DELIRI ONIRICI

PER LA SCUOLA E' GIA' DOMANI?


Internet, lavagne di pixel, classi virtuali: la scuola diventa digitaleNon c’è bisogno di essere troppo anziani per considerare il blog o la posta elettronica come utilissimi strumenti. Per lavorare, comunicare o divertirsi. Bisogna invece essere “nativi digitali“, cresciuti a pane e Internet, per considerarli parte integrante del proprio sé e delle proprie relazioni sociali.I digital native - l’Ocse definisce tali i nati dopo il 1985 - sono abituati a interagire attraverso computer e cellulari, a intrecciare relazioni via web, a far coincidere la propria identità personale con quella digitale. Un approccio radicalmente diverso dai “figli del libro”, da quelle generazioni di genitori e insegnanti cresciuti in un’epoca di “diffusione della produzione industriale di massa, dei mezzi di comunicazione di massa (in primis la televisione, ma anche la radio e il cinema) e da una modalità di relazioni sociali e comunicative” per molti aspetti passive. Almeno in confronto al modello di questi ultimi anni, caratterizzato da “un ruolo sempre più attivo dei consumatori, degli utenti dei media e anche degli studenti e dei formandi rispetto ai decisori: da un modello pochi-molti a un modello tutti-tutti”. In questo processo hanno giocato un ruolo fondamentale i “personal media digitali”.Su questi presupposti si sviluppa il saggio di Paolo Ferri (La scuola digitale, Bruno Mondadori), che affronta il problema di quale linguaggio comune possa mettere in relazione le generazioni pre e post rivoluzione Internet.Il libro, molto documentato, si tiene giustamente alla larga dalle facili generalizzazioni in cui spesso inciampano i mass media (il web come fonte di ogni male). E spiega, racconta e accoglie le dimensioni della cooperazione e della condivisione in rete che caratterizzano il cosidetto web 2.0, per provare a capire quale potrebbe essere la scuola di domani. O anche di oggi, se si guarda per esempio all’Islanda o agli Stati Uniti (e solo in casi eccezionali all’Italia).Da una parte, un’ottica educativa (quella dei “figli di Gutenberg”) lineare e omogenea, che ha un inizio e una fine (il libro) e si basa su un rapporto frontale tra insegnante e studenti. Dall’altra un percorso formativo a rete, un continuum modificabile e modulabile all’infinito: una scuola digitale, appunto, capace di uscire - anche fisicamente - da se stessa. “Internet, Ipod, lavagne digitali e classi virtuali si affiancano e trasformano” le modalità di apprendimento ne ridefiniscono secondo Ferri i tempi e gli spazi. Basti pensare a prestigiose università come quelle di Harvard e Stanford, che permettono ai loro studenti di scaricare i podcast delle lezioni, per ascoltarle in differita e “continuare” la formazione in metropolitana o nella propria stanza.