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Sotto il ciuffo niente. Fenomenologia di Luca Cordero di Montezemolo.

Post n°4 pubblicato il 25 Novembre 2010 da napra
 

E’ il nome “nuovo”, si fa per dire visto che è sulla piazza da ben 36 anni e che ha un’età in cui si è prossimi alla pensione, della politica italiana. Mezze frasi, smentite, convegni, think tank messi all’opera da mesi nella fondazione Italia Futura. La discesa in campo sembra ormai inevitabile. Origini nobili, Agnelli, Italia ’90, Ferrari, Confindustria. Il pedigree da manager del nostro sembrerebbe di tutto rispetto, ma forse la sua vittoria più significativa è la relazione con Edvige Fenech. Da pilota di rally, segnalatosi più che altro per aver difeso Enzo Ferrari in una trasmissione radiofonica, passa direttamente nell’azienda del “Drake”. Direttamente non per modo di dire. Nel 1973 è già assistente del presidente e direttore della Squadra Corse. Merito suo o di Niki Lauda arrivano due vittorie nel Campionato del Mondo. Passa, quindi, alle relazioni esterne del gruppo Fiat. Dove, però, le cose non vanno bene con il duro Cesare Romiti. Finirà alla Cinzano a metà anni ’80. A proposito di questo passaggio, Romiti rilascerà una dichiarazione pesantissima: <<Abbiamo pescato, in Fiat, un paio di persone che pretendevano denaro per presentare qualcuno all'Avvocato (cioè ad Agnelli n.d.a). Uno dei due l’abbiamo mandato in galera, l'altro alla Cinzano>>. Una macchia, ammessa dallo stesso Cordero, che non impedisce ad Agnelli di sponsorizzare la sua candidatura a direttore generale del comitato organizzatore dei Mondiali di Calcio del 1990. Di cui tutti ormai sanno tutto. Un’esperienza fallimentare caratterizzata da una gestione al limite del demenziale per lo sperpero enorme di denaro pubblico in opere inutili. Una grande occasione di far fare al sistema infrastrutturale di molte città italiane un deciso salto di qualità buttata nello scarico del WC. Non contento il nostro Luca va a fare danni alla Juventus, nel periodo forse peggiore (Moggiopoli a parte) della storia della Vecchia Signora. Un anno solo, settimo posto in campionato dopo un campagna acquisti dispendiosissima per l’epoca. Torna, quindi, alla Ferrari. L’unico campo in cui ha dimostrato di saperci fare. Di macchine “bellicapelli” ne capisce e la Rossa inanella con Todt e Schumacher una serie lunghissima di trionfi. Nel 2004 diventa presidente di Confindustria. E qui qualche merito ce l’ha, soprattutto nello sganciare l’associazione di categoria dal berlusconismo servile a cui l’aveva ridotta Antonio D’Amato. Finisce il mandato nel 2008, lasciando alla delfina Emma Marcegaglia Da quel momento, ma anche prima se ne era parlato, le voci sul suo imminente ingresso in politica si fanno insistenti. La fine dell’impero berlusconiano, al quale un po’ snobisticamente il nostro ha sempre guardato con diffidenza, accelera il processo. Cordero di Montezemolo si candiderà? Non si candiderà? Con chi si candiderà? Non si sa. Sicuramente non di sinistra, altrettanto sicuramente lontano da Berlusconi e Bossi (se non altro antropologicamente) pare vicino al fantomatico terzo polo. Al quale porterebbe non si capisce quale dote in termini di voti. Il disegno, pare di capire, è tecnocratico e efficientista. Almeno a parole, perché i precedenti come Italia ’90 (unica occasione in cui LCM ha dovuto gestire denaro pubblico) non sono incoraggianti. Ma cosa propone Italia Futura? Peschiamo a caso tra le proposte per i giovani. “Noi pensiamo sia possibile ridurre l’evasione e ridurre le tasse, ridistribuire risorse a vantaggio delle generazioni giovani senza aumentare la spesa pubblica, rilanciare la crescita e l’imprenditoria al fine di tornare a crescere”. Ullallà!. Il nulla strutturato, si sarebbe detto una volta. Negli anni ’70, con una Dc in pieno pantano i fratelli Agnelli tentarono una sortita “politica” volta a creare un fronte contro il Pci ma che riducesse la Dc della spesa pubblica ad un ruolo minoritario nella maggioranza. Gianni, l’Avvocato convinto di essere il nuovo Giscard d’Estaing, si spese molto. Poi probabilmente gli fecero notare che senza gli aiuti di Stato, alla faccia dell’efficienza, la Fiat sarebbe saltata per aria. Il risultato fu orecchie basse e la candidatura di Umberto nelle file della Dc. Ecco, a me sembra tanto che la copia non sia tanto meglio dell’originale, anzi. “Vestivamo alla marinara” scriveva Susanna Agnelli. “Vestivano alla marinara e non sono cambiati” rispose in quel frangente Eugenio Scalfari. Certo Luca Cordero ha dei capelli molto più belli.

