Nessuno RossoBlù

Alberto


Ci sono personaggi in ogni società sportiva, che stanno nell'ombra, che non si prendono mai le luci della ribalta ma sono preziosi per far andare avanti la macchina. Sono quelle figure - spesso dei volontari - che svolgono le mansioni più disparate, accompagnano le ragazze del settore giovanile nelle trasferte, che raccolgono i palloni, che fanno il pieno ai pullmini, che vengono chiamati quando c'è un problema. Alberto Montesi era una di queste figure, era uno dei "factotum" negli anni gloriosi della Monte Schiavo in serie A. Lui c'era sempre, era sempre disponibile, un vero punto di riferimento per le rossoblù, che potevano contare su di lui. Non era un grande tecnico di pallavolo ma amava la squadra ed era sicuramente un grande sportivo, iscritto alla sezione podistica del Gruppo Sportivo Pieralisi. In questa passione per la corsa aveva coinvolto anche qualche giocatrice, come Heather Bown; lui mi aveva raccontato delle loro uscite per le campagne jesine. Avrei voluto vederli tutti e due, lui basso e smilzo, lei alta e possente. 
Di Alberto ricorderò sempre quando mi chiamò per chiedermi se volevo andare con lui e Paolo Perlini, l'addetto stampa rossoblù, a Novara per gara 3 dei quarti dei play-off. Stiamo parlando della stagione 2004/05, quella dell'esonero di Cuccarini prima di Natale e dell'arrivo di Jenny Lang Ping, quella del sesto posto alla fine della stagione regolare che aveva abbinato la Monte Schiavo alla rivale di sempre, Novara. L'Asystel aveva vinto gara uno al PalaTriccoli e si era presa pure la seconda al PalaDalLago (non era stato ancora costruito l'attuale Sporting Palace) con estrema facilità. Considerando che Jesi non aveva mai vinto nell'impianto novarese nei play-off, il finale sembrava scritto: altra vittoria dell'Asystel e fine della stagione rossoblù. Mi ero inventato una scusa, un impegno che avevo già preso, e gli avevo detto "no, grazie". La sera però, sentendo la radiocronaca su Rve di Paolo, quanto li avevo invidiati: la Monte Schiavo vinse clamorosamente 3 a 0 e riaprì la serie. La Decisione è stata un vero terremoto, ha fatto soffrire molte persone che a quel "giocattolo" erano affezionati; Alberto era uno di questi e quando la famiglia Pieralisi aveva deciso di abbandonare la serie A, lui se ne era andato. Ci eravamo ritrovati qualche anno dopo, nel 2011 per la festa dei dieci anni della promozione in serie A1 a casa di Alessandra Romanin (nella foto, Alberto è il primo degli accosciati da sinistra); c'erano quasi tutte le protagoniste (mancavano solo Pan e Sylvia Roll) e non era stato invitato nessuno della famiglia Pieralisi, per ovvi motivi. Era stata una giornata bellissima, piena di aneddoti e ricordi, con coach Volpicella, con "Vasco" e tutti gli altri membri dello staff, da Alberto, a Franco e Vito, i "factotum" di quei meravigliosi anni. L'ultima volta che ci siamo visti è stato un pomeriggio di qualche anno fa a San Giuseppe, la nostra parrocchia. Lui dopo la fine della Monte Schiavo aveva cominciato a frequentare il circolo, dove trascorreva i suoi pomeriggi a giocare a carte. Mi aveva chiesto se seguivo ancora la squadra o se avevo mollato pure io. Non gli avevo parlato di questo ridicolo spazio, ero rimasto sul vago: "Vado a vedere qualche partita ogni tanto...". Alberto mi aveva raccontato dei suoi problemi di salute, delle gambe che non lo sorreggevano più, quelle gambe che di chilometri ne avevano macinati chissà quanti. "E' una vera beffa" mi aveva detto con un velo di tristezza. Quando ho visto il manifesto ho provato una strana sensazione, come se con Alberto se ne fossa andata una parte della mia gioventù. Venerdì pomeriggio mi è sembrato giusto andare a salutarlo per l'ultima volta, con il quale ho condiviso tante trasferte, tante domeniche, tanti pomeriggi colorati di rossoblù, in un periodo della mia vita molto spensierato. Al suo funerale ero l'unico rappresentante di quella parte della sua vita, quella dedicata alla pallavolo femminile, e questo mi dispiace molto. Questo sconclusionato post è il minimo che potessi dedicare ad una persona buona, un mite - come lo ha definito il parroco don Giuliano nell'omelia - come Alberto, grande appassionato dei colori rossoblù. GRAZIE DI TUTTO, ALBERTO!!! NRB.