Dangerous Liaisons

La Marchesa di Merteuil al Visconte di Valmont


Finalmente, Visconte! Questa volta sono più contenta di voi; ma chiacchieriamo da buoni amici, e spero di convincervi che la soluzione che sembrate desiderare sarebbe per entrambi una vera follia. Non avete ancora notato che il piacere, che in realtà è l'unico impulso che unisce i due sessi, non basta tuttavia a stabilire un legame tra essi? e che anche se è preceduto da un desiderio che avvicina, è seguito poi da un disgusto che allontana? È una legge di natura che solo l'amore può cambiare; ma l'amore, si può avere quando si vuole? Eppure non se ne può fare a meno! Sarebbe davvero imbarazzante se per fortuna non ci fossimo accorti che basta ce ne sia da una parte sola. Così la difficoltà si è dimezzata e senza perderci molto; infatti uno gode della felicità d'amare, l'altro di quella di piacere, quest'ultima un po' meno intensa, in verità; ma se si aggiunge il piacere di ingannare, l'equilibrio è ristabilito; e tutto si aggiusta. Ma ditemi, Visconte, chi di noi due si assumerà la parte di ingannare l'altro? Sapete, certo, la storia di quei due bari che giocando si riconobbero: «Non, facciamone niente,» si dissero, «paghiamo metà per uno la spesa delle carte,» e ciò detto interruppero la partita. Datemi retta, seguiamo questo esempio molto saggio, e non perdiamo insieme un tempo che potremmo utilizzare così bene altrove. Per provarvi che parlo tanto nel vostro interesse, come nel mio, e che non agisco né per malumore né per capriccio, non vi rifiuto il premio stabilito tra noi e sono convintissima che per una sera basteremo uno all'altra, anzi, sapremo renderla così bella che la vedremo finire con rimpianto. Ma non dimentichiamo che questo rimpianto è necessario alla felicità e che, per quanto dolce sia la nostra illusione, non possiamo credere che possa durare. Vedete bene che a mia volta mantengo la parola, prima ancora che vi siate messo in regola con me, perché, insomma, io dovevo avere la prima lettera della vostra celestiale pudica, invece sia perché ci tenete ancora a lei, o perché avete dimenticato le condizioni di un patto che forse vi interessa meno di quanto volete farmi credere, non ho ricevuto niente, assolutamente niente. Eppure, o mi inganno, o la tenera devota deve scrivervi molto: difatti cosa farebbe quando è sola? Non è certo abbastanza spiritosa da cercarsi delle distrazioni. Avrei, dunque, se volessi, qualche piccolo rimprovero da farvi; ma lascio perdere per compensarvi di quel po' di malumore che c'era forse nella mia ultima lettera. Ora, Visconte, non mi resta che un'ultima richiesta da farvi; e anche questa nel mio, come nel vostro interesse: cioè differire un incontro che io desidero forse quanto voi, ma che mi sembra debba esser ritardato fino al mio ritorno in città. Da un lato, qui non avremmo la libertà necessaria, dall'altro correrei qualche rischio, perché basterebbe una piccolissima gelosia perché quel noioso di un Belleroche che oramai è attaccato a un filo sottilissimo, mi si riappiccicasse definitivamente. Ormai è ridotto a un punto che metto tanta malizia quanta prudenza nelle carezze di cui lo stracolmo. Comunque, capite bene che non sarebbe un sacrificio che vi farei! Una reciproca infedeltà renderà l'incanto ben più intenso! Sapete che qualche volta ho dei rimpianti a vederci ridotti a simili espedienti? Al tempo in cui ci amavamo, perché credo che fosse amore, ero felice; e voi Visconte?... Ma perché occuparci di una felicità che non può tornare? No, checché ne diciate, non può tornare. Anzitutto esigerei dei sacrifici che voi non vorreste né potreste fare, e che può darsi io non meriti nemmeno, e poi come legarvi a me? Oh, no! Non voglio neanche pensarci; e nonostante il piacere che provo a scrivervi in questo momento, preferisco lasciarvi bruscamente. Addio, Visconte. Dal castello di... 6 novembre 17...