 
 
 

Woven Hand Milano 29 novembre! Nell'attesa di David Eugene Edwards....

Post n°3 pubblicato il 25 Novembre 2010 da napra
 

Schizzato fuori dall'Inferno con la Bibbia in mano per costringere Cristo a scendere dalla Croce e salvarci. La definizione, mi si perdonerà, è mia, ma penso che poche parole possano definire meglio la figura di David Eugene Edwards, mente e voce dei 16 Horsepower. Il genere proposto dal combo di Denver, tra i più grandi e misconosciuti gruppi degli anni '90, è arduo da definire. Alternative folk non rende l'idea, così come dark country. Etichette inventate al volo di fronte all'impossibilità di definire una creatura sfuggente come poche. I 16Hp, nati nel 1992 e definitivamente sciolti nel 2005, hanno rappresentato la rottura degli schemi, un po' stantii, del revival folk-country americano, particolarmente in voga nell'ultimo decennio del secolo scorso, innervandovi possenti dosi di punk-wave, con Gun Club e Joy Division ben piantati nelle orecchie e nel cervello. Il tutto su testi di fortissima matrice cristiana, anche se sempre in una ricerca non dogmatica di una via di redenzione. L'esordio è un Ep omonimo del 1995 che solo a tratti lascia intravedere quanto accadrà da lì a poco. Il debutto vero è l'album "Sackcloth & Ashes" dell'anno seguente. Una rivelazione. Basta ascoltare l'accoppiata iniziale per rendersi conto dell'unicità dei 16HP. "I Seen What I Saw" con la slide e la spiritata voce del leader lascia pochissimo spazio ai dubbi sulla caratura di songwriter di David e sulle sue doti di polistrumentista e cantante, vocalmente erede dei mai troppo compianti Tim Buckley e Jeffrey Lee Pierce. "Black Soul Choir" è il brano manifesto del disco con la sua ritmica basilare, i fidi Jean-Yves Tola e Pascal Humbert, su cui si innestano un infuocato banjo e un ritornello indimenticabile. Non sono da meno gli altri brani, tra i quali si segnalano i cavalli di battaglia "American Wheeze", "Haw" e  "Harm's Way". Tempo un anno e al clamoroso esordio fa seguito "Low Estate", prodotto dal mostro sacro John Parish. Ancora un disco eccellente, anche se inferiore al precedente, con arrangiamenti più curati e un pugno di brani comunque imperdibili: "Brimstone Rock", "Low Estate" e "For Heaven's Sake" su tutti. Il gruppo si lancia, quindi, in un lungo tour ben immortalato dal live “Hoarse" del 2000. Disco breve ma tellurico, con grandi cover di Creedence, Gun Club e Joy Division ad arricchire il quadro. La prova in studio della consacrazione arriva lo stesso anno. "Secret South" è uno dei primi grandi dischi del nuovo decennio. Meno roots dei predecessori, più rock e vario è il classico disco senza punti deboli. Dalle coinvolgenti "Cloggers" e "Splinters" alle drammatiche "Poor Mouth" e "Cinder Alley" sembra che la creatività di Edwards non conosca confini nel riassumere un secolo di popular music a stelle e strisce. Due le cover, il traditional "Wayfair Stranger" e la dylaniana "Nobody 'cept You", di livello stratosferico. Un album commovente. Le prove da qui in avanti si diradano. Nel 2002 vede la luce "Folklore", altro capolavoro non compreso appieno nemmeno dai fans della band, tra cover (Hank Williams, The Carter Family), traditionals e canzoni originali. Segnaliamo almeno "Hutterite Mile" e "Flutter" tra i brani da perderci il sonno. Tempo un ultimo tour e il gruppo non esiste più. Divergenze artistiche, personali e religiose spingono Edwards ad impegnarsi nel suo progetto parallelo "Woven Hands", che continua fino ai giorni nostri con esiti artistici di tutto rispetto, ma senza forse il fuoco del gruppo madre. Ancora il tempo di una raccolta di incisioni varie, "Olden", e di uno splendido doppio live uscito postumo nel 2008, "Live March 2001", per perdersi ancora una volta nella sciamanica voce di Edwards e scrivere la parola fine sulla corsa dei 16 Horsepower.

