Incosciente2.0

Si chiama Ansia.


Non è che manchi il tempo per la riflessione, ma il tempo della riflessione. O magari il tempo non c'entra affatto, anzi parrebbe in esubero. Spazi da colmare, colmati sempre nel modo sbagliato. Strade semplici, veloci, che invece risultano impervie. Ho dimenticato come si fa. A svegliarsi in modo normale e vivere la giornata che comincia in modo normale. Apro gli occhi con il suo abbraccio soffocante che mi dà il buongiorno. Schizzo via dal letto per cacciarla alle spalle, ma lei mi resta col fiato sul collo. Sembra assottigliarsi quando, abile come nessuna, ticchetto sulla tastiera alle prime ore del mattino, convinta di fare ciò che so fare, l'unica cosa che pare riuscirmi. Perchè a lavoro sono un automa. Certezze incrollabili, meccanismi che conosco, che controllo, che gestisto. Equilibri che ho stabilito, che posso ridiscutere. Quando voglio. Quanto voglio. Lei però è solo rimasta ai margini, mi da solo l'illusione della lontananza. Perchè in realtà è pronta ad azzannarmi già in pausa pranzo, quando strabuzza gli occhi mediante sconosciuti con un piatto in mano, mentre si sorridono gli uni con gli altri, tutti quelli che incontro sorridere, ovunque. Ed io ho la paurosa sensazione di odiarli. O invidiarli. Devo sembrare una statua di sale, o forse sto riuscendo nell'impresa dell'invisibilità. Chè la mia immagine allo specchio non mi assomiglia affatto, non mi assomiglia da tempo. Un altro tempo da misurare, che sembra enorme e sospeso e liquido. Che lascerò lì, in un angolo che aumenta a dismisura e sembra occupare tutta casa.