Libertà assoluta

Dal buio alla luce


1 - DAL BUIO ALLA LUCE
ome già Cesare testimoniava nei suoi commentari, i Galli affermavano di discendere da Dis Pater, il signore degli inferi, come era stato tramandato dalla sapienza dei druidi. Il loro mondo era dunque qualcosa che procedeva dal basso all'alto, dal buio alla luce, dal gelo della morte al calore della vita.Su questa dicotomia s'incentrava il calendario gallico che divideva i giorni, i mesi, gli anni, in due metà, di cui una era caratterizzata dall'oscurità, dalla torpida latenza, dall'assenza di vita; l'altra dalla luce, dal movimento, dal calore e dalla presenza della vita.Per questa ragione i Celti misuravano il tempo partendo dal buio per risalire poi verso la luce. I giorni cominciavano al tramonto del sole, e dunque la notte precedeva il dì. Le date natalizie, il principio dei mesi e degli anni erano contati facendo sempre cominciare il giorno dalla notte e questa è la ragione per cui la celebrazione delle feste cominciava al tramonto del giorno precedente.Analogamente, gli anni iniziavano dall'inverno. Il capodanno celtico si celebrava a novembre quando il mondo precipitava nelle tenebre invernali. L'anno moriva durante i mesi bui e freddi, prima di rinascere a maggio, maturarsi nel lungo e caldo semestre estivo per ancora morire sul far dell'inverno.L'idea celtica del tempo era dunque un'eterna e ripetuta sequenza di morte e rinascita, un continuo evolversi dalle tenebre alla luce. Così la vita dell'uomo su questa terra era la continuazione di una oscura pre-esistenza. Poiché discendevano da Dis Pater, i Celti traevano origine dal mondo infero. Per essi la morte precedeva la vita. L'esistenza umana seguiva un ciclo non differente da quello del giorno o dell'anno; essa cominciava nell'oscura stagione della morte e proseguiva nella stagione luminosa della vita: infanzia, giovinezza, maturità, vecchiaia. L'attimo del trapasso era una sorta di tramonto: alla lunga notte della morte sarebbe seguito il sorgere di un nuovo mattino. 2 - LA NOTTE E IL GIORNO
ei molti cicli del tempo quello che immediatamente segna l'esperienza dell'uomo è l'alternarsi della notte e del giorno, del buio e della luce. Il tramonto e l'alba erano, come tutti i momenti di transizione, dei passaggi delicati in cui a scambiarsi reciprocamente non erano soltanto la luce e le tenebre, il sole e le stelle. Giorno e notte, più che periodi del tempo, erano due «mondi» che sfumavano continuamente l'uno nell'altro.Si narra che quando Óengus Óc chiese in prestito al padre, il Dagda Mór, la sua dimora del Bruig na Bóinne per «un giorno e una notte», rifiutò poi di restituirgliela. Prestandogliela per un giorno e una notte, il Dagda Mór gliela aveva concessa per sempre, perché, come disse Óengus, «è in un giorno e in una notte che si consuma il mondo». Il tempo è dunque formato di un mondo diurno e un mondo notturno che si scambiano incessantemente l'uno con l'altro.Così, mentre il giorno appartiene agli uomini, la notte appartiene all'«altro mondo». È opportuno che dopo il tramonto gli uomini ritornino nelle loro abitazioni: chi si attarda nella notte fuori casa rischia di disturbare il popolo soprannaturale. È bene non restare in piedi fino a tardi, perché la nostra notte è il loro giorno. Durante le ore più buie, i morti si avvicinano in silenzio alle case e desiderano di trovarvi quiete e tranquillità; la maniera di mostrare loro rispetto consiste nel ritirarsi presto, lasciando la casa ben pulita e le sedie allineate attorno al focolare, dove le braci calde riposano sotto la cenere. Quando arriva l'alba a disperdere le tenebre, il canto del gallo rimanda gli spiriti e le creature soprannaturali alle loro dimore.Il giorno inizia con il tramonto e le ore notturne precedono le ore di luce. Notte e giorno sono due opposte realtà: il soprannaturale e il naturale che si scambiano eternamente di posto, con il silenzio e la quiete delle tenebre che precedono le alacri attività diurne dei mortali. Così come un piccolo seme a lungo conficcato nella terra sorge infine un albero, dal mondo dei morti nasce quello dei vivi, la notte si matura nel giorno.