 
 
 

Se non ora, quando?

Post n°2 pubblicato il 25 Novembre 2010 da napra
 

In questo momento particolarmente confuso del quadro politico nazionale, e nell’attesa del fatidico 14 dicembre, vi propongo una riflessione che ho fatto in questi giorni. Berlusconi, comunque vadano le votazioni sulla fiducia, è arrivato al capolinea. I sondaggi dell’ultimo periodo parlano di fiducia in caduta libera e di un crescente disorientamento dell’elettorato, un consistente parte del quale sta scivolando nell’area del non voto o, quantomeno, nell’indecisione. In questo scenario mi sembra che il Partito Democratico sia in una fase di empasse notevole. Leggo le ipotesi più disparate. Ho sentito il gruppo dirigente proporre un governo di transizione a tempo per fare la legge elettorale e, probabilmente, un nuovo assestamento di bilancio. Sarebbe utile, ma oltre a ritenerlo poco percorribile lo troverei anche pericolosissimo. Per due motivi essenzialmente. Il primo è di ordine etico. Non penso che sia accettabile, pur in una Costituzione che non nega questa possibilità, un governo che non preveda la partecipazione di chi le ultime elezioni le ha vinte: Pdl e Lega Nord. Il secondo motivo è politico. Gli ultimi sondaggi, da prendere con le molle, vedono l’ipotetico centrosinistra competitivo. Pdl+Lega e Pd+Idv+Sel sarebbero sostanzialmente pari. Ovviamente si tratta di sondaggi a campagna elettorale non avviata. Però il dato è questo. A questo punto mi chiedo: è utile avere Berlusconi e Bossi all’opposizione per tre-sei mesi a sparare a palle incatenate contro il “governo dell’ammucchiata e dei ribaltonisti”, come evidentemente, e non senza qualche ragione, verrebbe definito? A me sembra un’ancora di salvataggio non da poco lanciata all’agonizzante Berlusconi. L’altra idea che circola è quella, addirittura, di varare un accordo per le elezioni che abbandoni Idv e Sel e proponga un’alleanza con il terzo polo “centrista” di Fini, Casini e Rutelli. L’ho sentito dire a qualcuno (Fioroni) della minoranza di MoDem. Peraltro dalla stessa base vicina al gruppo del 75 questa ipotesi viene vista come fumo negli occhi. Basta farsi un giro nei blog d’area. E a ragione visto che sarebbe il ribaltamento totale della “vocazione maggioritaria” del Partito Democratico strombazzata dai post-veltroniani. Un’ipotesi che, peraltro, l’elettorato del Pd non accetterebbe mai, come non accetterebbe mai di votare Albertini sindaco di Milano come proposto dalla Garavaglia, buttando a mare le primarie. Ora, io mi chiedo come possano venire in mente idee del genere. Abbiamo proprio voglia di scendere sotto il 20% regalando elettori a Vendola e Di Pietro più di quanto abbiamo già fatto in questi anni? E allora? Che fare? Secondo me andare ad elezioni. Prima possibile. Con questa legge. Avere coraggio e correre il rischio di vincere. Perché “è difficile, è possibile”, come direbbe Diego Bianchi alias Zoro. Alla camera basta arrivare primi, con qualsiasi risultato elettorale, visto l’amplissimo premio di maggioranza. Al senato l’esistenza di tre poli rimette in gioco tutto. Forse dico castronerie e qualcuno mi darà del somaro. Bisognerebbe fare un calcolo preciso, ma visto il sistema elettorale il terzo polo potrebbe regalare al centro-sinistra Sicilia, Puglia, Campania, Calabria, Molise, Lazio, Abruzzi, Marche, Liguria, Piemonte, Trentino (dove c’è il maggioritario secco per collegi). Con Basilicata (ininfluente), Umbria, Toscana e Emilia Romagna date per certe e Val d’Aosta e Friuli in bilico. Due conti della serva. Il caso Lazio. I seggi a disposizione sono 27. Se il csx arriva primo si porta a casa il 55% dei seggi. Quindi 14. Ma a chi arriva dietro non ne vanno 13 come nel 2008. Il calcolo è diverso, perché tra gli sconfitti vale la suddivisione proporzionale. Se il fantomatico terzo polo supera il 20 per cento (cosa possibile nel Lazio dove sia Udc sia Fli probabilmente nelle province otterranno buoni riscontri) rischia di sottrarre a Pdl+Lega 5-6 seggi. Stesso discorso in Puglia e in Campania. In Sicilia addirittura ci potrebbe essere un risultato imprevedibile vista la forza sia di Udc sia di Mpa. Ovviamente il discorso è ribaltato per Lombardia e Veneto, dove comunque è probabile la vittoria di Pdl+Lega. Ma si tratta di due sole regioni (per quanto con molti senatori in palio). In Lombardia, peraltro, il fenomeno potrebbe essere mitigato dal fatto che sembra più difficile un superamento dello sbarramento del 20% del terzo polo. Qualcuno più bravo di me potrebbe fare delle proiezioni, ma non sarebbe assurdo che il csx ottenesse la maggioranza assoluta dei seggi con il 40% dei voti tanto quanto fecero Pdl+Lega nel 2008 con il 50%. Il Porcellum è stato scritto per realizzare un sostanziale pareggio tra due poli al Senato. Nel 2006 l’operazione è riuscita ai danni di Prodi. Anzi, è diventata un boomerang per Pdl+Lega che non hanno tenuto conto degli italiani all’estero. Nel 2008 Pd e Idv sono stati penalizzati non dal numero di voti, ma dalla loro suddivisione territoriale. Non importa se perdi di 10 o 2 punti. Meglio perdere di 20 punti in poche regioni che di 1 punto in tutte. Importa dove perdi in un sistema bipolare. Con un sistema a tre poli i calcoli sono completamente diversi. Provarci, quindi. E provarci osando. Osando una candidatura nuova. Qualcuno che raccolga il massimo dei voti possibili a sinistra e non si faccia erodere consensi a destra. Qualcuno del Pd, quindi. Nomi nuovi del Pd. Si facciano avanti. Mai come ora il Pd è partito “scalabile”. Non basta più lamentarsi del fatto che i vecchi arnesi sono inamovibili e organizzare belle convention di rottamazione nelle stazioni. Se non ora, quando?

