà loro una nuova veste, dando loro una nuova importanza. Le sue poesie si costruiscono sulla ripetizione sonora: il ritmo è incalzante, a volte diventa ipnotico, incanta il pubblico infantile senza lasciare immune dal suo fascino anche quello adulto. I suoi versi sono anomali nella tradizione poetica italiana e sono piuttosto ascrivibili alla tradizione anglosassone del nonsense e del limerick, come ha giustamente riconosciuto - tra i primi - Italo Calvino.*La danza che specchia la speranzala pazza che spezza la danzala voglia che sciupa la guanciala frangia che vela la vogliala foglia che varca la sogliala stanza che invoglia chi sognala sveglia che suona a distanza.Nella raccolta intitolata Amato topino caro, stampata da Bornpiani nel 1971. Vi è scritto nella presentazione del libretto: “La struttura di queste poesie nasce da un metodo puramente linguistico au­tomatico, al modo dello scioglilingua, della filastrocca e del nonsense. Gioco fonemico che i bambini inten­dono d’istinto, che eccita la loro curiosità, li muove alla scoperta della parola nuova come incantevole meccanismo sonoro. Infatti l’ostacolo che rappresen­ta il vocabolo inatteso, nell’assonanza con gli altri, contribuisce a creare quei paesaggi di parole che liberano il bambino dalla soggezione al linguaggio e dentro i quali essi entrano ed escono con felicità e naturalezza”.*La zanzara dello Zambia
quando zompa su una zampada Kasempa alla Tanzaniamica danza, mica smania,mica semina zizzania,sente solo che uno zampirone brucia nella stanza.*La zanzara, per decenza,ha una tunica di organza,quando è sbronza vola senzaa zig zag per la Brianza.Una volta spesi un gruzzoloper andare a Veracruza veder sette zanzareun po' vizze nella tecama di pura razza azteca."La poesia è un giuoco. E’ – anche – un giuoco. La poesia è sonorità, fonemi, altrimenti sarebbe prosa. La poesia è un altro modo di esprimersi, non attraverso le parole della prosa, cioè della conoscenza. E’ un modo di esprimersi, invece, attraverso le parole della non conoscenza, della follia, del sogno, dell’evasione, del nulla, del rapporto con la morte, con la vita.     Le parole della poesia sono così, allora, perchè sono canto, sono suono. La poesia del resto è sempre stata un canto. E’ nata come un canto ripetuto, pieno di assonanze, perchè potesse essere memorizzato da chi lo ascolta, nelle cantilene, nelle novene. La poesia è come un “ora pro nobis” e, quindi, giuoca essenzialmente sull’alliterazione, sulla rima. E che cos’è la rima se non un giuoco fonetico? La rima è una specie di droga, di allucinogeno del pensiero del poeti. I concetti, i pensieri stessi allora, le immagini sorgono da questo bisogno di far rima. Penso che la bellezza di migliaia di momenti danteschi stia proprio in questa rima che inventa un mistero che altrimenti non sarebbe sorto." [da un'intervista di Ivan Crico]*Ti ricordi gli stormi
nei tramonti dei nostri bei giorniquando i treni si fanno notturniattorniavano Terni e dintorni?Bei tramonti che accesero Ternirispecchiandone il fuoco dei fornimentre i cieli diventano infernitaciturni se ruotano stormi. Neri stormi sui monti di Terniche di sera perdendo i contornifrastornavano i nostri ritornicon l’eterno stormire degli orni. Son trascorsi gli autunni e gli invernisono andati e tornati gli stornisulla Nera su Terni e Narnisulle pere forate dai vermi. da "I corvi di Orvieto", 1974/1976*
La pittura tornerà a essere cosa - non oggetto. Oggetto vuol dire strumento. [...] Ma una "cosa" - usata proprio in questo termine confuso e generico - ma una cosa è contatto con l'umano, esprime non appena la si considera, racconta, trasmette. [...] Un fiore colto, una pietra raccattata, rimangono nella tua mano, finché non la getti, non la riabbandoni alla smemoratezza naturale, al flusso oscuro dell'universo. (Il sasso che ributti nel mare, dopo averlo accarezzato, diventerà distante da te e irraggiungibile, per sempre, come la più lontana delle stelle). Diventerà arte quella cosa toccata da te, che non sarà possibile più rigettare nel nulla, che per sempre avrà serbata e trasformata in forza naturale la tua impronta. Oggi la pittura opera direttamente sulla materia; e un quadro è prima di tutto una cosa, non utile se non per aver accolto la tua impronta spirituale. Quadri come tracce di vita, frammenti lungo il cammino, erbe bruciate dove accampasti il sonno, i lembi rimasti sugli spini. In ogni epoca i pittori si espressero con segni su superfici. Con segni su superfici i pittori oggi esprimono questa idea: che l'uomo sia spirito e terra insieme; parola e insieme sangue; e che sia umana non la sola effigie fisica dell'uomo ma ogni cosa che l'uomo riconosce e distingue, ogni cosa che immagina, ogni cosa "increata" non appena egli la nomini.  - [tratto da "L'Esperienza moderna" Rivista Culturale, Ottobre 1956]*
La mosca si mischia alle moschela mosca s’infischia di moschedi colpo si posa sul briccosul bistro sul nastro sul paccosul filtro sul feltro sul tapposul vischio sul testo sul rasposul disco sul tacco sul talcosul peltro sul cesto sul tastosul desco cosparso di lischedi colpo si mischia alle mosche*
Era gruvi, gruvi erail tuo cacio con i fori,era brughi, brughi erail tuo bosco con i fiori,era frutti, frutti erala speranza del tuo viaggio,era preghi, preghi eraquel che avevi nello sguardo,fu più rapida di un sorsola tua anima di sorcio. da "Pane coltello e piatto", 1973/1974*I giochi verbali delle prime raccolte, di fronte al mistero della morte, di una vita che giunta al suo termine si interroga su se stessa, vengono sostituiti dall’adozione di una forma metrica antica, nata dalla suggestione suscitata dalla lettura di un raro esempio pascoliano. La necessità di un altro ritmo, nell’urgenza d’incanalare in una forma il fluire delle memorie, si afferma imponendo un netto cambiamento di direzione. Il nitore assoluto, la struttura precisa diventano quindi – anche – una forma di resistenza all’oblio, al sfibrarsi del ricordo in cui tutto diventa indistinto. [da un bel post di Ivan Crico su La dimora del tempo sospeso]*Apparisti sulla soglia vestita di velluto violanon annebbiata dal viola ma resa meno visibilevenivi soltanto avanti come quella che si rivelaconfusa dal viola e il suo modo svenato di impallidirecol passo di chi attraversa qualunque promessa violata.Così ti ho vista ad un tratto svincolata da ogni segretovenire avanti in visita rivestita del tuo respiroil viola esausto svaniva per istanti dentro il vellutovolgesti il volto attirata dal folgorante mazzo d’irissollevasti le braccia decapitata dagli iris.*
*Toti  Scialoja(Pittore di Parole - Roma 1914/1998)