Nessuno RossoBlù

La lezione della "corazzata"


Fu soprannominata dai giornali "Ital-Jesi", i maligni e gli invidiosi invece, la battezzarono come "la corazzata", sperando in cuor loro in un finale simile a quello del Titanic. Per tutti gli appassionati di volley femminile, la Monte Schiavo del 2002/03 è forse, la Monte Schiavo più conosciuta e più famosa, quella che si ricordano tutti, perché poteva contare su un numero di campionesse impressionante: dal trio azzurro Leggeri-Lo Bianco-Togut, fresche di Mondiale, alle veterane Phipps e Ritschelova, fino alla giovane Costagrande, giocatrice di sicuro avvenire.
Eppure quella Monte Schiavo così "potente" non raggiunse neppure la finale-scudetto, arenandosi nelle secche di una semifinale contro l'acerrima nemica Novara, che proprio oggi, il 24 aprile del 2003, eliminò le jesine con un netto 3 a 1 in gara 4 e nella serie. La sconfitta fu vissuta come un fallimento da tutto l'ambiente rossoblù ed a pagare per la disfatta furono l'allenatore Atanas Malinov ed il libero Evelyn Marinelli, considerati dagli addetti ai lavori come i principali "colpevoli" della clamorosa esclusione dal gran ballo per il tricolore. Non era certo questo, infatti, il finale che i Pieralisi si aspettavano dopo la sontuosa campagna acquisti estiva, che aveva portato a Jesi - città arrivata solo l'anno prima nella massima serie - tutte quelle campionesse. (foto facebook.com/pg/Pieralisi-Volley-Jesi).A diciassette anni di distanza da quella che fu vissuta come una caporetto, mi chiedo: perché quella Monte Schiavo non arrivò neppure in finale? Certo, l'Asystel era una grande squadra, poteva contare su un tecnico come Jenny Lang Ping, gente come Anzanello, Cardullo, De Carne (che fece una gran gara 4), Pirv e una giovanissima Martina Guiggi. Dal punto di vista tattico Jesi pagò la disastrosa ricezione e la difesa non all'altezza della situazione ma la verità è nascosta altrove, in particolari che i numeri non possono e non potranno mai spiegare del tutto.  La verità è che lo sport non è mai una scienza esatta; fare una campagna acquisti faraonica non ti garantisce il successo, neppure se metti insieme tante campionesse forti. A Jesi lo abbiamo imparato a nostre spese, purtroppo. Ci vuole pazienza, a volte magari si deve passare anche da delusioni cocenti per costruire una squadra solida.  Alcune dichiarazioni di Malinov rilasciate alla stampa locale nei giorni successivi all'eliminazione, avrebbero dovuto far pensare la dirigenza: "Non si può pensare di vincere subito. Ci sono situazioni da valutare. Tutti hanno investito, da Novara che ha cambiato allenatore fino a Bergamo". Invece, non fu riconfermato. Gli anni successivi al 2003 hanno riproposto lo stesso copione, con squadre infarcite di stelle ma mai capaci di raggiungere l'ultimo atto della stagione. Paradossalmente la prima Monte Schiavo che raggiunse la finale scudetto non fu certo una "corazzata" ma una formazione dal profilo molto più basso. Nella rosa della squadra del 2005/06 c'era una fuoriclasse come Liuba Kilic, c'erano ancora Togut e Ritschelova, ma il resto erano giocatrici di livello medio. Quella Monte Schiavo però, aveva una dote che le altre non avevano: era un gruppo unito. Questo ha sempre fatto la differenza, in ogni vittoria (penso all'Italia campione del mondo di calcio dell'82 e del 2006).Si disse che la Monte Schiavo 2002/03 era una squadra divisa in clan, con le italiane da una parte, ed il blocco delle ex Bergamo dall'altra. Vero? Falso? Non lo so e sinceramente, a diciassette anni dalla caporetto del "Dal Lago" neppure mi interessa. Quella formazione però, una cosa l'ha lasciata e almeno per me è un bellissimo ricordo: vedere ogni domenica le tribune del PalaTriccoli piene di gente (Jesi totalizzò una media di 1.700 spettatori a partita) era qualcosa di incredibile. L'anno prima c'erano appena settecento persone. Nel 2002/03 si toccarono addirittura le cinquemila presenze e forse anche di più per il big match Monte Schiavo-Foppapedretti, che resterà nella storia come l'evento che raccolto più persone al PalaTriccoli. Almeno lì, quella Monte Schiavo fu davvero una "corazzata". FORZA JESI! by Nessuno.