 
 
 

Bersy, non ci voleva un genio

Post n°1 pubblicato il 25 Novembre 2010 da napra
 

Dopo la puntata di "Vieni Via Con Me". Capivano tutti, esponevi un programma di governo in meno di tre minuti e non farfugliavi frasi sconnesse

  • Sì alle fonti di energia alternative, no al nucleare
  • Sì alla raccolta differenziata, no agli inceneritori
  • Sì alla flessibilità e alla sicurezza, no alla precarietà
  • Sì alle pensioni per la generazione nata dopo il 1970, no alle liquidazioni d’oro dei manager
  • Sì all’integrazione, no all’esclusione
  • Sì alla meritocrazia, no alle caste
  • Sì al rinnovamento delle classi dirigenti, no all’immobilismo dei garantiti
  • Sì alla scuola pubblica, no ai finanziamenti pubblici alla scuola privata
  • Sì alla parità di condizioni d’accesso, no agli ordini professionali
  • Sì alla difesa nel processo, no alla difesa dal processo
  • Sì agli investimenti in formazione e cultura, no al ponte sullo stretto di Messina
  • Sì alle fibre ottiche, no alla censura di Internet
  • Si alle detrazioni delle spese famigliari dalla dichiarazione dei redditi, no a sanatorie, scudi e condoni fiscali
  • Sì alla cancellazione di province, comunità montane e consorzi, al taglio del 50% di deputati e senatori e al vincolo di tre mandati in Parlamento, No alle consulenze inutili strapagate
  • Sì alla parità “di vita” di uomini e donne, no alla legge 40
  • Sì ai patti di solidarietà per le coppie di qualsiasi orientamento, no alle discriminazioni dei diritti
  • Sì alla legge sul fine vita, no all’accanimento terapeutico
  • Sì all’Europa, no al localismo
  • Sì alla ricerca della pace, no alla guerra come strumento per la soluzione delle controversie internazionali
  • Sì alla Costituzione, no ai tentativi di stravolgerla

 
 
 
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Un blog di: napra
Data di creazione: 25/11/2010
 

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