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'BICE': DIRITTI DEI BAMBINI INCOMPIUTI ANCHE SUI MEDIA(DIRE - notiziario Minori) Roma, 8 giu. - Tra le dieci sfide dell'Appello mondiale per una nuova mobilitazione dell'infanzia presentato oggi a Ginevra dal Bureau International Catholique de l'Enfance (Bice) in occasione del 20^ anniversario della Convenzione Onu sui Diritti del Bambino ce ne e' anche una rivolta ai media. Il Bice chiede infatti che, oltre a rispettare il diritto alla vita, alla salute e all'educazione dei bambini, a sostenere la famiglia, a lottare contro la poverta' e tutte le forme di violenza e ad umanizzare la giustizia minorile, si mettano le nuove tecnologie a servizio del bambino. In particolare sollecita una riflessione sull'infanzia e sull'adolescenza da parte dei media per una rappresentazione rispettosa dei minori, un impegno a far risaltare il valore della diversita' e favorire cosi' il dialogo fra persone, generazioni e comunita' ed una diffusione della cultura dei diritti dei minori anche nella comunicazione."Questo appello- afferma Isabella Poli, direttore scientifico del Centro studi Minori e Media- evidenzia carenze e diritti 'incompiuti' anche nel nostro paese. L'immagine del bambino presentato dai media- si legge nel documento del Bice che accompagna l'appello- e' quella di un bambino ultraconsumatore, target privilegiato della pubblicita' oppure di un bambino vittima o protagonista di atti violenti. Un bambino ben lontano, dunque, dal bambino 'soggetto di diritti' della Convenzione Onu di cui si celebra il 20° anniversario"."Da questa analisi continua Isabella Poli- emerge la necessita' di un impegno maggiore dei media e delle istituzioni per azioni non solo di tutela dei minori, ma anche di formazione degli operatori della comunicazione e di una produzione che promuova la partecipazione dei bambini e ne aiuti la crescita. L'educazione all'uso responsabile dei media, la 'media education', inserita come materia di studio nel percorso scolastico dei bambini e dei ragazzi potrebbe essere un segno di attenzione alle problematiche del rapporto tra media e minori ed un contributo alla attuazione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza nel nostro paese".RIFORMA, A RISCHIO MESSA IN PROVA E PERCORSI PER MINORI(DIRE - notiziario Minori) Roma, 8 giu. - Problemi anche per la giustizia minorile con l'applicazione della riforma della medicina penitenziaria, dopo il decreto attuativo del 1 aprile 2008. A parlarne, in un confronto con gli operatori organizzato dal dipartimento delle Politiche Antidroga nell'ambito delle consultazioni seguite alla Conferenza di Trieste, e' Serenella Pesarin, direttore generale per l' Attuazione dei provvedimenti giudiziari della Giustizia Minorile. "Visto che la competenza di collocare i minori del circuito penale in comunita' e' passata alle Aziende sanitarie locali, ma le Asl non li collocano perche' non trovano le comunita', vengono lesi i diritti umani dei minori", denuncia Pesarin nel suo intervento sui minori assuntori di stupefacenti dell'area del penale. "Il dpcm ha anche trasferito i fondi al servizio sanitario nazionale e quindi lancio un appello alle regioni per sapere dove sono finiti questi fondi", continua.Per questo, Pesarin ha definito la riforma della medicina penitenziaria "un percorso in salita", ricordando che i minori vengono spesso dimenticati dalle statistiche, mentre l'Italia, grazie alla riforma del processo penale minorile, possiede uno strumento avanzatissimo quale la sopensione del processo e "messa alla prova" del ragazzo, che viene collocato in comunita' o in percorsi fuori dal carcere. Un istituto giuridico che rende la detenzione residuale per il minore e se, alla fine della messa  alla prova, l'esito e' positivo, c'e' la derubricazione del reato. Di qui la necessita', secondo il direttore generale del Dap della giustizia minorile, di continuare con i risultati positivi ottenuti fin qui, "con solo 500 ragazzi collocati nei 17 istituti minorili d'Italia, a fronte di migliaia di denunce ogni anno".Tuttavia, sottolinea Pesarin, "la devianza minorile non e' in crescita, e' stabile, quello che preoccupa e' il forte incremento di abuso di sostanze stupefacenti e di alcol tra i minori, i quali non si rendono conto di essere assuntori". Riguardo l'istituto della "messa alla prova", che puo' portare alla cancellazione del reato per i minori, secondo Jolanda Ghibaudi del gruppo Abele, "il punto e' che nessun servizio territoriale continua ad occuparsi di loro perche' hanno saldato i conti con la giustizia minorile e allo stesso tempo sono troppo giovani per essere presi in carico dal servizio Sociale adulti".Ghibaudi richiama l'attenzione soprattutto sui minori stranieri che giungono al termine del percorso di messa alla prova nella maggiore eta': "Sono maggiormente penalizzati perche' il loro permesso di soggiorno non e' piu' valido; fanno richiesta di un nuovo permesso di soggiorno, ma la ricevuta di tale richiesta non e' considerta valida ai fini dei tirocini lavorativi. Occorre attendere l'emissione del nuovo permesso di soggiorno che sovente si fa attendere per lunghi mesi, anche un anno". Il rischio e' lo sfruttamento, il lavoro nero o peggio, il reclutamento da parte della criminalita' organizzata.MOIGE: SÌ A 'DRUG TEST' NELLE SCUOLE CON OK FAMIGLIE(DIRE - notiziario Minori) Roma, 8 giu. - "La possibilita' di effettuare i 'drug test' nelle scuole, eseguiti ovviamente da personale specializzato e con il consenso dei genitori, e' positiva". Lo dice Maria Rita Munizzi, presidente nazionale del Moige (Movimento italiano genitori) e membro del Tavolo della consulta per le politiche anti-droga presso la presidenza del Consiglio dei ministri "perche' rappresenterebbe un'azione concreta di controllo e prevenzione che l'istituzione scuola ha il diritto e il dovere di portare avanti". Il test effettuato nelle scuole, secondo Munizzi, "permetterebbe anche di evitare le azioni 'fai da te' che molte famiglie mettono in atto, coltivando in questo modo una cultura del sospetto inaccettabile e pericolosa all'interno dei nuclei familiari stessi".